Il 6 settembre esce in libreria e online “Oltre Marie”, un libro di Nastassja Cipriani e Edwige Pezzulli dedicato alle prospettive di genere in ambito scientifico. Ce ne parla Chiara de Fabritiis (Coordinatrice del Comitato Pari Opportunità dell’UMI).
Il primo impatto con “Oltre Marie”, il libro di Nastassja Cipriani e Edwige Pezzulli in libreria e online dal 6 settembre, è la coloratissima copertina di Hanna Suni che ha il grande pregio di trasmetterci allegria e leggerezza. Da lì in poi, i sentimenti di chi legge diventano variegati ed è uno dei non pochi meriti delle autrici riuscire alla fine a incanalarli in un disegno organico e non (esageratamente) pessimista.
In primis, la gratitudine per Patrizia Caraveo, una grande donna di scienza che si è spesa in tante forme per la riduzione del gender gap in science, partecipando fra l’altro al progetto 100esperte. Nella sua sentita prefazione Caraveo riesce a strapparci un sorriso amaro quando racconta della sua nomina a “Men of the Year” da parte dell’ABI (American Biographical Institute): si parla del 2003, non dell’Alto Medioevo!
Subito dopo, l’ammirazione per l’auto-consapevolezza delle autrici: entrambe provenienti da una formazione scientifica (Cipriani dottorato in matematica e fisica e master in logica e filosofia della scienza, Pezzulli dottorato in astrofisica) hanno dichiaratamente scelto di rivolgersi a un pubblico più ampio della sola accademia, accettando di pagare il prezzo di una minor precisione (la rinuncia alle note, l’accettazione della lingua corrente usando il maschile sovraesteso al posto dell’uso di schwa o asterisco) a fronte di un testo più leggibile e accattivante. A mio parere: risultato raggiunto con bilancio ampiamente positivo.
Già dal prologo, che riporta qualche dato per orientare il dibattito, veniamo in contatto con lo stupore per le tante donne di scienza “invisibilizzate” (dalla fisica Lise Meitner alla biologa Rosalind Franklin), ma anche per gli stereotipi che ormai chiunque ha interiorizzato: alzi la mano chi, prima di leggere il libro, sapeva che negli anni Sessanta l’informatica era considerata una professione spiccatamente femminile.
Allo stupore non può che seguire l’indignazione, per i numerosi esempi di discriminazione inconscia che compaiono fin dal primo capitolo: esperimenti fatti in contesti e anni diversi (dagli Stati Uniti alla Spagna, dagli anni Sessanta ad oggi) mostrano come bambine e bambini subiscano un condizionamento tacito, ma potentissimo, fin dal primo anno di vita; i risultati di questa diversa impostazione educativa si possono misurare chiaramente all’età dell’ingresso nella scuola primaria dove, con frequenza impressionante, gli stereotipi vengono rinforzati da insegnanti del tutto inconsapevoli del problema.
Andando avanti, fra dichiarazioni avventate di matematici come Piergiorgio Odifreddi e valutazioni di curricula scientifici basate molto più sul genere che sulle pubblicazioni (valutazioni per il Medical Research Council svedese, tanto per smentire un ulteriore stereotipo), i bias che emergono ci portano immancabilmente alla rabbia, anche nei nostri stessi confronti! Basta infatti sostenere una volta l’Harvard Implicit Association Test sulla tematica Gender/Career o Gender/Science per trovarsi di fronte a verità tanto sgradevoli quanto inaspettate. Confesso che l’ho eseguito due volte: nel 2018, appena diventata coordinatrice del comitato PO dell’UMI (risultato: blanda associazione positiva maschio-carriera e maschio-scienza, con conseguente sottile senso di inadeguatezza per aver accettato l’incarico), e nel 2023 (esito: paritario in entrambi i casi, a dimostrazione del fatto che lavorando sull’auto-consapevolezza superare gli stereotipi non è impossibile).
E nuovamente amaro è il sorriso che ci strappa il racconto della carriera dell’astronauta Umberto Guidoni, corredata da un paio di domande che troviamo assurdamente incongrue, finché non scopriamo che si parla in realtà della sua collega Samantha Cristoforetti e dell’astrofisica Jocelyn Bell. Senza dubbio, molte delle scienziate che leggeranno questo documentatissimo lavoro si ritroveranno nelle descrizioni del “senso di non appartenenza” (alla comunità scientifica di cui fanno parte) e della “sindrome dell’impostore” (da cui le donne sono affette in proporzione molto maggiore rispetto ai loro colleghi maschi), e questo provocherà probabilmente in molte di loro un sentimento di frustrazione e di ribellione. Una prima, anche se non semplice, soluzione a questa sofferenza si trova nell’osservazione della storica Mary Beard a proposito dell’adattamento delle donne alla mentalità imperante nel mondo accademico :«Non possiamo inserire le donne all’interno di una struttura che è già codificata come maschile. Quello che dobbiamo fare è cambiare la struttura».
Questo rovesciamento di prospettiva è il regalo finale che ci fanno le due autrici, portandoci numerosi esempi di come antiquate metafore e stereotipi fossilizzati abbiano come conseguenza risultati scientifici distorti quando non del tutto errati, oltre all’infelicità di tante bambine, ragazze e donne che si sentono tagliate fuori da questo interessantissimo mondo.
Chiara de Fabritiis
oltre marie, prospettive di genere nella scienza
di Nastassja Cipriani e Edwige Pezzulli
prefazione di Patrizia Caraveo
Casa editrice: le plurali
dal 6 settembre 2023 in libreria e online
ISBN (brossura) 979-12-80559-28-9, ISBN (ebook) 979-12-80559-29-6
Grafica Hanna Suni
Pp. 168