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Una delle più grandi sfide della matematica è senza dubbio la cosiddetta ipotesi di Riemann. Il “sacro Graal” della matematica, che, più realisticamente, è ritenuto il più importante problema aperto della matematica, impegna studiosi di tutto il mondo da 150 anni, ossia da quando, nel 1859, Bernhard Riemann ne formulò la prima versione. Rientra nei 23 famosi problemi di Hilbert e nei sette problemi del millennio per i quali l’Istituto matematico Clay ha messo in palio un milione di dollari. Ma, soprattutto, rientra nei sogni di matematici – e non – che se dimostrassero la validità della congettura del grande matematico e fisico tedesco, vedrebbero il proprio nome consegnato alla storia.
La notizia di ieri data dall’Ansa, che riprendeva un comunicato della SISSA di Trieste, secondo cui uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Statistical Mechanics aveva “svelato” la congettura di Riemann ha naturalmente suscitato un discreto clamore nella comunità matematica. Ma davvero l’ipotesi di Riemann è stata finalmente dimostrata? Occorre fare qualche precisazione sul paper dei fisici Giuseppe Mussardo (SISSA) e André LeClaire (Cornell University) intitolato “Randomness of Möbius coefficients and Brownian motion: growth of the Mertens function and the Riemann hypothesis”
Detto in sintesi: no, non è stata dimostrata rigorosamente la veridicità della congettura di Riemann. Gli autori, con il loro lavoro – un’analisi di dati su un insieme incredibilmente grande di numeri primi durata tre anni e che segue un approccio di fisica statistica basato sulla fisica dei moti caotici e sulle leggi di probabilità che li regolano – sono riusciti a concludere che è “estremamente probabile” che l’ipotesi di Riemann sia vera, il che è diverso dal dire che si sia dimostrata la congettura. Come scrivono gli stessi autori nell’introduzione: “Non dichiariamo di aver [fornito una] qualche prova rigorosa dei risultati qui presentati ma ci piace pensare che il nostro lavoro sia stato guidato dal famoso e bellissimo commento di Feynman: ‘è noto molto di più di quanto non sia stato dimostrato’. Inoltre, se questo lavoro avrà l’effetto di stimolare ulteriori studi rigorosi da parte di veri matematici sull’argomento, avrà già raggiunto lo scopo di attirare l’attenzione su un possibile modo per affrontare un problema di vecchia data come come l’ipotesi di Riemann”.
“Gli autori parlano chiaramente di approccio da fisici teorici, dicendo di non avere dimostrazioni rigorose, ma solo di avere fatto analisi statistiche massive. L’approccio non è nuovissimo, perché si sa che la validità della congettura di Riemann è legata a una questione statistica simile al moto browniano” spiega Alessandro Zaccagnini, professore di Analisi Matematica presso l’Università di Parma, esperto dell’ipotesi di Riemann. “La congettura di Riemann, che riguarda la bontà dell’approssimazione della distribuzione dei numeri primi entro una certa soglia, può essere infatti formulata in diversi modi equivalenti – continua Zaccagnini – Mussardo e LeClaire hanno sfruttato la funzione di Mertens (che rappresenta una sorta di “passeggiata aleatoria”), e che coincide con la somma finita dei primi k valori della funzione di Möbius. Se si riesce a dimostrare che in valore assoluto questa somma non supera mai circa la radice quadrata del numero k degli addendi, allora vale l’ipotesi di Riemann. Nonostante la loro analisi statistica massiva, nel lavoro non è stato dimostrato che questa somma non superi mai questo valore e quindi, rigorosamente non c’è la dimostrazione della validità dell’ipotesi di Riemann”. La sfida, dunque, è ancora aperta.

Per approfondire:

Una versione elementare della Congettura di Riemann di Alessandro Zaccagnini

Dialogo sui numeri primi di Alessandro Zaccagnini (un ebook!)

 

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