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Intervista a Cédric Villani raccolta da David Larousserie e Hervé Morin (apparsa su Le Monde il 21 marzo 2013) in occasione della pubblicazione da parte de Le Monde di una collezione di opere dedicate alla matematica, “Il mondo è matematico”. Traduzione di Elena Toscano

Nel 2010 Cédric Villani ha ricevuto la medaglia Fields assegnata ogni quattro anni ai ricercatori sotto i 40 anni e spesso equiparata al Nobel per la matematica. Direttore dell’Istituto Henri Poincaré è diventato uno dei principali portavoce della sua disciplina. Divulgatore infaticabile, ha accettato di essere coinvolto attivamente nella pubblicazione da parte de Le Monde di una collezione di opere dedicate alla matematica, Il mondo è matematico. Un’iniziativa che riunisce in sé il suo desiderio di favorire le vocazioni scientifiche e di contribuire all’espansione della “cultura dell’uomo onesto”.

Perché l’Istituto Henri Poincaré (IHP) ha promosso questa collezione?

Le ragioni sono molteplici ma tutte ruotano attorno all’importanza della divulgazione scientifica. Per prima cosa bisogna adoperarsi per suscitare un numero sufficiente di vocazioni tra i giovani in un momento in cui non viene naturale pensare a una carriera da matematico, o più in generale da scienziato, come a una professione che possa far sognare. Eppure è così! Si tratta di una professione una cui gran parte è avventura. Con poche eccezioni non è un mezzo per fare fortuna ma è un lavoro che offre un’eccellente combinazione di stimoli e di valorizzazione intellettuale. Si tratta di un buon lavoro utile per l’individuo e per la società. È molto importante che un numero sufficiente di giovani abbracci questa carriera. Per farlo bisogna mostrare loro il bagliore di un sogno, per incoraggiarli a impegnarsi in degli studi che possono sembrare lunghi e penosi, ma lo sono meno di quanto si possa pensare e si rivelano spesso molto gratificanti. Inoltre, bisogna anche rivolgersi a tutti coloro i quali non faranno della scienza la loro professione ma che sono curiosi di sapere a cosa essa possa servire. La divulgazione svolge la funzione di riavvicinare su un livello intellettuale e sensibile i ricercatori e gli altri. È importante anche per delle ragioni pratiche: il giorno in cui la gente non comprenderà più a cosa “servono” gli scienziati, i politici taglieranno i fondi e la ricerca si fermerà. La comunità scientifica ha dunque il dovere naturale di spiegare ciò che fa alle persone che la sostengono.

La matematica è parte della cultura generale?

Sì, è importante ed è fonte di ricchezza per tutti capire ciò che è stato realizzato grazie alla matematica, una scienza davvero straordinaria. Capire che non si tratta di qualcosa di isolato ma che riguarda tutti. Perché tutti usano i progressi scientifici. Non ultimo, gli scienziati hanno bisogno di percepire riconoscenza, di sentirsi apprezzati e non essere additati come fanatici che fanno qualcosa di poco produttivo e incomprensibile. In passato, alcuni tra i più accaniti movimenti di contestazione nei confronti degli scienziati si basavano meno su questioni relative ai contenuti che su problemi di rispetto, in particolare della sfera politica. Ciò mi ricorda questa citazione, attribuita a de Gaulle: “In Francia, i ricercatori che cercano si trovano, ma si cercano dei ricercatori che trovano”. Ed ecco come, per fare una battuta, si aliena la simpatia di una parte fondamentale della società con una frecciata ingiusta. Ingiusta perché sappiamo bene che la ricerca francese è di qualità! Sappiamo anche che è normale che un ricercatore fallisca nella sua ricerca. La maggior parte delle volte le cose non funzionano ed è assolutamente normale! Allo stesso modo si dice che nel settore industriale il 99% dei brevetti sono inutili: è il restante 1% che conta. Non è perché si cerca, si cerca, si cerca e non si trova quasi mai che si è un cattivo ricercatore. Lo stato naturale del ricercatore è vagare. Di tanto in tanto c’è qualcosa che funziona e allora bisogna coltivarla e farla crescere: è così che il progresso umano che ha funzionato per millenni.

