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Nato a Bari nel 1978, Delio Mugnolo è attualmente Junior Professor presso l’Istituto di Analisi dell’Università di Ulm, in Germania, dopo essersi laureato in Matematica nel 2000 all’Università di Bari. Nel 2001 ha ricevuto un grant dell’INdAM per completare gli studi dottorali all’Università di Tübingen. Intervista raccolta da Maya Briani.

Raccontaci come hai deciso di fare matematica.
 Ho sognato per anni di diventare ingegnere meccanico, poi la decisione di studiare matematica è nata in maniera più o meno casuale la notte dopo il mio esame di maturità durante la conversazione con un mio conoscente che si era appena laureato in Matematica a Bari (nel frattempo è diventato associato a Pisa: ciao Marco!).

 

E non c’è stata nessuna “influenza” da parte della famiglia?
Beh… c’è da dire che vengo da una famiglia di professori universitari… quindi sin da quando ero bambino fare ricerca mi è sempre sembrato l’unico modo onesto e naturale di guadagnarmi il pane, da adulto. Visto che in Italia all’epoca la ricerca matematica pura si faceva solo all’università, la scelta di fare il dottorato è stata naturale.

 

Quindi ti occupi di matematica pura. In particolare di cosa? 
I miei campi sono l’analisi e la fisica matematica. Più in dettaglio, da qualche anno mi occupo principalmente di una certa classe di strutture, chiamate reti, grafi metrici o grafi quantistici a seconda della provenienza tematica e geografica di chi le studia. Da un punto di vista metamatematico, la cosa inconsueta di questo ambito, ancora piuttosto giovane, è che la sfida principale non è sviluppare una certa teoria matematica autosufficiente, ma individuare la possibilità – o, per meglio dire, il modo più appropriato – di studiare teorie esistenti (teoria spettrale, equazioni differenziali alle derivate parziali, calcolo funzionale, ecc…) in relazione a queste specifiche strutture. In un certo senso, le reti sono un eccellente sostituto dei domini dello spazio euclideo che da sempre sono onnipresenti nella teoria delle equazioni differenziali alle derivate parziali (dette PDE, ndr). Le reti hanno una struttura molto ricca, ci si possono definire su operatori differenziali e si riesce a replicarvici tutti i comportamenti più o meno tipici o più o meno patologici delle PDE sui domini (di quelle più consuete, almeno); ma a differenza dei domini, un sacco di conti possono essere fatti esplicitamente.

 

Puoi farci qualche esempio, per capire meglio?
Joachim von Below ha determinato trent’anni fa lo spettro del Laplaciano su una rete arbitraria, sotto alcune condizioni tecniche, e lo stesso ha fatto Jean-Pierre Roth col nucleo integrale che fornisce la soluzione dell’equazione del calore. Semplice ma elegante. Risultati del genere sarebbero impensabili su un dominio generico, almeno con le tecniche a nostra disposizione.
Personalmente, ho iniziato ad occuparmi di reti cercando di applicarci ciò che avevo imparato durante il mio dottorato, una piccola branca un po’ démodé della teoria degli operatori che studia equazioni di diffusione ed equazioni delle onde per mezzo di oggetti chiamati “semigruppi di operatori” e “famiglie coseno”. Ma mi sono accorto presto che ciò che mi interessa più di tutto, in questo campo, è l’interazione fra analisi funzionale e matematica discreta. In due famosi articoli di fine anni ’50 di Arne Beurling e Jaques Deny, avevano già mostrato che una certa classe di operatori differenziali ha proprietà simili a quelle di certe matrici che emergono assai naturalmente in teoria dei grafi. Questi parallelismi sono stati molto approfonditi nel corso dell’ultimo decennio: oggigiorno non è raro trovare pubblicati su riviste di analisi funzionale risultati che tradizionalmente ci si sarebbe aspettati piuttosto in ‘Linear Algebra and Applications’ o giornali analoghi. Tutto questo mi sembra molto stimolante, la teoria dei grafi è piena di idee e concetti che aspettano solo di essere scoperti dagli analisti (e viceversa? non ci credo molto, ma mi piacerebbe sbagliarmi), in particolare per quanto riguarda il concetto di “simmetria”.

 

E finora qual è stati il tuo risultato che ti ha dato più soddisfazioni?
Nel 2007 ho dimostrato che i nuclei integrali che forniscono le soluzioni delle equazioni lineari di diffusione su reti (una generalizzazione degli oggetti studiati da Roth di cui parlavo prima) soddisfano stime cosiddette “gaussiane”: certe stime molto naturali e molto popolari in PDE e geometria differenziale su domini e varietà. Non è un teorema molto difficile, se si conoscono certi risultati classici di E.B. Davies sulle cosiddette forme di Dirichlet, ma avevo appena iniziato a studiare reti e mi è stato molto utile per stabilire velocemente contatti con una parte di questa comunità.

