Alessandro Zaccagnini ci propone un suo “Dialogo sui numeri primi”, un esercizio di stile in cui cercherà di parlare dei numeri primi in modo interessante senza usare formule, o quasi. Nel dialogo, che qui presentiamo a puntate, o meglio “giornate”, troveremo tre personaggi presi a prestito da Galileo: Salviati, che è un copernicano (un teorico dei numeri analitico), Sagredo, che è un patrizio (un matematico di un altro settore), e Simplicio, che è un tolemaico (un dilettante). Questa è la Giornata ottava, nella quale si discutono i problemi aperti sui numeri primi. Tutte le puntate le trovate sempre a questo link.
Giornata ottava, nella quale si discutono i problemi aperti sui numeri primi
Mattina
Sagredo. La teoria dei numeri, e specialmente quella dei numeri primi, è piena di congetture e problemi aperti, alcuni dei quali sono cosí famosi da aver raggiunto il grande pubblico. Ieri abbiamo discusso della congettura di Riemann, che è piuttosto complicata da spiegare ai profani, se vogliamo dire cosí, ma Salviati ci ha provato.
Salviati. Oggi parleremo di congetture apparentemente molto piú semplici, perché si possono esprimere usando solo concetti abbastanza elementari. Ho deciso di concentrarmi sui quattro problemi presentati da Edmund Landau nel 1912, ma i problemi aperti sono molto numerosi, come tutti sanno e come hai appena ricordato.
Simplicio. Quali sono i problemi di Landau?
Salviati. I primi due sono simili fra loro e sono tra i piú noti problemi aperti della mia disciplina: il problema binario di Goldbach e quello dei primi gemelli.
[Simplicio sorride fra sé e sé]
Sagredo. Li ho sentiti nominare anche io. Vuoi ricordarli con precisione, per favore?
Salviati. Goldbach è partito dall’osservazione empirica che per ogni numero pari “piccolo” da 4 in avanti si riescono a trovare due numeri primi la cui somma è proprio il numero pari da cui siamo partiti. Per esempio, \(40 = 3 + 37\), ma anche \(11 + 29\) o \(17 + 23\).
Sagredo. Sembra una cosa semplice da dimostrare in generale.
Salviati. Niente affatto, purtroppo!
Simplicio. Salviati, cosa intendi quando parli di numeri pari piccoli?
Salviati. Credo che Goldbach abbia verificato questa affermazione fino a qualche centinaio e poi l’ha comunicata ad Eulero in una lettera nel 1742.
Sagredo. E i primi gemelli?
Salviati. Se esamini una lista di numeri primi, ti accorgi che compaiono molte coppie di numeri dispari consecutivi che sono entrambi primi come 17 e 19.
Sagredo. Anche questa sembra una cosa facile da dimostrare, ma ti risparmio la fatica di rispondermi …
Salviati. [Ironicamente.] Grazie tante, molto obbligato. Piú in generale, se scegli un qualsiasi numero pari, poniamo 10, ti accorgi che esistono tante coppie di numeri primi la cui differenza è 10. Per esempio 31 e 41, 61 e 71, e tante altre.
Sagredo. Va bene anche se ci sono altri numeri primi intermedi, come 37 fra 31 e 41?
Salviati. Sí, l’evidenza empirica conferma che sono molto numerosi i numeri primi \(p\) tali che anche \(p + 10\) è un numero primo, e restano sostanzialmente tali anche se contiamo solo i numeri primi \(p\) per cui \(p + 10\) è proprio il successivo numero primo. Non cambia molto.
Sagredo. Immagino che il numero 10 non sia speciale, o no?
Salviati. No, naturalmente no. La congettura è che se scegli un numero positivo pari \(k\) esistono infinite coppie di numeri primi la cui differenza è proprio \(k\).
Simplicio. Ma non è ovvio? Se prendo due numeri primi, la loro differenza è un numero pari, tranne quando il piú piccolo dei due è proprio 2.
Salviati. La domanda è un’altra, proprio il contrario di quello che dici tu: io scelgo un dato numero pari, per esempio 10, e tu devi trovare infinite coppie di numeri primi che differiscono proprio per 10.
Simplicio. E non è importante se ci sono dei numeri primi intermedi? Non ho capito perché no.
Salviati. No, non è importante perché, tanto per fare un esempio, sappiamo per certo che le terne di numeri primi \(p\), \(p + 4\) e \(p + 10\) sono rare, mentre ci aspettiamo che le coppie \(p\), \(p + 10\) siano ben piú numerose, anche se non lo sappiamo ancora dimostrare.
Simplicio. E perché?
Salviati. Perché nel caso della “terna” hai un vincolo in piú, e a causa di questo vincolo supplementare sappiamo che il numero delle terne è relativamente piccolo.
Simplicio. Non capisco perché dici due cose diverse che mi sembrano contraddittorie: “sappiamo per certo” e “ci aspettiamo.”
Salviati. La contraddizione è solo apparente. Il matematico norvegese Viggo Brun, di cui parlerò di nuovo piú tardi, ha escogitato un metodo per dare delle limitazioni per queste quantità ed ha scoperto che è relativamente semplice dare buone stime dall’alto e invece è molto difficile dare buone stime dal basso.
Simplicio. Puoi spiegarti meglio?
Salviati. Ci proverò. Anche limitandoci ai soli numeri primi, se usiamo il principio di inclusione-esclusione di cui abbiamo parlato qualche giorno fa è possibile dimostrare che non sono troppo numerosi; per esempio si può dimostrare che la percentuale dei numeri primi fino ad \(N\) tende a 0 quando \(N\) tende all’infinito.
