Fu Volterra a proporre, in un articolo del 1926, uno dei primi modelli matematici per l’ecologia, quello che ora è noto come modello preda-predatore di Lotka-Volterra. Per questo articolo Volterra è considerato da molti il fondatore dell’ecologia matematica.
Nel corso del Novecento l’uso dei modelli matematici, che si era già rivelato così utile in fisica e ingegneria, è stato introdotto, talvolta con difficoltà non trascurabili, anche in discipline tradizionalmente considerate poco adatte ad un simile approccio, quali l’economia, la sociologia, la biologia. Questo era stato peraltro auspicato proprio all’inizio del XX secolo dal matematico italiano Vito Volterra (1860-1940) nel suo discorso inaugurale per l’anno accademico 1901-1902 dell’Università di Roma, con le seguenti parole: “Il matematico si trova in possesso di uno strumento mirabile e prezioso, creato dagli sforzi accumulati per lungo andare di secoli dagli ingegni più acuti e dalle menti più sublimi che siano mai vissute. Egli ha, per così dire, la chiave che può aprire il varco a molti oscuri misteri dell’universo, ed un mezzo per riassumere in pochi simboli una sintesi che abbraccia e collega vasti e disparati risultati di scienze diverse. (…) Ma è intorno a quelle scienze nelle quali le matematiche solo da poco tempo hanno tentato d’introdursi, le scienze biologiche e sociali, che è più intensa la curiosità, giacché è forte il desiderio di assicurarsi se i metodi classici, i quali hanno dato così grandi risultati nelle scienze meccanico-fisiche, sono suscettibili di essere trasportati con pari successo nei nuovi ed inesplorati campi che si dischiudono loro dinanzi.”
E in effetti, oltre a predicare bene, Volterra razzolò anche bene, in quanto fu proprio lui a proporre, in un articolo del 1926, uno dei primi modelli matematici per l’ecologia, quello che ora è noto come modello preda-predatore di Lotka-Volterra. Per questo articolo Volterra è considerato da molti il fondatore dell’ecologia matematica.
In realtà Volterra cominciò ad occuparsi attivamente di problemi di ecologia subito dopo la prima guerra mondiale, stimolato da una “questione di famiglia”. Infatti il biologo Umberto D’Ancona, genero di Volterra, stava studiando le fluttuazioni periodiche osservate nelle popolazioni di alcuni pesci dell’Adriatico, fenomeno che i biologi del tempo cercavano, senza successo, di mettere in relazione con i mutamenti periodici di fattori esterni, come i cambiamenti climatici stagionali, o l’attività di pesca o la quantità di nutrienti immessi in mare. E fu così che Volterra disse alla figlia “non preoccuparti, aiuterò io tuo marito, ho una certa esperienza in fatto di sistemi oscillanti e posso spiegare con un semplice modello matematico come un sistema possa oscillare endogenamente, cioè senza interventi dall’esterno”.
E fu così che Volterra, seguendo un tipico approccio da fisico matematico, considerò un sistema ideale formato da popolazioni di prede e predatori uniformemente distribuite nello stesso territorio, e ipotizzò che ad ogni istante lo stato del sistema potesse essere descritto mediante i valori di due sole variabili, chiamate ad esempio X e Y (dette variabili di stato) che rappresentano rispettivamente le densità di prede e di predatori. Supposto che X(t) e Y(t) siano funzioni del tempo, e detti (t) e i rispettivi tassi di variazione (ovvero le derivate rispetto al tempo) il modello di Volterra può essere scritto come:
= X(r – sX – bY)
= Y(- e + cX)
dove r, s, b, c, e sono costanti positive. Per spiegare il significato di queste equazioni differenziali, che descrivono la legge con cui evolvono nel tempo le due popolazioni interagenti, consideriamo dapprima ciascuna specie come se fosse da sola nel territorio, cioè senza interazioni.
Supponiamo che sia Y = 0, cioè che non ci siano predatori. La dinamica della specie preda sarebbe allora governata da una legge molto semplice: in ogni periodo di tempo la variazione di prede è data dalla differenza fra le nascite e le morti in quel periodo. Se denotiamo rispettivamente con r e m i coefficienti di natalità e mortalità per unità di popolazione la legge di evoluzione diventa:
= (r – m)X
In altre parole, per le prede si assume che si possano nutrire dall’ambiente in cui vivono e quindi si possano riprodurre con un tasso di crescita rX (la crescita per unità di popolazione moltiplicata per la popolazione stessa). Analogamente si assume una mortalità mX.