 

E invece, qualcosa di ‘inedito’?
Beh c’è un’altra osservazione, che non è ancora stata pubblicata, ma che mi piace un sacco: esiste tutta una teoria delle equazioni del calore su domini in cui si rimpiazzano le condizioni al bordo con altre condizioni integrali sui momenti della soluzione: ci hanno lavorato su John Cannon, Athanassios Fokas e altri; E poi c’è un bellissimo risultato di Mark Krein di 65 anni fa che dice che tra tutte le possibili realizzazioni del Laplaciano su un dominio, ne esiste esattamente una che risulta minimale tra tutte quelle autoaggiunte e semidefinite negative. Di recente, lavorando con Adam Bobrowski e Serge Nicaise mi sono accorto che la realizzazione di cui parla Krein non è altro che il Laplaciano che compare nelle equazioni studiate da Cannon. Secondo me, “to connect the dots” è l’essenza della matematica.

 

C’è un risultato scientifico a cui stai puntando, in questo momento?
Ce ne sono parecchi. Quello che mi interessa di più, però, non è in realtà tanto un risultato, quanto piuttosto una classe di risultati. Molti teoremi che nella teoria delle PDE dipendono dalla dimensione dello spazio ambiente hanno una controparte nel mondo delle equazioni su reti, a patto di definire correttamente cosa sia, appunto, la dimensione di una rete. Molti teoremi, dicevo, ma non tutti. Al momento cerco di individuare classi di equazioni e classi di comportamenti che dipendono appunto da queste proprietà – direi geometrico-differenziali – di una rete. Purtroppo, mentre esiste una nozione naturale di volume su grafi, le definizioni concorrenti di curvatura sono parecchie: questo è, credo, uno dei motivi per cui queste analogie risultano al momento per lo più sporadiche.

 

E quali sono, invece, i tuoi “dream problems”?

Non sono un “problem solver”, non sono bravo in questo e forse non mi interessa neanche particolarmente diventarlo. Sono piuttosto un “theorizer”, o almeno, cerco di esserlo. Nel corso degli ultimi due anni ho discusso parecchio con non-matematici, essenzialmente nell’ambito di un progetto di ricerca che porto avanti in un centro di ricerca di Bielefeld con alcuni colleghi. Il mondo è pieno di reti: In biologia, ecologia, chimica, fisica, informatica, genetica, medicina, ma non solo. In gran parte dei casi, le reti vengono finora usate solo come utile paradigma descrittivo, ma sarebbe bellissimo riuscire a sviluppare nuove idee matematiche che possano aspirare anche ad adempiere ad una funzione normativa. C’è un sacco di stocastica, di teoria dei giochi, di analisi non lineare totalmente inutilizzate nell’ambito delle reti, dove al momento l’analisi spettrale fa la parte del leone… È un peccato.

 

Hai nominato Biefeld: parliamo della Germania. Come sei finito a Ulm?
Non sono stato sempre qui: dopo il dottorato a Tübingen sono stato invitato a tornare a Bari per un post-doc. È stato un periodo interessante per molti versi… ma mi mancava la Germania, la sua qualità della vita, le sue case calde d’inverno e soprattutto i suoi dipartimenti ben dotati di fondi di ricerca. A un certo punto un professore che conoscevo un po’ mi ha proposto di trasferirmi a Ulm per lavorare come suo assistente per un anno – avevo tre giorni per decidere. Ho accettato, poi il contratto si è allungato, poi ho conosciuto la mia attuale compagna ed abbiamo avuto una figlia, poi ho vinto un posto da Junior-Professor… Insomma, non mi sono piú mosso da qui.

 

… a parte la matematica, come passi il tempo? Cosa fai quando non fai matematica?

Ammetto di ritrovarmi sempre di più negli stereotipi sui matematici noiosi e immersi nel loro mondo. Anche a causa del sistema assurdamente competitivo che al momento vige in Germania, sono anni che trovo pochissimo tempo per fare altro oltre alla matematica (e alla ricerca interdisciplinare incentrata sulle reti), tanto piú che la matematica mi appassiona ogni anno di piú. Cucino molto e volentieri per rilassarmi. Il resto è tipico di tutti noi matematici, direi: leggo un po’ di romanzi, ascolto un po’ di musica classica e jazz, viaggio molto (per lo più per lavoro).

(Intervista raccolta da Maya Briani)

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