Sagredo. Hai detto che non è una cosa semplice usando solo il principio di inclusione-esclusione.
Salviati. Infatti, non è semplice ma è possibile. È complicato dal punto di vista combinatorio, come abbiamo accennato; allo stesso modo si riesce a dimostrare che il numero dei primi gemelli fino ad un intero grande \(N\) non supera un multiplo del valore atteso.
Simplicio. Ti puoi spiegare meglio, per favore, Salviati?
Sagredo. Simplicio ha ragione: cosa intendi quando parli di valore atteso?
Salviati. Voglio dire che ci sono diverse argomentazioni euristiche che non solo giustificano la congettura che esistono infiniti primi gemelli, ma permettono addirittura di calcolare approssimativamente quanti sono, o meglio quanti si pensa che siano, fino ad un intero grande \(N\).
Sagredo. Ci troviamo un po’ nella situazione di Gauss e Legendre o sbaglio? Abbiamo una formula che non sappiamo dimostrare?
Salviati. Esatto! Questa è una cosa che puoi verificare empiricamente con il computer fino ad un certo intero moderatamente grande, e i “dati sperimentali” confermano entro limiti accettabili i valori forniti dalla formula che si trova per mezzo delle argomentazioni euristiche a cui facevo riferimento prima.
Simplicio. Cosa vuoi dire? Non capisco: che cos’è di preciso un’argomentazione euristica? Non è una dimostrazione?
Sagredo. Salviati vuol dire che ci sono delle pseudo-dimostrazioni, cioè delle dimostrazioni incomplete.
Salviati. In effetti è cosí. Ci sono delle argomentazioni incomplete che permettono di immaginare una formula approssimata per il numero di coppie di numeri primi gemelli che non superano un intero \(N\). Queste argomentazioni sono state messe alla prova con il computer e l’evidenza sperimentale conferma che la formula è piuttosto accurata, almeno fino a dove sono stati fatti i calcoli.
Simplicio. Non capisco cosa vuoi dire quando parli di dimostrazioni o argomentazioni incomplete.
Salviati. Voglio dire che ci sono dei passaggi in cui, consapevolmente, trascuri qualche parte del calcolo, ipotizzando che il termine che ti “dimentichi” sia piccolo. Il problema è che non sei veramente sicuro che le cose stiano proprio cosí e quindi non puoi chiamare dimostrazione questo tipo di argomentazione.
Sagredo. Però questo è normale in matematica: ci sono tante congetture che si basano proprio su dimostrazioni incomplete e tante volte si crea della nuova matematica proprio per rendere rigorose queste argomentazioni.
Salviati. Esattamente. La teoria dei numeri primi è stracolma di situazioni di questo genere.
Sagredo. Salviati, ci puoi spiegare come si fa a trovare una formula per il numero dei primi gemelli?
Salviati. Faccio una breve digressione: all’inizio del ventesimo secolo è stato inventato un procedimento generale per affrontare i problemi additivi, che si chiama “metodo del cerchio.” Questo metodo permette di trasformare problemi come quello di Goldbach o dei primi gemelli, cioè di natura aritmetica, in problemi di analisi complessa, ai quali si possono applicare tecniche come quelle che abbiamo ricordato parlando della dimostrazione del Teorema dei Numeri Primi.
Sagredo. Quindi integrazione complessa, calcolo dei residui, tutto quel macchinario lí. E si ottengono buoni risultati?
Salviati. Alcuni problemi sono stati completamente risolti, altri solo parzialmente, ma in ogni caso un sottoprodotto di questo strumento è una formula che “predice” il valore della quantità che cerchi. La vera difficoltà risiede nel tenere sotto controllo l’errore di approssimazione.
Simplicio. Puoi spiegarti meglio, Salviati? In che senso c’è un errore di approssimazione?
Salviati. Per esempio, nei giorni scorsi abbiamo parlato del fatto che la somma dei logaritmi dei numeri primi fino ad \(N\) è circa \(N\). Se ricordi, questa è una possibile forma del Teorema dei Numeri Primi.
Simplicio. Sí, certo che me lo ricordo. Ne abbiamo parlato quasi tutti i giorni.
Salviati. Ecco, il fatto è che nessuno conosce il valore esatto della differenza fra queste due quantità. In una delle argomentazioni euristiche a cui sto facendo riferimento si suppone che la differenza sia trascurabile; in questo senso la dimostrazione è incompleta, perché si basa su ipotesi non dimostrate.
Simplicio. Ci puoi dire che cosa è noto per certo?
Salviati. Volentieri. Il metodo del cerchio fornisce una formula ipotetica per il numero dei numeri primi gemelli fino ad \(N\), che dovrebbe essere dell’ordine di grandezza di \(N / \log^2(N)\).
Sagredo. Perché hai il quadrato del logaritmo?
Salviati. Perché hai due vincoli: per ogni numero primo che vuoi devi mettere un fattore logaritmico a denominatore. È una conseguenza praticamente immediata della teoria di Brun.
Sagredo. Quindi ti aspetti che le terne siano dell’ordine di \(N / \log^3(N)\)?
Salviati. Sicuramente non piú di questo.
Sagredo. Forse per questo prima hai detto una cosa che non avevo capito. Parlando delle coppie di numeri primi gemelli che distano esattamente 10, invece che 2, hai detto che quando li contiamo non è molto importante sapere se sono numeri primi consecutivi oppure no.
