In occasione della Giornata internazionale della donna, facciamo il punto sui rapporti dell’altra metà del cielo con la matematica, fra stereotipi e verità scientifiche…
Caccioppoli (Carlo Cecchi) rende omaggio, a modo suo, alle capacità di una sua studentessa (da “Morte di un matematico napoletano”, di M. Martone, 1992)
«Il cervello delle donne è intrinsecamente inadatto alla scienza». Onde non inimicarmi in partenza una buona fetta delle lettrici (ma forse anche dei lettori) del nostro sito, chiarisco subito che il pensiero ora riportato non è farina del mio sacco, ma è stato espresso qualche tempo fa da Lawrence Summers, già Ministro del Tesoro di Bill Clinton e, cosa forse peggiore, Rettore di Harvard. Non bastò il fatto che la frase fosse stata pronunciata in un convegno a porte chiuse a Boston a salvarlo: l’anno era il 2005, e non il 1005, e Summers fu sommerso dalle critiche, provenienti non solo dal mondo femminista, e costretto a lasciare Harvard l’anno dopo. Durante il suo mandato (invero con mirabile coerenza) i lavori offerti dall’università alle donne erano calati dal 36% al 13% e le assunzioni femminili furono solo 4 su 32. L’infelice sortita di Summers, personaggio brusco e dalle maniere autoritarie, è sintomatico della pervasività, non solo in ambito accademico, del pregiudizio che riguarda la presunta inferiorità delle donne in fatto di matematica e scienze.
Se da anni i ricercatori hanno dimostrato che il cervello femminile e quello maschile presentano differenze oggettive, neurologiche e ormonali (nelle donne, pur considerando le proporzioni ridotte della massa corporea, l’ organo ha in media dimensioni inferiori del 10 per cento ma la quantità di materia grigia è più alta, ad esempio) i problemi saltano fuori quando si tentano di stabilire le loro conseguenze pratiche.
Restiamo alla scienza. Maschietti e femminucce, durante l’infanzia, manifestano un’affinità sorprendente nell’apprendimento di nuovi compiti di vario genere. Elizabeth Spelke, professoressa di Psicologia (proprio) a Harvard, studia lo sviluppo delle capacità spaziali, numeriche e quantitative nei bambini dai 5 mesi ai 7 anni. Con l’ adolescenza, secondo i suoi studi[1], nei piccoli iniziano ad apparire differenze di atteggiamento in base al sesso, chiare ad esempio nei punteggi totalizzati in certi test matematici standardizzati. Però, nessuno dei due sessi riesce a strappare all’altro il monopolio dell’abilità matematica, e pare che sia il condizionamento culturale, non quindi i cromosomi, a generare le differenze nel rendimento di ragazzi e ragazze.
A proposito di condizionamento culturale, sempre dagli Stati Uniti, arriva dalla rivista scientifica «Proceedings of the National Academy of Sciences» uno studio[2] che potrete impugnare per difendere la vostra bambina un po’ zoppicante in matematica: è tutta colpa dell’ansia della maestra. Le insegnanti della scuola elementare – in apprensione circa le proprie abilità in matematica – trasmetterebbero infatti la loro stessa ansia alle studentesse, rinforzando lo stereotipo che sostiene la superiorità maschile su quella femminile nella scienza dei numeri.
Sian L. Beilock e un gruppo di colleghi dell’Università di Chicago hanno preso in esame 52 ragazzini e 65 bambine di un distretto del Midwest, complessivamente istruiti da 17 differenti maestre (negli Stati Uniti il 90 per cento degli insegnanti elementari sono di sesso femminile). L’ansia da matematica nelle insegnanti è stata misurata attraverso un questionario di 25 domande. L’attitudine degli alunni nei confronti dei numeri è stata invece testata nel primo trimestre di scuola e nuovamente nell’ultimo bimestre dell’anno. Più la maestra si è dimostrata crucciata per le proprie capacità e più le alunne – ma non i maschi – si sono rivelate inclini ad affermare che «i ragazzi sono bravi in matematica e le ragazze lo sono nella lettura». E, fatto cruciale, le studentesse che hanno risposto così ai ricercatori, hanno conseguito risultati più scarsi nei test di matematica rispetto agli alunni (bambine e bambini) che non hanno sviluppato una convinzione nello stereotipo.
