L’8 e il 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per 5 diversi referendum. Come accade per ogni referendum, si moltiplicano gli appelli: per il sì, per il no, per l’astensione. E in molti si interrogano sul quorum: è corretto fissare il quorum al 50% degli aventi diritto, quando l’affluenza alle elezioni politiche è in crollo? Alberto Saracco analizza la situazione con gli occhi del matematico e propone una possibile soluzione.
Negli ultimi l’affluenza elettorale ha subito una notevole diminuzione. Infatti, dal 1946 fino al 1994, l’affluenza alle elezioni politiche in Italia è sempre stata superiore all’85% (con varie elezioni al 93%). Da allora, l’affluenza è sempre stata minore dell’85%, con un massimo dell’83% nelle elezioni del 2006 e un calo continuo da allora, fino a un misero 64% di votanti alle ultime elezioni del 2022. Non sarebbe forse più corretto modulare il quorum sulla base dell’affluenza alle ultime elezioni (o dell’affluenza media nelle ultime elezioni)? Nei primi 50 anni di Repubblica, gli italiani andavano a votare in gran numero e un referendum con meno del 50% dei votanti era un chiaro sintomo di disinteresse per il quesito posto. Ora non è più così.

Figura1: Immagine da Wikipedia (it.wikipedia.org/wiki/Grafico_delle_elezioni_politiche_in_Italia)
Questo può portare a scenari paradossali. Immaginiamo che tra gli aventi diritto che sono andati a votare nel 2022 ben il 78% vada a votare sì, mentre solo il 22% vada a votare no. Con il 64% dei votanti, il sì stravince 78-22. Ma se chi supporta il no riesce a convincere tutti coloro che sono di questa opinione che conviene astenersi anziché votare no, allora il quorum non viene raggiunto, poiché solo il 49,92% (64% per 78%) va a votare. Allora in questo caso vince il no. E siamo nel caso in cui tutti coloro che hanno votato alle ultime politiche (ovvero che sono interessati alla politica e alle scelte sociali) sono anche interessati al quesito referendario posto. Nel caso una certa percentuale sia davvero non interessata al quesito, le cose peggiorano ulteriormente.

Figura 2
Il quorum è stato pensato per evitare che passino dei referendum che non raccolgono l’interesse generale. La situazione che si ha in testa è quella rappresentata nella figura 2, dove sull’asse orizzontale abbiamo la percentuale di persone che sono per il sì e sull’asse verticale la percentuale di persone che sono per il no. In totale il numero di queste persone non può superare il 100%. Idealmente, se siamo nella zona verde (più del 50% degli elettori è per il sì), il sì deve vincere, se siamo nella zona rossa (più del 50% degli aventi diritto è per il no) il no deve vincere, mentre se siamo nella zona marrone (più del 50% degli elettori non è interessato) non si raggiunge il quorum. Le regole attuali fanno sì che la zona bianca (in cui né l’astensionismo, né il sì, né il no hanno la maggioranza assoluta) venga spartita equamente tra vittoria del sì (zona blu) e vittoria del no (zona viola) (vedi Figura 3).

Figura 3
Il vero problema con questa modalità di voto, però, è quella del votante infedele, ovvero di chi vota non secondo una propria preferenza, ma secondo “convenienza”. L’esempio precedente, infatti ricade nella zona blu, molto vicino alla zona verde (punto E_1 nella figura 4). Siccome il fronte del no ha deciso compatto di astenersi, il referendum è fallito. Le attuali regole spingono chi è a favore del no ad astenersi, mentre chi è a favore del sì è incoraggiato ad esprimere fedelmente la propria opinione.

Figura 4
Con le regole attuali, le uniche certezze sono che se siamo nella zona marrone il quorum non viene raggiunto e se siamo nella zona verde il sì vince. Inoltre anche nel caso in cui i favorevoli al sì siano meno del 25% degli aventi diritto (zona nera nella figura 5), qualunque sia il comportamento di chi è a favore del no, il referendum non passa. Invece la zona bianca è in balia delle decisioni strategiche di coloro che sono per il no al referendum.

