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Michele Benzi è professore ordinario di analisi numerica a Pisa presso la Scuola Normale Superiore e uno dei più grandi esperti a livello internazionale di algebra lineare numerica. Lo intervista Marco Menale.

Marco Menale: Prima di tutto, come stai? Come stai vivendo questo periodo?

Michele Benzi: La ricerca mi prende tanto, insieme al lavoro editoriale come editor-in-chief di una importante rivista del settore.. Purtroppo mi manca il rapporto con gli studenti, vederli passare nei corridoi, trascorrere tempo con loro. Qui a Pisa abbiamo una mensa collegiale in cui Professori e Studenti mangiano assieme: è rimasta inaccessibile durante la pandemia. E poi mi mancano i seminari in presenza; purtroppo con la modalità telematica si perde la fase di discussione e domande. Ma vabbè, torneremo…

MM: Purtroppo è così, ma torneremo, sì. Raccontami un po’ di te: chi sei? Dove ti sei formato e come sei arrivato a Pisa?

MB: Sono originario di Bologna e lì mi sono laureato in Matematica nel 1987, per poi fermarmi per la leva obbligatoria. Sono andato negli Stati Uniti per il dottorato, alla North Carolina State University, un importante centro di ricerca per l’algebra lineare numerica. Sposato e con il titolo, sono tornato a Bologna, per poi prendere un periodo di congedo dal mondo accademico. Sono stato per quasi due anni in Francia, a Tolosa, al Centre Européen de Recherche et de Formation Avancée en Calcul Scientifique, e poi per tre anni negli Stati Uniti, al Los Alamos National Laboratory. Sono rientrato nel mondo accademico nel 2000 alla Emory University, ad Atlanta, fino al 2018, per poi tornare in Italia, come primo Professore Ordinario di Analisi Numerica presso la Scuola Normale di Pisa.

MM: Hai girato parecchio. Su cosa stai lavorando ora?

MB: Prevalentemente su problemi di algebra lineare numerica, applicati ai grafi ed alle reti complesse.

MM: Precisamente di che genere di problemi si occupa l’algebra lineare numerica ?

MB: L’algebra lineare viene insegnata nei corsi di base all’Università, generalmente da Professori di Algebra o di Geometria, e tratta soprattutto gli spazi vettoriali e le proprietà intrinseche delle trasformazioni lineari tra di essi. L’algebra lineare numerica ha come suoi problemi fondamentali la risoluzione di sistemi lineari, il calcolo di autovalori ed autovettori di matrici, le fattorizzazioni di una matrice, le equazioni matriciali (Sylvester, Lyapunov, Riccati…), l’esponenziale di matrici ed altre funzioni matriciali.

MM: Ma in cosa si distingue l’algebra lineare dall’algebra lineare numerica?

MB: Pensiamo alle matrici. In algebra lineare una matrice è un oggetto finito costituito da un certo numero di righe e da un certo numero di colonne. Nell’algebra lineare numerica spesso le matrici rappresentano approssimazioni (e discretizzazioni) di operatori differenziali o integrali che agiscono su spazi infinito-dimensionali. In questi casi la dimensione della matrice va pensata come un parametro che può assumere valori arbitrariamente grandi, e che in pratica è limitato solo dai vincoli imposti dalla memoria del computer sul quale sono effettuati i calcoli. Una matrice è finita perché è finito lo spazio di un computer. I problemi con cui lavora un analista numerico derivano dalle strutture dell’analisi funzionale, delle equazioni differenziali alle derivate parziali ed altro ancora.

MM: E tra i problemi dell’algebra lineare numerica, di cui mi parlavi, quale è quello “più fondamentale”?

MB: Sicuramente la risoluzione numerica dei sistemi lineari. Ti faccio un esempio. Per studiare il flusso sanguigno in un segmento d’aorta vicino ad un aneurisma, devo risolvere l’equazione di Navier-Stokes (in realtà è un sistema di equazioni), come fa il gruppo di Alfio Quarteroni con cui ho collaborato. Questa è un’equazione alle derivate parziali non-lineare che può essere discretizzata e linearizzata con il metodo agli elementi finiti. A questo punto l’equazione di partenza si trasforma in una successione di sistemi lineari.

