Oggi è il 25esimo anniversario dell’annuncio dei sette Millenium Problems da parte del Clay Mathematics Institute. Daniele Aurelio ci racconta di cosa si tratta.
Risulta da una leggenda – sovente attribuita a Paul Erdős – che al momento della sua morte il grande matematico svizzero Eulero abbia semplicemente pronunciato le parole “Ho finito”, collassando a terra, e che qualcuno tra le persone presenti abbia cinicamente mormorato “Ecco dimostrata un’altra congettura di Eulero”. Ma anche senza scomodare uno dei principi della matematica, possiamo ripiegare su altri che di congetture sicuramente si intendono guardando al Clay Mathematics Institute, i cui Millennium Problems festeggiano proprio oggi, 24 maggio, un quarantesimo di millennio.
Ma facciamo un passo indietro.
Fondato nel 1998 dall’imprenditore statunitense Landon T. Clay, il Clay Mathematics Institute (CMI) è un’istituzione privata con sede a Denver, in Colorado la cui missione dichiarata è quella di aumentare e diffondere la conoscenza matematica. Fin dall’inizio, l’approccio del CMI è piuttosto visionario: incentivare la ricerca pura, senza compromessi, sostenendo matematici brillanti in ogni fase della carriera e dando ampio risalto a risultati che, per così dire, non sempre trovano spazio nei circuiti più applicativi. Da questo approccio nasce l’idea dei Millennium Prize Problems.
Nel 2000, in occasione del passaggio al nuovo millennio, il CMI ha deciso di lasciare un’impronta simbolica (ancorché molto concreta) nella storia della matematica. Sotto la guida dell’allora direttore scientifico e fondatore, il fisico-matematico Arthur Jaffe, l’istituto identificò sette dei più profondi e irrisolti problemi matematici ancora aperti, ispirandosi nientepopodimeno che ai celebri 23 problemi formulati da David Hilbert nel 1900. Ma con una variante interessante: per ciascun problema risolto, sarebbe stato assegnato un premio di un milione di dollari. La scelta dei Millennium Problems fu affidata a un comitato di matematici di alto profilo, e la cerimonia di lancio – registrata e tuttora visibile – avvenne a Parigi – il 24 maggio del 2000, appunto – in un’aula del Collège de France, con seminari delle medaglie Fields Timothy Gowers e Michael Atiyah, e del futuro premio Abel John Tate: un momento solenne, sì, ma anche un invito pubblico a pensare con audacia.
Ad oggi, solo uno di questi sette problemi è stato ufficialmente risolto: la congettura di Poincaré, dimostrata da Grigori Perel’man nel 2003. Un trionfo matematico, ma anche una piccola beffa per il CMI che ebbe una risonanza ragguardevole: Perelman rifiutò sia il premio che la medaglia Fields che ne sarebbe conseguita. L’enigma dei Millennium Problems resta quindi aperto, e il premio milionario continua a pendere sui sei ancora irrisolti.
I magnifici sei
Se la congettura di Poincaré è stata conquistata, un’irriducibile Armorica[1 ]Se non suona nessun campanello, date un’occhiata qui di altri sei problemi resiste eroicamente agli attacchi congiunti di lavagne e gessetti da entrambi i lati dell’oceano. Ma di che problemi si tratta? Vediamoli brevemente.
Il pezzo da novanta della lista è certamente l’ipotesi di Riemann, una sorta di equivalente matematico della pietra filosofale. Molto brevemente – ma gli interessati potranno approfondire qui – l’ipotesi afferma che tutti gli zeri non banali della funzione zeta di Riemann hanno parte reale uguale a 1/2. Un enunciato dunque apparentemente innocuo. Ma solo apparentemente, appunto, perché la funzione è collegata alla distribuzione dei numeri primi: se l’ipotesi venisse dimostrata, fornirebbe una stima molto più stringente dell’errore nel teorema dei numeri primi, con conseguenze sensibili soprattutto nella teoria dei numeri (ma limitate, invece, in ambito crittografico, dove tuttavia una vulgata non sempre sincera vorrebbe conseguenze tragiche sugli algoritmi che adoperiamo quotidianamente, con conseguente crollo della sicurezza informatica).
E rimaniamo nell’informatica con un altro problema sicuramente conosciuto anche dal grande pubblico, quello noto come “P vs NP”. In maniera (nemmeno troppo) semplificata – e anche in questo caso chi vuole potrà approfondire qui – la domanda aperta chiede se ogni problema la cui soluzione possa essere verificata rapidamente da un computer può anche essere risolto altrettanto rapidamente. Il problema parte, insomma, dalla constatazione che alcuni problemi che richiedono molto tempo (“non polinomiale” nelle dimensioni del problema, o “NP”) per venire risolti non ne richiedono invece molto (o comunque questo scala in modo polinomiale, o “P”) qualora si volesse solo verificare una soluzione già nota. È come chiedersi: è più difficile trovare una soluzione di un sudoku che verificare se un determinato schema già pieno di numeri sia una soluzione? In linea di principio, se una eventuale dimostrazione di P = NP fornisse anche un algoritmo efficiente per trovare le soluzioni di alcuni problemi NP(-completi) noti, potremmo avere qualche problema, questa volta anche nella crittografia, dagli algoritmi AES alle blockchain su cui si basano le criptovalute.
Un altro celebre problema riguarda le equazioni di Navier-Stokes, un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali che governa il comportamento dei fluidi viscosi (e dunque non oggetti esotici o rari: l’acqua in cui nuotiamo e l’aria che respiriamo). Tuttora non è chiaro se, data una serie di condizioni iniziali, il problema abbia una soluzione liscia, ovvero di classe . Le equazioni spesso includono modelli matematici della turbolenza, per cui l’interesse verso una soluzione di questi problemi è alto. Chi volesse troverà più dettagli qui.
Con la congettura di Birch e Swinnerton-Dyer facciamo un tuffo nell’aritmetica delle curve ellittiche, e in particolare sull’insieme delle soluzioni razionali di equazioni ellittiche. La congettura di Hodge invece riguarda la relazione tra topologia e geometria algebrica, e cerca di classificare la topologia algebrica di una varietà in base alla geometria delle sue sottovarietà. Per quanto riguarda l’ultimo problema, quello del gap di massa nella teoria di Yang–Mills, si tratta di una delle questioni più sottili della fisica teorica. Di fatto, questo problema chiede se, nelle teorie quantistiche dei campi descritte da Yang e Mills, sia possibile prevedere se esista una particella con massa minima non-nulla.
Il resto dell’attività del Clay Mathematics Institute
Al di là dei Millennium Problems, il CMI si impegna attivamente in numerose iniziative a sostegno della comunità matematica. Finanzia borse di ricerca, le Clay Research Fellowships, assegnate a giovani matematici e matematiche dal potenziale eccezionale, oltre a promuovere conferenze, workshop e programmi di visiting presso istituzioni prestigiose. Tra gli eventi di rilievo si contano i Clay Research Awards, che ogni anno premiano risultati di spicco nella ricerca matematica contemporanea.
Il CMI vanta una rete di affiliazioni e collaborazioni di altissimo livello. Numerosi vincitori della medaglia Fields, tra cui Terence Tao, Manjul Bhargava e Maryna Viazovska, hanno avuto legami più o meno diretti con l’istituto. La sua autorevolezza lo rende un punto di riferimento silenzioso ma costante: se non proprio una macchina accademica, una sorta di “loggia illuminata” della matematica pura.
Daniele Aurelio
Immagine di copertina tratta da qui: spiegazione del logo del CMI
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