Salviati. Sí. Sulla base delle formule euristiche ci possiamo aspettare che il numero dei numeri primi \(p\) che non superano \(N\) per cui è primo anche \(p + 10\) sia dell’ordine di \(N / \log^2(N)\), e dal crivello di Brun segue che il numero dei numeri primi \(p\) che non superano \(N\) per cui anche \(p + 4\) e \(p + 10\) sono primi è dell’ordine di \(N / \log^3(N)\).
Sagredo. Quindi se \(p\) e \(p + 10\) sono entrambi primi, è comunque un evento raro che anche \(p + 4\) sia primo a sua volta.
Salviati. Relativamente raro, e sempre di piú tanto piú grande è \(N\).
Sagredo. Ora ho capito. Ci puoi dire qualcosa di piú su Brun?
Salviati. All’inizio del ventesimo secolo, Viggo Brun ha inventato un nuovo tipo di crivello per superare i problemi della formula di Legendre.
Simplicio. Un nuovo metodo per trovare numeri primi?
Salviati. È uno strumento teorico, piú che un algoritmo come il crivello di Eratostene. Usando questo nuovo crivello ha dimostrato che la somma dei reciproci dei numeri primi gemelli è finita.
Sagredo. E quindi che sono piú “rari” dei numeri primi stessi, visto che per questi ultimi la somma diverge.
Salviati. Esattamente: è una semplice conseguenza della stima di cui ho parlato qualche minuto fa, utilizzando la formula analoga all’integrazione per parti che è già comparsa nella nostra discussione. La teoria di Brun potrebbe essere nata, a quanto ne so, da un tentativo fallito di utilizzare la stessa idea di Eulero usata poi anche da Dirichlet: non ha funzionato ma ha generato la teoria moderna dei crivelli.
Sagredo. Come Keplero, che voleva dimostrare che i pianeti si muovono su orbite circolari e ha finito per scoprire che invece si muovono su orbite ellittiche.
Salviati. Proprio come dicevamo qualche giorno fa: quando cominci a fare ricerca, puoi anche avere in mente in che direzione vuoi andare e quale sia la meta, ma poi non si sa cosa arriverai a scoprire davvero.
Sagredo. Salviati, secondo te perché questi problemi sono cosí difficili?
Salviati. Perché entrano in conflitto le due strutture additiva e moltiplicativa degli interi: la loro interazione è piuttosto problematica. Comunque sono stati fatti molti progressi nell’ultimo secolo, anche se purtroppo non è ancora disponibile una dimostrazione.
Sagredo. Che tipo di progressi? C’è qualche risultato che ci puoi spiegare in modo semplice?
Salviati. Nel caso del problema di Goldbach immagina di suddividere i numeri pari in “regolari” ed “eccezionali.” I numeri pari regolari sono quelli che hanno la proprietà di Goldbach, come il numero 40 di cui abbiamo parlato all’inizio di questa giornata.
Sagredo. E quindi consideri eccezionali gli interi pari per i quali non è vera la congettura. In altre parole, un intero pari è eccezionale se non esistono due numeri primi la cui somma sia proprio questo intero pari. Giusto?
Salviati. Naturalmente. Al momento, l’unico intero eccezionale noto è 2 e non ce ne sono altri almeno fino a \(4 \cdot 10^{18}\). Il problema degli eventuali interi eccezionali è stato molto studiato nel corso di tutto il ventesimo secolo: recentemente János Pintz ha dimostrato che gli interi eccezionali fino ad \(N\) sono al massimo \(N^{2/3}\).
Sagredo. Quindi potrebbero essere infiniti, se capisco bene.
Salviati. Se ne conosce solo uno, ma potrebbero essere infiniti, a quanto sappiamo oggi. Onestamente, sarei molto sorpreso se qualcuno scoprisse il secondo numero eccezionale, figuriamoci infiniti.
Sagredo. Ma non c’è una dimostrazione del fatto che sono finiti.
Salviati. No, ad oggi non c’è.
Simplicio. Salviati, hai detto che i problemi di Landau sono quattro. E gli altri due?
Salviati. Il terzo problema di Landau riguarda l’esistenza di primi fra due quadrati perfetti consecutivi. Se si prova a guardare una tavola di numeri primi si nota che ci sono sempre parecchi numeri primi tra due quadrati perfetti consecutivi, ma per quanto possa apparire plausibile non se ne conosce ancora la dimostrazione.
[Sagredo e Simplicio prendono una tavola dei numeri primi e la esaminano attentamente]
Sagredo. In effetti è proprio come dici tu. Non solo ce ne sono, ma ce ne sono tanti.
Simplicio. E non ti basta questa evidenza empirica?
Salviati. No, non basta.
Sagredo. In matematica è sempre necessario dimostrare rigorosamente tutte le affermazioni che si fanno: è una delle regole del gioco. Salviati, come mai ci si fa questo tipo di domande?
Salviati. Sono interessanti tutti i problemi che riguardano la distribuzione dei primi. Ci appare molto regolare su larga scala, come dire se li guardiamo usiamo un telescopio, e invece molto irregolare su piccola scala, se usiamo un microscopio.
Simplicio. Cosa vuoi dire esattamente?
Salviati. La formula di Gauss permette di predire accuratamente quanti numeri primi ci sono in un intervallo di estremi \(N\) ed \(N + M\), almeno quando \(M\) non è troppo piccolo rispetto ad \(N\). In effetti, lo stesso Gauss ha congetturato la sua formula quando era adolescente e ha poi continuato ad accumulare evidenza empirica della sua ipotesi calcolando quanti numeri primi ci sono nelle “miriadi” successive.
