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Fine del test d’ingresso a medicina, anche se sarà necessario superare in autunno gli esami di tre insegnamenti. Tra questi non c’è la matematica, così come manca nell’intero corso di laurea in medicina. Ma è ancora opportuna questa scelta ai tempi di machine learning e intelligenza artificiale per la formazione dei medici di domani? Ce ne parla Marco Menale.

A settembre comincerà il primo anno di medicina a libero accesso. Gli aspiranti medici potranno iscriversi liberamente al corso di laurea senza passare per un test di ingresso. Negli ultimi anni il test di settembre aveva già perso parte del suo peso, poiché gli studenti avevano più prove a disposizione a partire dal quarto anno di liceo. Nessun numero chiuso iniziale, eppure non tutte le matricole andranno avanti. Infatti, sarà necessario superare i test di tre discipline caratterizzanti nel corso dell’autunno: chimica, fisica e biologia. Ebbene, non ci sarà la matematica.

Torniamo alla nuova modalità. Nessun test di ingresso ma esami obbligatori da sostenere. Le matricole, o aspiranti tali, potranno iscriversi al corso di laurea in medicina e seguire dal 1° settembre al 30 novembre le lezioni di chimica, fisica e biologia. A seguito delle lezioni ci saranno degli esami, forse in forma di test, da superare. Chi li supera procede nel corso di laurea in medicina; chi non riesce, dopo un certo numero di appelli, dovrà lasciare medicina e continuare con un corso di laurea affine (biologia, farmacia e altri) scelto in fase di iscrizione. In un certo senso, il test, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra.

Al di là dei dubbi sull’efficacia di questa misura, che capiremo nel tempo, c’è qualche dubbio sulle discipline caratterizzanti. O, almeno, sull’assente: la matematica. E non lo si fa in questa rubrica per onor di patria, ma per un ragionamento più ampio.

Siamo nel periodo storico della Rivoluzione Intelligenza Artificiale, per citare il libro del fisico-matematico Pierluigi Contucci. E questa rivoluzione riguarderà, volenti o nolenti, anche i medici, o, almeno, i futuri medici, e quindi le matricole di questo primo anno senza numero chiuso. Tra intelligenza artificiale, big data e robotica, solo per dirne alcune, i futuri medici potranno formarsi senza una adeguata formazione matematica?

Facciamo qualche considerazione prima di rispondere.  È noto l’uso di intelligenza artificiale e machine learning per assistere un medico durante la diagnosi di una patologia, così da vedere segnali, altrimenti invisibili al solo occhio umano. L’intelligenza artificiale ha dimostrato in alcuni casi capacità diagnostiche paragonabili, se non superiori, a quelle dei medici non esperti. Così come l’uso dell’IA nelle pratiche cliniche: l’IA supera i medici su scenari clinici simulati, sfruttando relazioni causali modellate matematicamente.

Si tratta di tecnologie, se così vogliamo chiamarle, a forte base matematica e con la matematica a supporto nel loro uso e sviluppo: algebra lineare per gestire immagini mediche, statistica per interpretare i dati clinici, e analisi numerica per addestrare modelli predittivi. Per questo una base matematica, nemmeno chissà quanto ampia, può essere di aiuto e supporto per non cadere in trappola di strumenti che faranno sempre più parte delle professioni di domani, tra cui i medici.

Non è certo colpa delle riforme sull’accesso. Non erano due domande di matematica al test di ingresso a salvare la situazione. E nemmeno un esame di statistica previsto nel corso di laurea. Tuttavia, dagli ultimi accadimenti continua a mancare la sensibilità sull’importanza delle conoscenze matematiche (anche) per i medici. E, per ora, nemmeno la rivoluzione intelligenza artificiale è riuscita a cambiare le cose: la matematica resta fuori dalla porta di medicina, anche quando quella porta si apre senza test d’ingresso.

 

 

Marco Menale

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