Figura 5
Per fare un esempio di segno opposto a quello già fatto, immaginiamo un quesito particolarmente interessante, sul quale il 100% dell’elettorato ha una forte opinione. Il 70% è intenzionato a votare no, il 30% a votare sì (punto E_2 nella figura 6). Ampiamente nella zona rossa. Però, in seguito ad anni ed anni di bombardamento “se si è per il no, è meglio astenersi”, ben 6 persone su 10 a favore del no decidono di astenersi. E così alle urne si presenta il 58% degli aventi diritto (il 30% dei favorevoli al sì e il 28%, ovvero il 40% del 70% dei favorevoli al no). Pertanto si raggiunge il quorum e il referendum passa con il 51,7% di voti a favore, nonostante una grandissima parte della popolazione fosse contraria. Quindi il voto infedele o voto strategico ha l’effetto di tradire le intenzioni con cui è stato introdotto il quorum.

Figura 6
Una proposta per modificare il quorum e impedire il voto infedele
Personalmente, da matematico, quando vado a votare penso sempre ad un possibile voto strategico. Mi piacerebbe però che –quando possibile- il voto rappresenti quanto più possibile fedelmente quello che l’elettorato pensa davvero. Nella mia personale filosofia, sono le regole che modellano i comportamenti. Le regole vanno scritte pensando ai comportamenti che vogliamo indurre.
Il voto infedele è causato dalla possibilità di migliorare l’esito della votazione scegliendo di fare qualcosa di diverso rispetto all’esprimere le proprie reali preferenze. Nel caso del referendum, una persona interessata al quesito può votare in maniera concorde al proprio convincimento o astenersi (votare in maniera contraria al proprio convincimento è ovviamente sconveniente).

Figura 7
Chi è per il sì e decide di astenersi, sposta il punto nel grafico verso sinistra. In nessun caso ciò trasforma una sconfitta del sì in una vittoria del sì, quindi per chi è a favore del sì non è razionale astenersi. Chi è per il no e decide di astenersi, sposta il punto del grafico verso il basso. Ciò può trasformare una vittoria del sì in una vittoria del no e pertanto può essere razionale astenersi. A volte, però, può anche trasformare una vittoria del no in una vittoria del sì, come abbiamo visto. Nella figura 7, i due spostamenti causati dall’astensionismo di parte o tutto il fronte del no nei due esempi illustrati prima. Per semplicità, abbiamo colorato di rosso tutta la zona in cui il referendum non viene approvato (vittoria del no o quorum non raggiunto) e di verde tutta la zona in cui il referendum viene approvato (vittoria del sì).
Nel caso del referendum è possibile una semplice modifica che renda possibile che ognuno voti esattamente secondo il proprio pensiero e in modo tale che l’esito del voto sia il più vicino possibile a quello –secondo me—inteso dal legislatore. Dobbiamo fare in modo che sia impossibile, spostandosi da destra a sinistra, trasformare una vittoria del no in una vittoria del sì o, spostandosi dall’alto in basso, trasformare una vittoria del sì in una vittoria del no. In questo modo a nessuno conviene votare in maniera diversa dal proprio convincimento. Per ottenere tutto ciò, basta ad esempio modificare il quorum nel seguente modo (vedi Figura 8):
Il referendum è approvato nel caso in cui i sì siano almeno il 50%+1 dei voti espressi e almeno il 25%+1 degli aventi diritto.

Figura 8
In questo modo i sì continuano ad essere incentivati ad esprimere la propria opinione sulla scheda e anche ai no conviene esprimere esplicitamente la propria opinione sulla scheda.
Ovviamente la quota del quorum di voti favorevoli minimi per rendere il referendum valido è del tutto arbitraria e può essere oggetto di discussione politica. A titolo di esempio, in figura 9 vediamo come cambia la vittoria del no o del sì nel caso di una regola per il quorum decisamente più restrittiva:
Il referendum è approvato nel caso in cui i sì siano almeno il 50%+1 dei voti espressi e almeno il 40%+1 degli aventi diritto.