Simplicio. Che cos’è una miriade?
Salviati. Gauss si divertiva a contare i numeri primi in intervalli di 10000 interi consecutivi, appunto una miriade di numeri interi. Esistono ancora gli appunti con i calcoli che ha fatto personalmente.
Sagredo. Un curioso passatempo per gli standard moderni. Certo, non c’era la televisione …
Salviati. Sagredo, cerchiamo di essere seri. Gauss parla di questa sua congettura in una lettera al suo amico astronomo Johann Franz Encke scritta nel 1849 e riferisce di averci pensato fin da quando era adolescente. La raccolta di dati è proseguita per decenni dopo che ha formulato la congettura, confermando la sua intuizione che la “densità” dei numeri primi decresce seguendo la legge logaritmica di cui abbiamo discusso in abbondanza.
Sagredo. Puoi spiegarti meglio? Gauss si è basato su dati numerici, non su argomentazioni euristiche?
Salviati. No, Gauss non fa riferimento a tentativi di dimostrazione o argomentazioni teoriche in sostegno.
Sagredo. E nonostante questo ha trovato una formula molto accurata, ci hai ricordato piú volte nelle nostre conversazioni dei giorni passati.
Salviati. Non per niente era Gauss. Sí, la formula congetturata da Gauss è molto accurata e permette di “predire” il numero dei numeri primi fino a \(10^{27}\) con un errore molto piccolo, compatibile con la Congettura di Riemann.
Simplicio. Come mai citi proprio \(10^{27}\)? Non è la prima volta che ne parli, se ricordo bene.
Salviati. Perché è l’intero piú grande per cui questa quantità sia nota con esattezza.
Sagredo. Questo piú o meno era chiaro.
Salviati. Bene! Se la congettura di Riemann è vera, è possibile usare la formula di Gauss per predire accuratamente il numero di numeri primi in intervalli come quelli che citavo prima, quando la lunghezza \(M\) è dell’ordine della radice quadrata di \(N\), o poco piú, per l’esattezza.
Sagredo. E che succede se \(M\) è piú piccolo?
Salviati. C’è una specie di transizione di fase, se posso prendere a prestito questa espressione, anche se non sappiamo con precisione dove. Se \(M\) è dell’ordine di una potenza di \(N\), anche piccola, non dovrebbe cambiare molto, ma se \(M\) è piccolissimo allora si entra in un regime diverso e fare congetture è molto difficile; se ci pensi, quando \(M = 2\) torniamo al problema dei primi gemelli.
Simplicio. In che senso, Salviati? Non riesco a capire perché!
Salviati. Se \(M = 2\) e ti chiedi quanti numeri primi ci sono nell’intervallo di estremi \(N\) ed \(N + 2\), vedi subito che la risposta può valere 0, come per esempio quando \(N = 20\); può valere \(1\) come quando \(N = 22\), e vale 2 se e solo se \(N\) ed \(N + 2\) sono entrambi numeri primi, e quindi sono primi gemelli.
Sagredo. Per la precisione ci sarebbe anche il caso in cui \(N = 2\).
Salviati. Sí, hai ragione. Avrei dovuto dire fin da subito che queste formule sono interessanti quando \(N\) è sufficientemente grande, perché quando è piccolo ci possono essere dei fenomeni transitori come questo.
Sagredo. Sí, in realtà era chiaro dal contesto che stiamo parlando di relazioni asintotiche.
Simplicio. Salviati, mi racconti anche l’ultimo problema di Landau?
Salviati. Volentieri. Anche questo, almeno apparentemente, è piuttosto semplice: è vero che il polinomio \(n^2 + 1\) assume un valore primo per infiniti numeri interi \(n\)?
[Simplicio prende un foglio di carta e una penna]
Simplicio. Aspetta, non dire altro. Fammi provare da solo.
[Simplicio fa qualche calcolo mentre Salviati e Sagredo aspettano pazientemente]
Simplicio. Ho provato a dare ad \(n\) i valori interi fra 1 e 10 e ho trovato che \(n^2 + 1\) è un numero primo quando \(n = 1\), 2, 4, 6, 10. Il valori che ho ottenuto sono 2, 5, 17, 37, 101.
Salviati. Benissimo. La domanda è questa: puoi estendere all’infinito la lista degli interi \(n\) con questa proprietà, oppure devi fermarti ad un certo punto perché non ce ne sono piú?
Simplicio. Sembra ragionevole dire che la lista è infinita.
Salviati. È molto ragionevole, ma non si sa dimostrare. Abbiamo una risposta completa solo per i polinomi di primo grado.
Sagredo. Cosa vuoi dire con risposta completa?
Salviati. Ricordi che abbiamo parlato del teorema di Dirichlet? Quello sui primi nelle progressioni?
Sagredo. Sí, certo, ci hai detto che per esempio ci sono infiniti numeri primi che terminano con 143, e che per quanto sembri incredibile la serie armonica fatta solo con questi è divergente.
Salviati. Possiamo esprimere la stessa cosa in modo meno preciso dicendo che i polinomi di primo grado come \(1000 n + 143\) assumono un valore primo per infiniti valori della variabile intera \(n\).
Sagredo. Ma non tutti i polinomi di primo grado hanno questa proprietà. Per esempio, \(1000 n + 5\) assume valore primo solo quando \(n = 0\).