MM: E quindi il gioco è fatto?

MB: Purtroppo no, perché il sistema lineare è dell’ordine dei milioni di incognite. Per simulare accuratamente anche solo due secondi di battito cardiaco, devo risolvere l’equazione di Navier-Stokes con un passo di un millesimo di secondo. A seconda della tecnica di linearizzazione usata, può essere necessario risolvere fino a 20.000 sistemi lineari, ciascuno con svariati milioni di incognite, per simulare appena due secondi di battito. Ed è qui che l’algebra lineare numerica interviene per capire quali siano i metodi più veloci ed efficienti per risolvere queste equazioni. Per questo tipo di problemi è necessario ricorrere a metodi iterativi, la cui convergenza rapida va assicurata; ed è tutt’altro che facile.

MM: In quali altri contesti ritroviamo i sistemi lineari?

MB: Il flusso libero di un fiume con fondale sabbioso è modellato da un sistema di equazioni differenziali noto come problema accoppiato di Navier-Stokes-Darcy. Come per il flusso sanguigno, il problema si riduce ad un sistema lineare di grandi dimensioni con una particolare struttura detta di punto sella. Me ne sono occupato in uno degli ultimi lavori, applicando la tecnica dei precondizionatori con l’obiettivo di arrivare ad algoritmi la cui complessità sia lineare nel numero di incognite. Poi ci sono i cristalli liquidi. Si tratta di sostanze amorfe che assumono una particolare struttura quando esposte ad un campo elettrico. Per comprendere questa interazione si formula un problema di minimo vincolato per l’energia libera, a sua volta ridotto ad un sistema lineare di tipo punto sella. Tuttavia, negli ultimi anni  nelle applicazioni sta prendendo piede l’algebra multilineare, che ha il tensore come suo oggetto di riferimento. Per intenderci, se una matrice è individuata da una coppia di indici, uno per la riga e l’altro per la colonna, un tensore è un oggetto multi-indice. Se da un lato questo passaggio consente di ampliare la descrizione dei fenomeni, dall’altro non è sempre possibile estendere ai tensori risultati noti per le matrici, come la decomposizione ai valori singolari o la definizione di rango.

MM: In quali problemi emerge la struttura multilineare?

MB: Consideriamo una rete sociale, come Facebook. Ad ogni istante le interazioni tra gli utenti possono essere descritte da una matrice, che a sua volta corrisponde a un grafo, cioè un oggetto costituito da tanti punti collegati da archi. Gli utenti della rete sono i punti del grafo e gli archi i collegamenti tra gli utenti lungo la rete. Una rete sociale evolve nel tempo e così il grafo che la descrive: compare il terzo indice. Ed ecco la struttura multilineare.

MM: Cosa si può studiare in questo modo?

MB: Ad esempio come riconoscere in modo automatico le fake news. Consideriamo nuovamente il grafo che descrive la rete sociale di Facebook. La distanza massima tra due nodi è circa 20, cioè due utenti qualsiasi si connettono con al più 20 passi, o “amicizie” per intenderci. In realtà, il numero medio di passi di separazione è poco più di 4. Grazie alla scienza delle reti ora sappiamo che una fake news è individuata da un grafo molto labile, cioè caratterizzato da un grado basso di connettività in confronto a quelli associati a storie vere, inoltre è un grafo che tende a cambiare poco nel tempo. L’algebra lineare numerica individua queste caratteristiche studiando gli autovalori di queste matrici. E tutto questo funziona ammesso che si trovino classi di algoritmi efficienti per la risoluzione numerica del problema.

MM: Noto che il problema degli algoritmi efficienti pone il confine tra ciò che in teoria si può fare e ciò che in pratica si può fare.

MB: Sì, perché ognuno dei problemi precedenti ha una certa complessità computazionale.