Esistono già dei buoni libri di divulgazione. Che cosa apporta di nuovo questa collezione?

È vero. Possiamo citare i libri di Marcus du Sautoy, di Alex Bellos, l’opera di Simon Singh dedicata al teorema di Fermat, quella di Donal O’Shea sulla congettura di Poincaré, i fumetti Logicomix … Eppure c’era ancora qualcosa che manca, per esempio un’enciclopedia matematica. In quaranta volumi, è possibile sviluppare bene le idee. Il fatto che sia scritta da autori diversi, sotto varie angolature e con approcci diversi – storici, sociali, estetici … – rende questa collezione più ricca di un’enciclopedia tradizionale. Ma attenzione: questa collezione non porta alla riflessione logica e alla pratica matematica come solo un corso con dimostrazioni ed esercitazioni può fare. Questa è solo la ciliegina sulla torta che racconta come questa avventura sia appassionante. Non si tratta di sostituire i corsi di matematica con delle trattazioni divulgative, sarebbe una totale confusione. Ma piuttosto di completare e integrare i corsi tradizionali con presentazioni di natura diversa, mostrando il senso e la storia. A piccole dosi. E poi sarete pronti a investire su voi stessi.

La matematica è vista come difficile, come strumento di selezione a scuola: è solo un cliché?

Ritengo che si tratti di cliché e spero che libri come questo possano sfatare simili miti. Quando si fanno conferenze divulgative quasi sempre qualcuno viene a dirti: “Credevo di non capire nulla e invece alla fine ho capito, è bello! quanto mi rammarico che nessuno me l’abbia spiegato quando ero studente…”. La matematica è come tutto: può essere raccontata a qualsiasi livello di complessità. Inoltre, uno dei motivi per cui nel mio libro – Il teorema vivente – figurano le formule matematiche è perché si abbia un’immagine, un’idea del grado di complessità che può essere raggiunto nel quale noi stessi non ci addentriamo neanche quando discutiamo tra colleghi. Qualunque sia il discorso, quando viene spiegato lo si sta tradendo, più o meno. Ma finché si ha, con il proprio interlocutore, la coscienza del livello di tradimento si è giustificati, perdonati. La formazione matematica e l’apprendimento sistematico dei concetti sono sempre un po’ difficili e dolorosi per tutti. È una ginnastica mentale che non è naturale, ma si è tanto più felici di farla quanto più se ne capiscono le finalità, quanto più la si colloca nella storia del progresso umano, come un oggetto sociale e una creazione culturale e artistica.
 
Cosa ricorda del suo impegno nella divulgazione dopo la medaglia Fields?

Si tratta di una capacità che si acquisisce e si sviluppa per raggiungere le persone ed essere accessibili. Gli scienziati hanno a lungo considerato con un certo disprezzo quest’attività ma i tempi stanno cambiando. È comunque qualcosa di molto intenso: tra il pubblico e l’oratore si stabilisce una sorta di comunione. Sono esperienze estremamente positive. All’IHP testiamo nuovi modi per raggiungere il pubblico più vario; per esempio, di recente, abbiamo proposto delle serate in cui alla proiezione di un film è seguito il dibattito tra pubblico e matematici. Per l’ultima serata in cui si proiettava il documentario Codebreaker che racconta la vita Alan Turing abbiamo dovuto programmare due sessioni e rifiutare tantissima gente: c’è un vero appetito tra il pubblico. Tali iniziative avranno un impatto? È difficile dirlo, ma io sono sicuro di sì.

Da dove deriva l’eccellenza della Scuola matematica francese?

