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Dall’America, un modello che potrebbe aprire la strada a nuove terapie e farmaci anti-obesità.

 

Un nuovo modello matematico spiega perché è così difficile perdere peso. Joshua Tam, del Massachusetts General Hospital, ha infatti elaborato un modello che fonde due modelli pre-esistenti, detti di “set point” e “settling point”, che rappresentano la tendenza del corpo di un mammifero a aumentare di peso. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista ‘Cell Metabolism’.

Sia negli esseri umani che negli altri mammiferi, il peso corporeo tende a rimanere stabile a dispetto dei cambiamenti sia nel regime alimentare che nel dispendio energetico. Questa osservazione ha portato a formulare l’ipotesi dell'”set point”, secondo il quale il metabolismo di un individuo tende a opporsi a tutti i cambiamenti in contrasto con il peso fisiologico che è predeterminato.

I sostenitori del “settling point”, osservano però che se davvero fosse così non esisterebbe l’obesità, e ipotizzano che l’aumento di peso è determinato esclusivamente dai fattori ambientali, come per esempio la disponibilità di cibo, e da quelli comportamentali come l’attività fisica.

Nessuna delle due teorie, finora, è riuscita a descrivere in maniera soddisfacente il meccanismo con il quale aumenta il peso corporeo né a spiegare il perché. I modelli matematici finora sviluppati per descrivere la regolazione metabolica del peso non includevano specificamente i segnali neuroendocrini che agiscono sul sistema nervoso centrale per controllare sia l’assunzione di cibo che il dispendio energetico. Il modello di Tam, invece, si concentra sulle oscillazioni del peso influenzate dalla leptina, un ormone prodotto dalle cellule adipose che aiuta a regolare il metabolismo energetico.

I livelli bassi di leptina sono infatti un segnale di fame che stimola il consumo alimentare e la riduzione del dispendio energetico: nelle persone obese, solitamente, i livelli di leptina sono invece molto elevati. Le equazioni utilizzate da Tam per la costruzione del modello di regolamentazione energetica, finora verificato nei topi, si basano sia sulle ipotesi del “set point” che su quella del “settling point”: in questo modello combinato il segnale della leptina cambia percorso (segnala dunque la fame) solo sotto una certa soglia predefinita mentre, a livelli normali, il peso varia secondo l’approvvigionamento di cibo e l’attività fisica.

“Se le variazioni di peso del corpo umano sono correlate ai livelli di leptina, come il nostro modello predice – conclude Tam – e se è possibile sviluppare farmaci o nuovi stili di vita che facilitino la transizione tra questi livelli, allora può essere possibile sviluppare nuove terapie per contribuire a ridurre il peso corporeo e sostenere tali cambiamenti”.

 

Fonte: Cell Matabolism

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