MM: Cosa si intende per complessità computazionale?

MB: Secondo gli informatici teorici è il minimo numero di operazioni che garantisce un certo risultato per una classe molto generale di problemi. Per noi matematici numerici, è legata a quanto velocemente possiamo risolvere un particolare problema dato, o classe di problemi ben delimitata, ottenendo una certa approssimazione; la qualità di questa approssimazione determina l’accuratezza. Come già detto, in molti problemi di algebra lineare numerica l’obiettivo è avere schemi con complessità che sia lineare rispetto alla dimensione. Purtroppo in alcuni problemi le dimensioni sono “proibitive” e anche una complessità lineare può essere inaccettabile. La ricerca avanzata sta cercando soluzioni per situazioni di questo tipo.

MM: Per dimensione cosa si intende? Puoi fare un esempio?

MB: Per dimensione si intende la dimensione dello spazio delle fasi, dove evolvono le soluzioni. Ad esempio, in meccanica quantistica la funzione d’onda dell’equazione di Schrodinger è di fatto già “intrattabile” con 20 elettroni: non basterebbe tutta la potenza di calcolo della terra per calcolarla e memorizzarla. Così come in molti problemi di finanza quantitativa. Infatti si stanno utilizzando approcci nuovi, come il calcolo tensoriale di cui parlavo prima. Si decompongono le matrici associate agli operatori o funzioni che agiscono sullo spazio delle fasi in prodotti tensoriali di matrici di dimensioni più piccole ed è su queste che si applicano gli algoritmi noti. A questo punto bisogna risalire alla soluzione del problema originale. Cerchiamo di combattere così “la maledizione della dimensione”.

MM: La vinciamo questa maledizione?

MB: Non ho la sfera di cristallo, quindi non mi sbilancio. Ma dal mio osservatorio privilegiato come editor in chief di una rivista di riferimento del settore [N.d.R.: SIAM Journal on Matrix Analysis and Applications], vedo molti lavori interessanti in questa direzione, tra cui quelli che utilizzano la randomizzazione e le approssimazioni in termini di matrici di rango basso, soprattutto per problemi di dimensioni enormi.

MM: Ma sei i computer sono basati su algoritmi deterministici, come è possibile parlare di randomizzazione?

MB: Il computer può simulare i comportamenti casuali, basti pensare ai Metodi Monte Carlo basati sull’utilizzo di numeri pseudo-casuali. Ci sono intere classi di algoritmi randomizzati utilizzati in analisi numerica che funzionano a meno di una certa probabilità. Stanno inoltre emergendo cose nuove, come il calcolo quantistico.

MM: Ecco, i computer quantistici. A che punto siamo?

MB: Siamo ai primi passi, dato che i computer quantistici sono ancora agli albori. Cominciamo a vedere i primi algoritmi di algebra lineare (prodotto scalare, prodotto matrice-vettore, risoluzione di sistemi lineari) in ambiente quantistico. Uno sviluppo del calcolo quantistico passa per una revisione dei metodi dell’algebra lineare numerica in ambiente quantistico. Prima o poi questo porterà a metodi ed algoritmi realistici per risolvere anche i problemi avanzati dell’algebra lineare numerica in questo ambiente. Anzi, credo che sia il futuro. Vedo già tanti giovani ricercatori, anche qui a Pisa, lavorare in questa direzione.

MM: Lasciando i problemi numerici: tu che hobby hai? Oltre la matematica, naturalmente.

MB: Sono un lettore onnivoro: letteratura, saggistica, storia della scienza. E poi, un’altra passione…

MM: Quale?

MB: Pratico la pesca subacquea in apnea.

MM: Caspita! Ma anche lì trovi un modello numerico?

MB: A dire il vero c’è una forte analogia con la ricerca scientifica. Spesso non si prende niente, ma ogni tanto la tenacia e la perseveranza vengono premiate. Sia chiaro: non guasta un pizzico di fortuna.

[photo by Daniel Szyld]

Marco Menale

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