Salviati. Infatti, è necessario fare attenzione a due cose. Ci aspettiamo che un polinomio a coefficienti interi assuma valore primo per infiniti valori diversi della variabile intera purché il polinomio sia irriducibile, cioè non si possa spezzare nel prodotto di altri due polinomi a coefficienti interi.
Sagredo. Come nel caso che ho appena citato, dove in effetti \(1000 n + 5\) è il prodotto di 5 e di \(200 n + 1\).
Salviati. O se prendiamo il polinomio \(n^2 – 1\), per dire, che si scompone in fattori di primo grado e dunque può avere valore primo solo in un numero finito di casi.
Simplicio. E qual è la seconda cosa?
Salviati. Il polinomio potrebbe essere irriducibile, come per esempio \(n^2 + n + 10\), ma i suoi valori potrebbero essere tutti divisibili per lo stesso numero primo.
[Simplicio prende un altro foglio di carta e fa dei calcoli]
Simplicio. In effetti, trovo solo numeri pari.
Salviati. Puoi anche verificare che questo polinomio ha due radici complesse coniugate e quindi non si spezza in fattori di primo grado a coefficienti interi.
Simplicio. Dammi solo un minuto.
[Simplicio fa altri calcoli]
Simplicio. Hai ragione: il polinomio che mi hai dato ha due radici complesse coniugate.
Sagredo. E quindi, per concludere, qual è esattamente la congettura?
Salviati. Prendiamo un polinomio a coefficienti interi che sia irriducibile sui numeri interi, cioè che non si spezzi nel prodotto di altri polinomi a coefficienti interi di grado piú basso, e che non abbia tutti i valori divisibili per lo stesso numero primo. Allora si congettura che questo polinomio assuma valori primi per infiniti valori della sua variabile intera.
Sagredo. Se ho ben capito, le condizioni che hai dato sono necessarie, e si congettura che siano anche sufficienti. Dico bene?
Simplicio. Mi spieghi meglio? Non sono sicuro di aver capito e la cosa mi sembra molto interessante.
Salviati. Sagredo ha detto con parole diverse le stesse cose che abbiamo detto prima. Se un polinomio si spezza in fattori di grado piú basso, oppure tutti i suoi valori sono divisibili per lo stesso numero primo, può assumere valore primo solo in un numero finito di casi.
Sagredo. In termini matematici, le condizioni date sono necessarie: se non sono verificate, non c’è speranza.
Salviati. Si congettura che siano anche sufficienti, cioè che bastino queste due condizioni affinché il polinomio dato abbia la proprietà richiesta di assumere valore primo per infiniti valori interi della sua variabile.
Sagredo. Bene, allora sembra che abbiamo finito il nostro esame dei problemi di Landau.
Salviati. Direi proprio di sí. Cos’hai preparato per il pranzo?
Simplicio. Aspetta un minuto, Salviati, io ho trovato una dimostrazione della congettura di Goldbach. Ho con me una bozza del mio articolo: potresti guardarlo per dirmi che ne pensi?
[Salviati e Sagredo si scambiano un’occhiata di intesa]
Salviati. Lo guardo per farti piacere, Simplicio, ma sappi che ne ho già esaminati una decina, prima del tuo, e non ho mai trovato la benché minima traccia di una vera dimostrazione.
Simplicio. Ma il mio articolo è diverso: nessuno al mondo può aver avuto la mia stessa idea. Su quale rivista di matematica posso pubblicarlo?
Sagredo. È molto presto per parlarne, Simplicio. Nel pomeriggio Salviati lo esaminerà e stasera prima di cena ci troveremo qui a discuterne.
[Simplicio dà a Salviati un malloppo di 40 pagine. Sagredo trattiene a stento le risate e rivolge a Salviati uno sguardo come a dire “Te la sei cercata.”]
Simplicio. E mi daranno un premio?
Salviati. Stai correndo troppo, Simplicio!
Sagredo. [Ridendo] Ora basta, Salviati. Primum manducare … Mi pare il momento giusto per proporvi una pausa. Dopo un pranzo molto leggero, a base di insalata caprese e macedonia di frutta, potremo esaminare il documento di Simplicio e poi riprendere la nostra discussione in serata.
[Sagredo ammicca a Salviati senza che Simplicio se ne accorga]
Salviati. [Ironicamente] Meglio stare leggeri, hai ragione. Ci aspetta un pomeriggio interessante ma faticoso. Prepariamoci un bel bricco di caffè nero!
Tardo pomeriggio
[Gli amici si ritrovano a sera, quando il sole è molto basso]
Simplicio. Allora, Salviati, ti è piaciuta la mia dimostrazione?
Sagredo. [A parte] È un pasticcio indigeribile!
Salviati. La tua non è una dimostrazione, Simplicio.
Simplicio. Ma come? Ma se funziona cosí bene!
Salviati. Ci sono obiezioni formali e sostanziali piuttosto importanti.
Sagredo. Lascio le obiezioni sostanziali a Salviati e ti spiego cosa non va dal punto di vista di un matematico come me che si occupa di un altro campo completamente diverso dai numeri primi.
[Sagredo sceglie un articolo dalle carte sul tavolino in fronte a loro e lo mostra a Simplicio. Per tutto il tempo di questa discussione, Salviati resta in disparte e sorseggia una bibita, come se la cosa non lo riguardasse minimamente]
Sagredo. Guarda, Simplicio, questo è un articolo recente sui problemi di Landau che ci ha portato Salviati.