Se r e m sono costanti e r > m allora si ottiene una crescita illimitata, addirittura esponenziale: più sono e più crescono, più crescono e più sono. Ma una simile crescita illimitata non può realizzarsi in un ambiente finito, un modello del genere può eventualmente approssimare la crescita iniziale di una popolazione, finché c’è abbondanza di risorse per tutti, ma quando la popolazione supera certi valori occorre considerare un modello più generale, in cui il coefficiente di mortalità m non sia più costante ma proporzionale alla densità X, ovvero m = sX, in quanto al crescere della densità della popolazione ci sarà maggiore mortalità a causa della mancanza di cibo o di spazio vitale. In questo modo l’equazione che descrive l’andamento nel tempo della popolazione delle prede diventa quella che in biologia è nota come equazione di crescita logistica:
= (r – sX)X
che prevede che la popolazione si assesti su un valore di equilibrio naturale, detto capacità portante.
Diciamo che la popolazione si trova in condizioni di equilibrio quando il suo valore non varia nel tempo, cioè = 0. Questo si verifica per in corrispondenza degli zeri del secondo membro, = 0 e = r/s.
Un punto di equilibrio si dice stabile se quando il sistema viene spostato leggermente da esso vi ritorna spontaneamente; instabile se invece se ne allontana ulteriormente.
Dal segno della funzione a secondo membro si ricavano informazioni sulla stabilità degli equilibri: dalla figura 1 risulta evidente che quando X si trova sul valore di equilibrio in 0 un leggero incremento di popolazione sarà seguito da un ulteriore incremento, essendo la derivata positiva in un intorno destro . Invece vicino a il sistema risponde come se fosse soggetto ad una forza di richiamo verso il punto di equilibrio stesso, poiché la derivata è positiva (funzione crescente) in un intorno sinistro e negativa (funzione decrescente) in un intorno destro dell’equilibrio. In questo caso si dice che il punto è stabile, ed è considerato l’equilibrio “naturale” di quella popolazione, detto anche “capacità portante”, indicata in figura con la lettera K. Queste informazioni possono essere rappresentate riportando sull’asse delle X i punti di equilibrio e disegnando negli altri punti delle frecce che indicano l’evoluzione di X(t) , il cui verso è deducibile dal segno della derivata temporale (il grafico così ottenuto è detto diagramma di fase, fig.1 a sinistra). L’andamento della funzione X(t) è riportato nella parte destra della fig. 1, considerando due diverse condizioni di partenza, una minore e una maggiore della capacità portante.
Fig. 1
Passiamo ora ai predatori, per i quali Volterra ipotizzò che, in assenza di prede, avessero una mortalità maggiore della natalità a causa della mancanza di cibo (quest’ultima ipotesi esclude l’eventualità che ci siano altre forme di cibo per il predatore oltre alla preda considerata nel modello). Questo è il significato del termine negativo -eY nell’equazione del predatore, e la legge
= – eY
ottenuta in assenza di interazione con le prede, porta a un decadimento esponenziale, e di conseguenza a una rapida estinzione, della popolazione dei predatori.
Infine, per rappresentare matematicamente le interazioni fra le due specie, Volterra pensò a popolazioni di individui erranti nello spazio in maniera del tutto casuale, in modo che il numero di incontri fra prede e predatori nell’unità di tempo fosse proporzionale al prodotto delle rispettive densità di popolazione, e ad ogni incontro postulò una probabilità costante che il predatore uccida la preda. Quindi l’equazione che descrive la crescita della densità di prede contiene anche un termine negativo proporzionale al prodotto fra le due densità, il quale esprime la diminuzione nel numero di prede in seguito agli incontri con i predatori. Invece l’equazione dei predatori contiene un termine positivo, proporzionale al prodotto delle densità, che esprime il fatto che il predatore trae beneficio dagli incontri con le prede in quanto attraverso la nutrizione ricava l’energia che gli permette di riprodursi.
Queste ipotesi stanno alla base del modello preda-predatore proposto da Volterra, spesso denotato come modello di Lotka-Volterra in quanto le stesse equazioni furono usate indipendentemente, negli stessi anni, anche dal demografo austriaco Alfred J. Lotka per descrivere delle reazioni chimiche oscillanti. Questo fatto non deve stupire, in quanto le ipotesi delle popolazioni erranti e degli incontri casuali che stanno alla base del modello ecologico di Volterra sono molto simili a quelle che si fanno in cinetica chimica per descrivere la rapidità con cui le molecole reagiscono in base al meccanismo degli urti molecolari nella teoria cinetica dei gas.