Una simile qualità si costruisce nel corso del tempo. È principalmente una questione di cultura e di trasmissione. Da diversi secoli, la Francia è in prima linea nella ricerca matematica in tutto il mondo. La ripresa di questa disciplina in Europa risale al Rinascimento. Dal XVII secolo, in Francia, si distinguono scienziati del calibro di Pascal, Fermat, Desargues e Descartes. Poi, al tempo dell’Illuminismo, l’espansione è continuata. Questo periodo infatti non è stato solo un momento di crescita per le discipline umanistiche e letterarie ma è stato segnato da sviluppi altrettanto spettacolari in matematica. Una volta avviatosi il “movimento” ha continuato ad accrescersi in particolare durante la Rivoluzione. Istituzioni come l’Ecole Normale Supérieure (ENS) e l’Ecole Polytechnique sono create per trasmettere la conoscenza. Ritroveremo la stessa volontà durante il periodo intercorso tra le due guerre mondiali con la creazione del CNRS e del Palais de la Découverte, per esempio. Il successo è tanto una questione di cultura quanto di istituzioni.

È preoccupato per il futuro di questa Scuola?

A causa di questo contesto favorevole non mi preoccupo per la ricerca matematica in Francia. Sono pronto a scommettere che ci saranno delle medaglie Fields francesi nel 2014! In compenso, c’è da essere più inquieti per altre branche della matematica altrettanto importanti, meno accademiche e più applicate, per esempio quelle i cui risultati si usano nell’industria. È importante che nelle imprese ci siano persone con una sensibilità scientifica o matematica: molte industrie traggono benefici dall’espansione dei loro settori dedicati alla ricerca ivi compresa quella teorica. Ma ancora è necessario che esse ne abbiano coscienza e si rendano conto dell’esperienza francese in questo campo! E inoltre, non formiamo abbastanza scienziati.

E più in generale, come va la sua disciplina?

Va bene. Nel complesso, il numero di ricercatori e quello degli articoli aumentano. Ogni anno vengono dimostrati centinaia di migliaia (!) di teoremi. Non sono mai stati organizzati così tanti simposi internazionali come oggi. Nonostante Internet, la gente ha bisogno di incontrarsi, discutere … Sorgono nuovi argomenti di discussione. La matematica è lungi dall’essere qualcosa d’immutabile. Io non riesco a seguirne tutti gli sviluppi neanche nei settori in cui sono specialista! Il paradosso, come nelle scienze in generale, è che si ha spesso l’impressione di avanzare molto lentamente ma, se si guarda sul lungo periodo, si realizza sino a che punto l’argomento avanza a una velocità considerevole.

Quali sono i suoi “pallini” di oggi?

In questo periodo ho dovuto mettere da parte alcuni argomenti di ricerca per dedicarmi ad altri progetti ma ritornerò ai miei “pallini” … ne ho una dozzina in contemporanea perché è bene non concentrarsi su un unico problema: a volte va avanti l’uno a volte l’altro. Più cose si capiscono, più domande aperte si scoprono; ogni volta che si risolve un problema se ne presentano di nuovi! Il mio amore di gioventù rimane la teoria cinetica dei gas e continuerò a lavorarci su. Ma m’interessa anche la geometria o il rapporto tra geometria e probabilità. E c’è un problema in merito al quale mi piacerebbe fare progressi anche se non mi ci sono ancora dedicato: sono le transizioni di fase, le transizioni tra due stati, come quello tra il liquido e il gas in funzione della temperatura. Ancora non si sa perché la transizione avvenga. È affascinante.

Il mondo è veramente matematico?
Si può discutere per stabilire se il mondo si basi su regole matematiche o se siamo noi a vederlo in modo matematico, vale a dire cercando di trovare regole astratte dietro ai dettagli concreti che ci circondano. Si può pensare che il mondo sia matematico nel senso in cui intendeva Galileo: il mondo è scritto in caratteri matematici. Qualunque sia il punto di vista non si può negare che il linguaggio matematico è estremamente adatto per descrivere il mondo che ci circonda. Quindi, per un osservatore, è come se il mondo fosse matematico!

(link articolo originale)

Elena Toscano

prova ET

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