Simplicio. Ma è scritto in inglese!
Sagredo. Quasi tutti gli articoli scientifici lo sono. Ma vorrei attirare la tua attenzione su alcuni aspetti di questo articolo che saltano all’occhio.
Simplicio. Dimmi, mi interessa molto capire queste cose.
Sagredo. La prima mancanza che un professionista nota è che nel tuo articolo la struttura è completamente assente. Guarda qui: in questo articolo c’è una introduzione con la storia del problema e una spiegazione sommaria delle idee.
Simplicio. Ma a che cosa serve?
Sagredo. Serve: dimostra che hai fatto i compiti a casa.
Simplicio. In che senso, scusa?
Sagredo. Vuol dire che ti sei documentato, che hai letto e conosci i risultati di chi ti ha preceduto e riconosci il lavoro degli altri. Infatti, come vedi nell’introduzione sono citati libri e articoli che trovi elencati in fondo, nella bibliografia.
Simplicio. Bibliografia?
Sagredo. Non hai consultato nessun libro o articolo che parla dei risultati precedenti al tuo? Nemmeno un sito web?
Simplicio. A che serve? Tutti conoscono il problema di Goldbach. E poi non sapevo neanche che esistessero tutti questi libri e articoli di cui parli.
Sagredo. E allora come fai ad affermare con tanta sicurezza che le tue idee sono originali?
Simplicio. Ma chi altro potrebbe averle avute?
Sagredo. Probabilmente qualcuno le ha già avute e magari le ha scartate perché ha dimostrato che non possono funzionare; ce lo dirà piú tardi Salviati. Prima di affermare che hai fatto una scoperta cosí grande dovresti documentarti bene.
Simplicio. E dovrei leggere tutte queste cose? Mi ci vorrà un anno!
Sagredo. No, Simplicio, non basta leggere: dovresti anche studiare attentamente. Magari ci trovi dentro un’idea che puoi sfruttare per le tue ricerche. [Verso Salviati, a bassa voce] Sí, magari …
Simplicio. Dici davvero, Sagredo? Non ho le basi per imparare tutte queste cosa da solo!
Sagredo. Poi, guarda qui: hai messo pagine e pagine di tabelle e grafici senza spiegazioni.
Simplicio. Ma perché dovrei metterci le spiegazioni? Non è ovvio a cosa si riferiscono?
Sagredo. Direi proprio di no: vedrai che Salviati avrà qualcosa da dirti. E poi, lasciami fare un’ultima osservazione: sembra che tu abbia fatto le tue verifiche solo con numeri piuttosto piccoli, o sbaglio?
Simplicio. Ho fatto i calcoli con il mio computer: al massimo sono arrivato a \(2^{32}\).
Sagredo. Da tutto quello che abbiamo sentito dire da Salviati nei giorni scorsi, sono pronto a scommettere che si tratta di numeri troppo piccoli per essere significativi.
Simplicio. A me non sembrano tanto piccoli …
Sagredo. Comunque la mancanza piú grave, per un matematico come me, è l’assoluta assenza di struttura. Come dicevo, non c’è traccia di una suddivisione in lemmi, teoremi, proposizioni, qualcosa che permetta ai lettori di verificare quanto scrivi: qui sembra che tutto quanto abbia la medesima importanza.
Simplicio. Sí, ma non riesco a capire perché ci tieni tanto. Che differenza fa?
Sagredo. [Scuote la testa rassegnato] Ora lascio la parola a Salviati, che ti spiegherà le magagne dal suo punto di vista di esperto della teoria dei numeri.
Salviati. Volentieri, Sagredo.
Sagredo. [A parte] Absit iniuria verbis, ma questo è proprio al di là del bene e del male …
Salviati. Simplicio, provi a spiegarci la tua idea?
Simplicio. Come dicevo prima, ho fatto qualche calcolo con il mio computer e ho preparato queste tabelle con un foglio elettronico. Poi ho notato che ci sono delle regolarità e ho concluso che questo è un fatto generale che vale per tutti gli interi.
Salviati. Hai dimostrato rigorosamente questo fatto o no?
Simplicio. No, ma i dati che ho trovato con il computer sono inequivocabili.
Salviati. Con numeri relativamente piccoli …
Simplicio. Ma se funziona in milioni o miliardi di casi, funzionerà in tutti!
Sagredo. Questa non è una dimostrazione, è solo un pio desiderio. L’esame di un numero finito e relativamente piccolo di casi giustifica una congettura, ma non rimpiazza una dimostrazione, in nessun caso.
Simplicio. Tu conosci delle affermazioni che sono vere in milioni o addirittura miliardi di casi, ma sono false in generale?
Sagredo. Certamente!
Simplicio. Davvero?
Sagredo. Sí, certo, e non è poi cosí strano. Proprio per questo motivo in matematica ci ostiniamo a cercare una dimostrazione formale; qualche volta l’intuizione e l’esame di alcuni casi possono portarti completamente fuori strada.
Salviati. Un esempio che coinvolge i numeri primi è molto famoso. La formula di Gauss di cui abbiamo parlato tanto dà un risultato che è piú grande del vero numero dei numeri primi fino ad \(N\) per tutti i valori di \(N\) relativamente piccoli; poco piú grande, naturalmente, ma pur sempre piú grande.
Simplicio. E con ciò?
Salviati. Gauss stesso ha congetturato che la sua formula abbia questa proprietà per ogni \(N\).
Simplicio. E non è cosí?