FIgura 9
C’è quindi ampio spazio per la politica per decidere quale sia la maniera più appropriata di definire un tale quorum. Penso però che sarebbe più utile concentrare gli sforzi politici per modificare la tipologia di un quorum: (voti a favore del sì)/elettori anziché (voti espressi)/elettori, onde sconfiggere il fenomeno del voto infedele.
Alberto Saracco
Questo articolo è pubblicato anche su La scienza espressa.
Penso la tua proposta abbia senso, ma che non sarebbe graditissima ai cittadini in quanto è molto meglio se il quorum si conosce fin da prima di votare. Proporrei che il quorum sia il 50% +1 del numero dei votanti alle ultime politiche. Mi sembra equo, chiaro, non cervellorico, esplicito a priori.
Grazie per il commento.
In realtà in un certo senso il quorum si conosce prima di votare: servono il 25%+1 di sì rispetto al numero di aventi diritto al voto. Una volta che si sanno in quanti hanno votato, si sa immediatamente non se il voto è valido (come nel quorum classico), ma quanti sì sono necessari (il massimo tra 25%+1 degli aventi diritto e il 50%+1 dei votanti) affinché il referendum venga approvato.
Indubbiamente un meccanismo diverso da quello a cui siamo abituati, ma non particolarmente complicato da spiegare (e già usato su wikipedia, ad esempio: https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Amministratori/Sistema_di_voto/Quorum).
Ottimo articolo, chiaro e interessante. Non hai quantificato la proposta di quorum relativo, che ad esempio potrebbe essere l’affluenza delle ultime elezioni nazionali moltiplicata per 5/9 (il 50% è stato proposto quando l’affluenza era intorno al 90%). Ah, e c’è un gravissimo (scherzo) errore matematico: il quorum non è 50% +1, ma 50% +1/2. Se i votanti sono dispari, il quorum è solo 0,5 piú della metà. 😉
Sì, ho lasciato nel vago, aperta, la quantificazione del quorum, perché mi interessava meno.
Sono più interessato a un meccanismo che spinga le persone a votare coerentemente con la propria idea. Alberto Menoncin, su Facebook, mi ha segnalato che questa tipologia di quorum viene utilizzata su wikipedia, con un quorum quantificato sulla base dei votanti nelle ultime 8 votazioni. https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Amministratori/Sistema_di_voto/Quorum
L’articolo è bello, matematicamente ineccepibile e i grafici triangolari sono davvero efficaci, di lettura immediata. La mia sola perplessità resta a monte, e non è di natura matematica. Come si legge all’inizio, “il quorum è stato pensato per evitare che passino referendum che non incontrano l’interesse generale”, e a me pare che il problema di fondo stia tutto qui; non tanto nella logica dell’affermazione, ma nei tempi di realizzazione. A me pare che questa ricerca del cosiddetto “interesse generale” debba essere fatta a monte, e non a valle della votazione. Di fatto ci sono già delle regole di salvaguardia ben precise: per lanciare un referendum bisogna raccogliere un gran numero di firme (o proposte di un certo numero di organi istituzionali); a valle della proposta c’è un rigoroso esame di ammissibilità da parte delle massime competenze giuridiche; se questi requisiti sono soddisfatti, lo stato organizza una cosa costosa e impegnativa come una consultazione elettorale. A questo punto, quale valore resta al quorum? Se per una frazione di cittadini è così importante da proporlo, se per le istituzioni giuridiche e amministrative è tutto in regola e lo ammettono, che senso ha un quorum che disinnesca tutto a valle della votazione? Se il 90% degli elettori non è interessato, non vada a votare, e non si lamenti dopo. Davvero non capisco. Al limite, si decida di alzare il numero necessario delle firme per richiedere un referendum: a me personalmente l’idea non piacerebbe, ma quantomeno ne capirei la logica. Quella del quorum, invece, non la capisco proprio (PRS).
Anche io sono molto perplesso dal quorum come strumento per misurare l’interesse di un quesito, e personalmente sarei per l’innalzamento del numero di firme necessario a proporre un quesito referendario. Aggiungo che mi piacerebbe fossero possibili anche referendum propositivi e non solo abrogativi, per questioni di interesse generale (legge sul fine vita, matrimonio egalitario, per dirne due) su cui la politica partitica ha paura a prendere decisioni.
Però sono ancora più contrario ad una forma di quorum come quella attuale, che spinge in maniera naturale all’astensione per ottenere un risultato (il fallimento del referendum), ottenendo in questo modo semplicemente uno spreco di soldi, l’inutilità di questo strumento e una maggiore disaffezione alla politica (quella sana, del confronto delle idee), tradendo per di più lo spirito con cui era stato introdotto.