Dallo studio di queste equazioni si ottiene che entrambe le popolazioni presentano un comportamento oscillatorio al trascorrere del tempo, proprio come nelle popolazioni ittiche dell’Adriatico osservate da Umberto D’Ancona. Il motivo si può spiegare in modo abbastanza intuitivo. Supponiamo infatti che ad un certo istante ci siano poche prede e molti predatori. Ciò provocherà una diminuzione del numero di predatori per scarsità di cibo. Questo fatto darà respiro alle prede che cominceranno a riprodursi quasi indisturbate accrescendo così la propria popolazione. In seguito a ciò i predatori si troveranno con una grande abbondanza di cibo e potranno crescere di numero, ma tale aumento porterà ad una decimazione di prede ricominciando così il ciclo.
Anche nel caso di modelli in due variabili risulta conveniente introdurre una terminologia geometrica. Interpretando i valori delle variabili di stato come coordinate sugli assi di un piano cartesiano è possibile rappresentare lo stato in cui si trova il sistema come un punto. Al trascorrere del tempo le densità delle specie considerate generalmente cambiano, e quindi il punto rappresentativo del sistema, detto anche “punto fase” con un termine mutuato dalla meccanica, descrive una traiettoria (curva di fase). Volterra dapprima considerò, per semplicità, il modello che si ottiene con m costante (minore di r) ottenendo delle traiettorie rappresentate da curve chiuse, come in fig.2. Dire che il punto-fase nel piano XY percorre periodicamente una traiettoria chiusa equivale a dire che ciascuna variabile oscilla al variare del tempo, come mostrato nella parte di destra della stessa figura 2. Come anticipato in modo intuitivo, le popolazioni di prede e predatori che presentano ciascuna alti e bassi che si alternano periodicamente al trascorrere del tempo. E il tutto avviene endogenamente, cioè senza alcun intervento dall’esterno. In altre parole, un sistema può oscillare da solo, senza che nessuno lo scuota. Si chiamano anche, con un termine molto esplicativo, oscillazioni autosostenute.
Fig. 2
Queste soluzioni del modello sono molto simili ai grafici ottenuti dai biologi che registrano gli andamenti di popolazioni reali di prede e predatori che convivono nello stesso territorio. Famoso è il grafico sperimentale riportato in figura 3, che descrive l’andamento nel tempo del numero di individui delle popolazioni della lepre e della lince canadese, un grafico costruito dallo studioso canadese da Mac Lulich nel 1937 analizzando il numero delle pelli acquistate dalla Compagnia della Baia di Hudson negli anni precedenti. La somiglianza (sebbene solo qualitativa) con le curve del semplice modello di Volterra è abbastanza evidente. E speriamo, per la quiete in famiglia, che questo tipo di soluzioni abbia anche accontentato il genero di Volterra, che in effetti diventò un convinto sostenitore dell’uso dei modelli matematici in ecologia.
Fig. 3
Le oscillazioni osservate sono via via più ampie mano a mano che si considerano punti più lontani dal punto di equilibrio E, definito come quel punto in cui entrambe le derivate sono nulle: se il sistema si trova lì ad un certo istante, le popolazioni rimarranno le stesse in seguito, in perfetto equilibrio (essendo in quel punto nulli i tassi di variazione sia delle prede che dei predatori). Ma appena i valori delle popolazioni vengono modificati rispetto ai valori di equilibrio si creano traiettorie caratterizzate da oscillazioni. E’ allora interessante studiare cosa succede se consideriamo varie traiettorie, ottenute partendo da diverse condizioni iniziali, come in fig. 4. Le orbite percorse dal punto fase sono sempre più grandi, cioè descrivono oscillazioni sempre più ampie di entrambe le popolazioni, mano a mano che lo stato iniziale viene preso più lontano dal punto di equilibrio E. Questo punto rappresenta una particolare traiettoria, caratterizzata dal fatto che le variabili di stato restano costanti nel tempo. Ma in un ecosistema reale ci sono continue perturbazioni, dovute a fattori non considerati nel modello, che modificano i valori delle variabili, e allora è di fondamentale importanza studiare la stabilità dei punti di equilibrio.
Fig. 4
Se in un sistema che si trova in equilibrio vengono leggermente modificati i valori di una o più variabili di stato, cioè si porta il punto fase a una certa distanza dal punto di equilibrio, si possono osservare diverse evoluzioni: può accadere che lo stato del sistema ritorni spontaneamente all’equilibrio originario, oppure che la distanza del punto fase dal punto di equilibrio, sebbene piccola inizialmente, tenda ad aumentare allontanando definitivamente il sistema dallo stato originario. Nel primo caso si dice che il punto fisso è stabile, o attrattore, nel secondo caso è detto instabile. Al confine fra i due c’è il caso della stabilità marginale in cui ogni volta che il punto fase viene spostato dall’equilibrio va a finire su una nuova traiettoria senza avvicinarsi né allontanarsi ulteriormente. Questo è proprio il caso del modello di Lotka-Volterra con mortalità costante della preda.