Salviati. No: nel 1914 John E. Littlewood ha dimostrato che la quantità di numeri primi fino ad \(N\) supera la formula di Gauss per infiniti numeri interi \(N\), e viceversa che la formula di Gauss supera il numero dei numeri primi fino ad \(N\) per infiniti numeri interi \(N\). Per quanto ne sappiamo oggi, il piú piccolo intero \(N\) per cui è violata la congettura di Gauss ha oltre 300 cifre decimali.
Sagredo. Impressionante.
Salviati. Puoi dirlo forte: l’evidenza empirica accumulata nel diciannovesimo secolo e un ragionamento astratto fatto a partire da una delle formule date da Riemann nel suo articolo puntano tutte nella direzione della correttezza della congettura di Gauss. Che però è falsa.
Simplicio. Mi fai vedere esattamente dov’è il mio errore?
Salviati. C’è un errore metodologico: tu descrivi quello che accade, ma non dimostri implicazioni o altro. Non dimostri che una delle tue affermazioni segue dal Teorema dei Numeri Primi, per dire, o dal Teorema di Dirichlet: ti limiti ad affermare che le cose stanno in un certo modo, ma senza fornire alcuna giustificazione teorica.
Simplicio. Non sono d’accordo: i dati che ho raccolto sono chiari.
Sagredo. Ma, come diceva Salviati, sono insufficienti per trarre delle conclusioni valide per tutti gli interi.
Salviati. Dal mio punto di vista l’obiezione piú grande è che non si capisce nemmeno quali siano esattamente le proprietà dei numeri primi che stai sfruttando per giungere alla conclusione. E, naturalmente, in tutto il tuo lavoro c’è un’assoluta mancanza di precisione.
Sagredo. Basta cosí, Salviati. Simplicio, prova a rileggere il tuo articolo alla luce delle cose che abbiamo detto e poi ne riparliamo. Ora andiamo a cena e poi torniamo all’osservazione delle stelle, perché il cielo stasera è particolarmente propizio e ci offre uno spettacolo magnifico.
Fine dell’ottava giornata
In copertina un dettaglio della lettera di Christian Goldbach a Eulero del 7 giugno 1742. Fonte Wikipedia.
Premessa: questo mio commento riguarda mie riflessioni di dilettante e da dilettante, anzi da persona che, avanti nell’età, prova nella matematica piacere e interesse filosofico su di essa. Riguarda non solo questa ottava giornata ma un po’ tutte le varie giornate che si sono susseguite sino ad ora. Riflessioni metabolizzate e trasfigurate nel mio humus culturale non matematico. Appariranno a volte scontate a volte lunari. Anche errate.
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Da Euclide ai giorni nostri si tenta di capire la natura e l’andamento dei numeri primi.
Mentre si susseguono l’un dopo l’altro si tratta di capire il nesso che collega l’uno all’altro e le loro relazioni con i numeri composti.
Da quello che ho capito tra un primo e l’altro non c’è alcun collegamento diretto.
Tra 7 e 11, ad esempio non sembra esserci alcuna relazione. Sembrano due entità numeriche “impermeabili” l’un con l’altro.
L’uno e l’altro altresì non hanno alcuna relazione con gli altri numeri primi che li precedono. Come non hanno alcuna relazione con i composti che li precedono.
Hanno relazione però con alcuni numeri composti che li seguono ovviamente. Non con i primi che li seguono ovviamente.
Si può immaginare che già i composti del numero 3 siano infiniti. Come quelli del numero 7.
E vale per tutti i primi che precedono e seguono 3 e 7.
I primi, dicevo, non hanno relazioni con i numeri che li precedono.
Immagino però che siano collegati nella negazione: non vi sono numeri primi o composti precedenti che possano essere loro divisori.
Una proprietà che immagino possa derivare dalla posizione geometrica che assumono sulla retta dei numeri naturali e dalla loro intrinseca identità.
È poi una retta? e se il segreto dei numeri primi dipendesse proprio dal fatto che immaginiamo erroneamente una retta per tutti i numeri naturali loro compresi?
Per tutti i numeri reali altresì, ma è un altro discorso.
I numeri immaginari non giacciono sul piano complesso gaussiano?
E se i numeri primi giacessero in uno spazio a tre, quattro dimensioni?
D’altra parte Riemann, per primo, ha adoperato variabili complesse nella funzione Zeta, al fine di collegare, attraverso l’analisi complessa, tutti i numeri primi con gli zeri non banali che la funzione assume per determinati valori della variabile complessa stessa.
Valori variabili per la componente immaginaria.
Fissi nel valore di ½ per la componente reale, da cui la retta critica.
I numeri immaginari adoperati da Riemann per la variabile complessa della funzione zeta sono solo un espediente, un artificio o nascondono una caratteristica immanente nei numeri primi? una loro intrinseca doppia natura :
a)su di una retta quando li immaginiamo solo come numeri naturali che si susseguono in una semplice successione come ogni numero primo o composto che sia : 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11…
b) forse abbisognerebbero di una configurazione non monodimensionale ma a più dimensioni quando si volesse rappresentarli come numeri primi.
Noi invece li rappresentiamo così:
2,3,5,7,11,13,17,19,23….
ossia su di una retta.
Forse, dico forse, potrebbe esistere un’altra rappresentazione?
forse ciclica? ..penso anche ad altro.
D’altra parte non sono legati alla base logaritmica attraverso la formula di Gauss?
Non si dovrebbe indagare come mai solo la base logaritmica naturale fa sì che ci si approssimi alla verità dell’andamento dei numeri primi?
