La finanza è parte integrante della nostra vita quotidiana, con meccanismi fondati sulla matematica, come l’equazione di Black-Scholes. Ce ne parla Marco Menale.
L’alfabetizzazione finanziaria in Italia è ancora bassa. Dai dati della Banca d’Italia emerge che, al 2023, questo livello per gli adulti è pari a \(10,7\) in una scala da \(0\) a \(20\). Il punteggio per competenze in finanza digitale è di \(4,6\), in questo caso tra \(0\) e \(10\). Eppure, aumentano uso e interesse degli strumenti finanziari (uno dei podcast italiani più seguiti è The Bull), con le rischiose conseguenze di limitate conoscenze in materia. Conoscenze che passano per la matematica. È il caso dell’equazione di Black-Scholes.
Il nome di quest’equazione è legato a due economisti: l’americano Fischer Sheffey Black e l’americano-canadese Myron Samuel Scholes, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1997. È conosciuta anche come equazione di Black-Scholes-Merton, con l’aggiunta di un altro economista americano, anche lui vincitore nel 1997 con Scholes del premio Nobel per l’economia: Robert Cox Merton. Come spesso si dice in questa rubrica, dare i giusti meriti alle scoperte matematiche significa comunque far torto a qualcuno. Così come nell’individuare l’articolo fondativo; qui citiamo “The Pricing of Options and Corporate Liabilities” del 1973.
Passiamo alla matematica. Anzi, partiamo dal problema economico alla base di questo modello: quanto vale un’opzione?
Un’opzione è un contratto che dà al suo proprietario il diritto (ma non l’obbligo) di acquistare o vendere un bene, come un’azione, a un prezzo prefissato entro una certa data. Supponiamo di voler comprare un’opzione per acquistare, poi, azioni di una società a \(100\) euro ciascuna tra sei mesi. Se il valore dell’azione sale sopra i \(100\) euro, abbiamo guadagnato la differenza. Se il valore scende, abbiamo perso.
L’equazione di Black-Scholes modella l’andamento del prezzo di un’opzione. Alla base c’è (proprio!) il modello di Black-Scholes-Merton. In formule:
\[
\frac{\partial V}{\partial t} + \frac{1}{2} \sigma^2 S^2 \frac{\partial^2 V}{\partial S^2} + r S \frac{\partial V}{\partial S} – r V = 0,
\]
dove:
- \( V(S, t) \) è il prezzo nel tempo dell’opzione in funzione del prezzo delle azioni sottostanti \( S \).
- \( \sigma \) è la volatilità delle azioni sottostanti, ossia una misura d’incertezza legata al valore del suo prezzo nel tempo.
- \( r \) è il tasso di interesse privo di rischio, ossia quello teorico di un investimento sicuro.
A livello matematico si tratta di un’equazione differenziale alle derivati parziali lineare parabolica. Per capirne l’impatto modellistico, conviene riscriverla come
\[\frac{\partial V}{\partial t} + + r S \frac{\partial V}{\partial S} -rV=-\frac{1}{2} \sigma^2 S^2 \frac{\partial^2 V}{\partial S^2}.\]
Sul lato sinistro troviamo i termini privi di rischio, quindi la parte più stabile. Mentre, a destra c’è la componente volatile, associata alle fluttuazioni del mercato. In definitiva, l’equazione descrive come si bilanciano nel tempo i vari effetti che concorrono a determinare il prezzo di un’opzione. Se ne può stimare il prezzo in modo oggettivo, senza basarsi su speculazioni personali. Gli investitori possono così ridurre l’incertezza legata alle fluttuazioni dei mercati, bilanciando meglio il rendimento atteso con il rischio nei loro investimenti.
L’equazione di Black-Scholes è un po’ un modello di base da cui si parte per costruire altre equazioni in grado di valutare il prezzo di quasi tutti gli strumenti finanziari in uso, come i futures. Forse (esagerando un po’) è un pilastro della finanza moderna. Come tutti i modelli, ha dei limiti. Tra gli altri, c’è la presenza di parametri costanti (\(r\) e \(sigma\)), cosa generalmente non vera. Resta, comunque, un notevole esempio di come la matematica sia necessaria per comprendere (anche!) i processi della finanza e non trovarsi brutte sorprese nel proprio portafoglio.
Grazie per questo approfondimento. E’ un argomento (e un’equazione) che mi ha sempre affascinato ed è fra gli stimoli che mi hanno portato a riaprire i libri. Approfitto per una domanda forse meno quantitativa, che un certo senso precede la formalizzazione matematica, verso la quale, ribadisco, nutro ammirazione assoluta: se cadesse l’ipotesi che il moto sottostante dei rendimenti (che poi a loro volta sono una proxy del comportamento delle persone sul mercato) sia ben rappresentato da una distribuzione normale, secondo lei il modello di black-scholes conserverebbe la sua utilità, ancorché ridotta?
Grazie in anticipo per l’eventuale risposta e complimenti per l’articolo.
Saluti