Se invece si considera la crescita logistica per la specie preda, cioè sotto l’ipotesi più realistica di un coefficiente di mortalità proporzionale alla densità delle prede, otteniamo traiettorie come quelle riportate in fig. 5, il cui andamento nel tempo è rappresentato da oscillazioni di ampiezza decrescente che convergono nel lungo periodo all’equilibrio stabile. E’ evidente che se il punto fase viene allontanato di poco dal punto di equilibrio, vi farà ritorno dopo aver effettuato poche oscillazioni di piccola ampiezza (la parte più interna della traiettoria a spirale di fig. 5). Se invece una perturbazione esterna lo allontana molto dall’equilibrio il sistema vi ritornerà dopo molte convoluzioni a spirale, ovvero oscillazioni inizialmente molto ampie e poi di ampiezza via via minore fino a tornare all’equilibrio dopo aver mostrato molti alti e bassi, sebbene sempre meno pronunciati. In altre parole, in entrambe le situazioni presentate, quella di fig. 4 con le traiettorie chiuse e quella di fig. 5 con le traiettorie a spirale, ogni volta che lo stato del sistema preda-predatore viene allontanato dal suo equilibrio naturale si osservano delle oscillazioni, di ampiezza maggiore se lo spostamento iniziale è maggiore.
Fig. 5
Sulla base di questo lavoro teorico si è cercato di ottenere dei modelli per la risoluzione di problemi di ecologia pratica. Infatti, come i modelli astratti e generali della fisica costituiscono il fondamento per i modelli applicativi usati in ingegneria, così i modelli teorici dell’ecologia matematica possono costituire il punto di partenza per lo studio di problemi concreti.
Un problema classico dell’ecologia è quello del controllo biologico di una popolazione di insetti nocivi, che può essere ottenuto mediante l’introduzione nello stesso ambiente di un predatore naturale dell’insetto in questione. Il metodo ha successo se il sistema preda-predatore che si viene a costituire ha un equilibrio stabile caratterizzato da una bassa densità di prede.
In altre parole, la lotta biologica è una tecnica che sfrutta i rapporti di antagonismo fra gli organismi viventi per contenere le popolazioni di quelli dannosi, e si applica sempre più spesso in campo agroalimentare per la difesa delle colture. Ad esempio, come si legge qui:
per la lotta biologica ad insetti nocivi come gli afidi si possono introdurre dei predatori degli afidi, come le comuni coccinelle. Ma nella stessa pagina si legge anche “eliminate dalle abitudini vostre o del giardiniere il ricorso selvaggio a diserbanti e veleni chimici. L’uso di queste sostanze può rivelarsi anche controproducente”.
L’uso di modelli matematici permette di capire come l’uso di insetticidi, uccidendo sia prede che predatori, porta il punto fase del sistema lontano dal punto di equilibrio facendo così iniziare un periodo di ampie oscillazioni (caratteristiche dei sistemi preda-predatore) con periodiche esplosioni nella popolazione di insetti nocivi. E’ intuitivo capire che l’insetticida può uccidere anche i predatori, provocando quindi una condizione che porterà a una successiva esplosione nel numero di prede nocive. In tal caso l’introduzione di nuovi predatori farà assestare il sistema riportandolo in una situazione di equilibrio, o quasi equilibrio con piccole oscillazioni intorno ad esso, dove si ha una densità minore di insetti nocivi. Infatti, finché il punto fase del sistema si trova vicino all’equilibrio non si hanno grosse fluttuazioni nelle popolazioni. Se però la densità della preda venisse a trovarsi, per qualsiasi motivo, a valori tropo bassi i predatori morirebbero di fame creando le premesse per un’esplosione successiva di insetti nocivi. Si giunge così ad una conclusione inaspettata: per stabilizzare il sistema in tali circostanze è conveniente aggiungere una certa quantità di insetti nocivi avvicinando così il sistema al suo punto di equilibrio ed evitando quindi il pericolo di ampie oscillazioni.
Mostrare l’esistenza di simili comportamenti controintuitivi degli ecosistemi è uno dei compiti dell’ecologia matematica.
Università di Urbino “Carlo Bo”