Il meraviglioso è che quando N si avvicina al massimo numero primo sembrerebbe che la formula N/ logN raggiunga la Verità dato che il suo limite tende a π(x). Il rapporto delle due funzioni tende a 1.
E la base e di Nepero non è legata a π e ai numeri immaginari attraverso l’identità di Eulero? ( e^iπ +1=0 ) .
E si conosce il rapporto che hanno i e π con i cicli sinusoidali ed oscillatori, ossia gli andamenti ciclici.
La peculiarità della funzione zeta di Riemann è di cercare di permeare la complessità dei numeri primi ponendosi sulla scia di Eulero e di Gauss.
Della funzione N/logN ho scritto prima, in particolare si sa che la funzione Li(x), più evoluta e con un tasso di errore più piccolo rispetto ad essa, tenta di seguire l’andamento dei numeri primi come una strada complanare e intersecante tenta di seguire a zig zag la strada principale.
La funzione zeta di Riemann invece tenta di correggerne gli errori di approssimazione strada facente. È vera non solo al limite come lo è Li(x) ma in ogni punto della funzione. Lo fa in modo preciso e lo fa sempre. Sino ad ora inverata per miliardi di zeri, che significa per relativi miliardi di numeri primi se ho capito bene e se non ho preso lucciole per lanterne.
Attende di essere dimostrata, non solo essere supposta vera empiricamente.
Roba alla portata non di dilettanti ma di matematici creativi, pazienti, che sanno maneggiare bene i ferri del mestiere, dato che Riemann era uno di quelli e ha adoperato l’analisi complessa. Per dimostrare la sua congettura bisogna capirla profondamente. Il mio sogno è capirla intuitivamente. Ne sarei felice.
Poi se c’è un dilettante, io mi escludo, altrettanto bravo ben venga!
Ci sono stati grandi matematici che erano dilettanti.
Lo stesso Gauss, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, pur avendo la cattedra di matematica a Gottinga, come primo lavoro faceva l’astronomo. Il genio matematico il maggior tempo lo dedicava a tale professione comunque.
Chissà se avesse dedicato più tempo alla matematica!
Forse i numeri primi non avrebbero più segreti. Forse.
È andata così: Sagredo, matematico di un indefinito settore, vuole spaziare e sbirciare nella teoria dei numeri e pensa, invitandolo a pranzo a casa sua, al suo amico matematico Salviati, che accetta con piacere l’invito. Gustando già virtualmente i deliziosi manicaretti dell’amico.
La materia spinosa e complessa appunto andava inserita ed alleggerita da piatti raffinati a pranzo e cena; intervallata da dolcetti e delizie culinarie.
Due matematici amici che discutono nella occasionale veste di maestro ed allievo, intorno ad una tavola “sopra” i numeri primi. Mancava qualcosa, forse qualcuno. L’idea, è verosimile pensarlo, è venuta a Sagredo : invitiamo un altro matematico! anzi un dilettante di matematica, aspirante inventore, o scopritore che sia, di nuovi teoremi e/o dimostrazioni sui numeri primi.
Aspirante milionario pure, si potrebbe anche arguire, ad essere maligni!
Sagredo avrà pure pensato ” invito alla discussione anche l’amico Simplicio, così, tra un teorema e l’altro, ci facciamo quattro risate!.. ed io evito pure di essere l’unico che non sa”
Nella commedia, ben scolpiti e caratterizzati sono Salviati e Sagredo, due dotti a tutto tondo : il primo autorevole, diretto, essenziale, paterno; il secondo barocco, eccessivo, amicale, levantino.
Uniti dalla professione, dall’amicizia, dallo stabile ruolo stabilitosi nella relazione: il leader è Salviati, gregario è Sagredo.
Nella occasione uniti nel passare delle stimolanti ma pure divertenti giornate. Sopra i numeri primi, infarciti di leccornie. E sopra Simplicio.
Due personaggi verosimili.
Simplicio piuttosto appare ingenuo, tardivo, irrealistico. Non dà mai segni di capire minimamente il ruolo che occupa nel “Dialogo” né il motivo per cui è in quel posto. Tanto meno di essere preso in giro.
“Si interessa di argomenti complessi senza conoscere quelli elementari” : ricorrente “liet motive” dei due matematici; lo fanno apertamente e con strizzatine d’occhi, sorrisini e sospiri vari.
Simplicio è paradigma teatrale dello stereotipo del dilettante di matematica.
Lo scopo è evidentemente educativo. Oltre che divulgativo.
Il sarcasmo rafforza l’intento. Stimola lo spirito autocritico.
Normalmente Simplicio non sa, o sembra non capire, argomenti elementari. Si intravedono alcune lacune, a volte qualche voragine, ma in certe occasioni va oltre ogni aspettativa, dimostra acume e sorprende persino i due matematici. Capita in maniera casuale, senza un perché e senza un percome : un po’ come avviene quando arriva il prossimo numero primo.
Questi occasionali voli della gallina nel pollaio, dicevo, sorprendono Salviati e Sagredo, che ostentando benevole meraviglia e sorpresa, bonariamente lo gratificano. Avviene ordinariamente nelle varie giornate. Potrebbe essere controproducente e portare Simplicio ancor più fuori dal reale, ad un miraggio : aspirare a soddisfare qualche irrisolto problema matematico tra quelli posti da Hilbert agli inizi del secolo scorso.
Succede appunto in questa ottava giornata.
Alle prossime.