Quindi, maestre care, attente a non far trapelare le vostre incertezze matematiche. Fatevi coraggio, e soprattutto fate coraggio ai vostri studenti. Ci sono infatti esperimenti che mostrano come un identico gruppo di studenti ottenga valutazioni migliori se il docente pensa che si tratti di ragazzi superdotati, piuttosto che di studenti «problematici». Ancora una volta, non fate mai pensare alle ragazze che la matematica sarà un problema e che comunque da loro non ci si aspetta granché. Uno studio realizzato nel 2006 dall’Università della British Columbia[3] ha infatti mostrato che, sottoponendo un test matematico a un gruppo di studentesse dopo aver fatto leggere loro una ricerca su una presunta incapacità genetica delle donne di apprendere la materia, i risultati sono stati peggiori di quelli ottenuti da un gruppo di ragazze di preparazione analoga che però avevano letto un testo critico sui pregiudizi nei confronti delle donne che studiano matematica.
Uno studio[4] del 2008 comparso su «Science» sfatava questo pregiudizio e dichiarava la bravura delle donne in matematica dipendente dal loro livello di emancipazione nella società. Dove le donne sono meno considerate nella società, la distanza tra i due sessi sulle materie scientifiche si allarga. E infatti mentre in Islanda il gap si è ribaltato a favore delle donne, e Svezia, Norvegia e Finlandia lo stanno per azzerare; l´Italia è in fondo alla classifica, al pari di Giappone e Grecia, e solo poco sopra la Corea e la Turchia. Lo studio è opera di quattro economisti italiani (equamente divisi fra maschi e femmine, ça va sans dire), Luigi Guiso dell´Università europea di Firenze, Ferdinando Ponte, dell´Università di Chicago, Paola Sapienza dell´Università del Northwestern e, infine, Luigi Zingales della School of Business di Chicago, che hanno guardato innanzitutto alle performance.
L’analisi è partita dall’indice Pisa (Programme for International Student Assessment), l’indagine periodica tra i 30 paesi dell’Ocse e un gruppo di altri 11 che mira a valutare la capacità cognitiva degli studenti quindicenni in matematica e nelle materie letterarie. In genere nella prima primeggiano i maschi e nelle seconde le femmine. L’Italia si colloca in entrambe le classifiche agli ultimi posti. E va molto male nella graduatoria che registra il gap tra maschi e femmine in matematica: siamo al 36º posto su 40 paesi.
I quattro economisti hanno messo in correlazione il gap tra maschi e femmine nelle materie scientifiche con un altro indice, utilizzato anche dal World Economic Forum, che segnala il livello di emancipazione delle donne: il «Gender gap index» (Ggi) che tiene conto di diverse variabili, dalla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla loro presenza in politica e nei luoghi di comando, e così via. Alla fine è emerso che dove l’indice di emancipazione è più basso è anche più marcata la distanza tra maschi e femmine sulle materie scientifiche e viceversa.
Insomma a volte è anche la società che rema contro la parità fra uomini e donne in matematica. Molti ricorderanno l’articolo[5] uscito sulla rivista «Nature», nel 1997, firmato da due ricercatrici svedesi, che dimostrava che per ottenere promozioni pari a quelle di un ricercatore, una donna (almeno in Svezia) doveva essere 2,6 volte più brava. A questo dato va aggiunto che anche lo stipendio percepito da una donna, a parità di posizione, è internazionalmente molto più basso rispetto a quello degli uomini. Più brava e meno pagata, un destino tutt’altro che roseo…
di Stefano Pisani
Riferimenti
1. Spelke E., (2005), “Sex Differences in Intrinsic Aptitude for Mathematics and Science?” American Psychologist, December, 60(9): 950-958.
2. Beilock S.L., Gunderson E.A., Ramirez G., Levine S., (2010), “ Female teachers’ math anxiety affects girls’ math achievement”,Proceedings of the National Academy of Sciences
3. Dar-Nimrod I., Heine S., (2006), “Exposure to Scientific Theories Affects Women’s Math Performance” Science, 314(5798): 435
4. Guiso, L., Monte F., Sapienza P., Zingales L., (2008), “Culture, Gender, and Math.” Science, 320(5880): 1164-1165
5. Wennerås C., Wold, A., (1997), “Nepotism and sexism in peer-review” Nature, 387: 341-343
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