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Quali sono i concetti matematici che ritenete indispensabili, ossia di cui proprio non potreste proprio fare a meno? E se aveste solo due ore per insegnare qualcosa a qualcuno che vuole sapere qualcosa di matematica, proprio non riuscireste a non insegnargli quello? Ovviamente potete barare in tutti i modi possibili, come è naturale.

Nicola Ciccoli risponde.

Se dovessi scegliere un concetto matematico del quale proprio proprio non vorrei fare a meno non ho il minimo dubbio, sceglierei il concetto di gruppo. I gruppi, tutto sommato, li abbiamo sott’occhio tutti i giorni. Dovunque compare una simmetria, sotto sotto stiamo parlando di un gruppo. Un viso simmetrico? Gruppo. Le finestre di un grande condominio? Gruppo. Un Sudoku? Gruppo. I disegni di Escher? Gruppo. Il cartello di divieto d’accesso? Gruppo. Ma anche dove non arrivano i nostri occhi: la capsula di un virus? Gruppo. I legami chimici di un benzene? Gruppo. Le orbite dei pianeti? Gruppo.

Eppure me lo ricordo ancora bene il giorno in cui per la prima volta mi spiegarono il concetto di gruppo. Era una mattina di Novembre, allora tutte le lezioni universitarie iniziavano il 5 Novembre. La Professoressa di Algebra, con la sua voce, ahimé, un po’ monotona e il suo fare materno scriveva, con una grafia che sembrava stampa, sulla lavagna. Si dice gruppo un insieme dotato di una operazione binaria associativa, con elemento neutro e in cui ogni elemento è invertibile. Seguivano esempi. Una cosa molto astratta, come sarebbe stato tutto in quel corso, e che faticavo a legare con qualunque cosa di Matematica avessi visto nei miei primi diciotto anni. Un insieme qualunque con una operazione qualunque e delle proprietà. Perché proprio quelle? Perchè non altre?
Cosa diavolo servisse, poi, dare un nome all’elemento neutro mi sembrava quanto di più inutile si potesse immaginare. Invece mi ero appena affaciato su una delle più feconde idee della matematica degli ultimi 200 anni.

Di gruppi si parla già dalle elementari. Non ho in mente le proprietà delle operazioni, quanto di più inadatto, a mio parere, per farsi una idea intuitiva di gruppo. Penso a moti rigidi del piano. Quando la maestra spiega che il triangolo che disegna lei alla lavagna ha una formula per l’area e quella formula non è secifica di quel triangolo preciso, ma di tutti i triangoli dovunque disegnati e a quello sovrapponibili con un movimento rigido. Rigido, cioè che non modifica le distanze tra punti. Una rotazione, ad esempio, o una traslazione o, magari se si vuole, una simmetria rispetto ad un asse. Una equivalenza tra triangoli, che identifica triangoli tra loro sovrapponibili. Simmetrica come tutte le equivalenze: se A si sovrappone a B allora B si sovrappone a A. Ecco l’esistenza dell’inverso. Transitiva, anche: se A si sovrappone a B e B si sovrappone a C allora A si sovrappone a C. Qui fa capolino la proprietà associativa. Che poi ogni figura geometrica si possa sovrappere a se stessa bè, è così ovvio… questa esistenza dell’elemento neutro continua a sembrarci scontata (a voler essere proprio pignoli qui si dovrebbe parlare di gruppoidi e quindi, in qualche misura, di categorie, ma non mi sembra proprio il caso).

Ecco, il gruppo come prototipo delle equivalenze e già da questo si capisce che ne spunteranno a ogni piè sospinto. Ma è qaundo si infilano le mani nella matematica più avanzata che la cosa si fa gustosa. Gruppi si usano per risolvere complicate equazioni differenziali (e grazie a Emmy Noether, forse la più famosa delle donne in matematica nella storia) e per circoscrivere, secondo l’impronta che ci ha lasciato Klein, cosa si intende per Geometria. Impensabile credere di descrivere poco più delle basi elementari della Meccanica Quantistica, senza parlare di gruppi. Non c’è settore della matematica in cui non facciano la loro comparsa. E quando ai miei studenti spiego, ogni anno, che anche l’orribile formula di addizione di seni e coseni riesce ad assumere un bell’aspetto proprio perchè altro non è che il goffo vestito che cuciamo addosso a un omomorfismo di gruppi sto solo replicando in aula lo stupore che provai io quando scoprii che funzioni di Bessel, polinomi di Legendre, trasformate di Laplace, non c’era proprietà di queste che non potessi, con certosina pazienza, scrivere in termini di azione di un gruppo.

Naturale, allora, cercare di elencarli tutti questi gruppi, almeno quelli che si lasciano elencare. Nasce così il progetto di classificazione dei gruppi finiti semplici. I gruppi che hanno un numero finito di elementi e non possono essere decomposti in niente di più semplice. Con il risultato che il termine matematico “semplice” qua finisce per indicare i gruppi più complicati possibile, maledetto ossimoro. Un progetto che finisce per occupare due intere generazioni di algebristi, si protrae per decenni e alla fine ottiene un clamoroso successo e un po’ di amaro in bocca. Successo perchè oggi sappiamo quali sono tutti i gruppi semplici. Pazienza se qualcuno di loro, come il cosiddetto “Mostro” (un gruppo con i suoi $$2^{46}\cdot 3^{20} \cdot 5^9\cdot 7^6\cdot 11^2\cdot 13^3\cdot 17\cdot 19\cdot 23\cdot 29\cdot 31\cdot 41\cdot 47\cdot 59\cdot 71$$ elementi) sfugge alla nostra intuizione. Amaro in bocca perchè il “teorema di classificazione” si estende per decine di migliaia di pagine di matematica al punto che non è sbagliato dire che nessun matematico al mondo è capace di leggerlo dall’inizio alla fine. E nessun matematico al mondo, per questo motivo, si sente proprio ma proprio sicuro che non ci sia, da qualche parte, un piccolo errore. Ci dobbiamo fidare gli uni degli altri. In qualche modo una sfida allo stesso concetto teorico di “dimostrazione”.
Un progetto ciclopico che ha trasceso la nostra capacità di controllarlo e che ha arricchito il nostro sapere ma che ha lasciato molti matematici, come cent’anni prima gli astronomi, spaesati davanti alla vastità del cosmo.

Y. Kosmann-Schwarzbach, Groups and Symmetries, Springer 2010
M Ronan, Il mostro e la simmetria, Cortina 2007
A. Masters, Un genio nello scantinato, Adelphi 2013

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths! e Comics&Science.

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