È uscito in Italia per l’editore Alpha Test il libro di Ben Orlin “Giochi matematici disegnati male“. Noi pensiamo che sia un libro indispensabile per i lettori di MaddMaths! e abbiamo chiesto ai Rudi Mathematici, che hanno compiuto l’incredibile impresa di tradurlo in italiano, di raccontarcelo.
N.B.: Questo post è in realtà un articolo per la nostra rubrica su Archimede nel numero 4/2024 ora in stampa, insomma un’anticipazione, e come tale, più o meno indebita (però il numero porta la data ottobre-dicembre 2024, quindi si tratta di “ritorno al futuro” forse). Però, insomma… oggi è la Giornata Internazionale della Matematica e, soprattutto, il libro è uscito! Insomma, speriamo che gli amici di Archimede ci perdonino la fretta… (e poi ok! abbiamo il permesso del Direttore!!).
È meglio chiarirlo fin dall’inizio: questo pezzo sarà abbastanza diverso dal solito, nonostante questa rubrica sia talmente schizofrenica da rendere quasi impossibile definire, anche in minima approssimazione, quale possa essere il suo “solito”.
La differenza più rilevante è questa: come i lettori più affezionati certo ricorderanno, uno dei nostri tormentoni preferiti è la ripetuta lamentela e ritrosia nei confronti dell’obbligo istituzionale di proporre problemi o giochi matematici. In effetti questa rubrica non dovrebbe fare nient’altro, ma invece assai spesso altro fa (e soprattutto, spesso solo altro fa, trascurando del tutto i problemi e i giochi). Ebbene, da questo punto di vista, questo articolo potrebbe essere visto come un generale e totale tentativo di redenzione, un metaforico ma convintissimo bussare alle porte del castello di Matilde di Canossa vestiti di stracci proprio come Enrico IV di Franconia. Che ci crediate o meno, abbiamo intenzione di parlare solo di giochi matematici, e di un numero spropositato di essi. Il numero ufficiale è 75 e ¼, ma è un numero che, per quanto ufficiale, approssima la realtà solo per difetto, e difetto grosso.
Com’è prevedibile, una simile rivoluzione non può che scaturire da una serie di cause concomitanti, e le più significative sono: a) un certo grado di faccia tosta nel candidarsi a svolgere un’attività in cui non si è né esperti né competenti; b) un buon grado di asincronia editoriale; c) un malcelato e blando conflitto d’interessi. E anche, ma questo lo avrete già capito da soli, d) un libro.
Tanto per farci passare subito la paura, vi presentiamo subito la faccia del punto d), perché è una faccia che dice subito molte cose interessanti. La cosa più interessante di tutte è senza dubbio l’angolo smangiucchiato in alto a destra della copertina, perché rivela, in un solo colpo d’occhio, che l’immagine è effettivamente stata ottenuta tramite scannerizzazione e non rubata in rete, e allo stesso tempo denuncia la presenza, nella stessa casa che ospita lo scanner e il libro, di almeno un gatto rosicchiatore di copertine (spoiler: in realtà, al momento i gatti sono quattro). Oltre a questo, si può subito notare l’ufficializzazione dello strano numero 75 e ¼ citato poche righe fa e l’indubbia natura anglosassone del libro in questione, visto che la copertina è scritta tutta in inglese.
Può sembrare strano mostrare la copertina di un libro americano su una rivista italiana se, come difatti è, in libreria è già presente l’edizione italiana di quello stesso libro. Ma è proprio qui che entra in ballo la causa identificata con la lettera b), cioè l’asincronia editoriale. Nel momento in cui scriviamo queste righe l’edizione italiana ancora non esiste, o quantomeno non esiste in forma completa e libresca, e quindi non siamo in grado di mostrarne la copertina; però siamo ragionevolmente certi che, nel momento in cui leggerete queste stesse righe sulle pagine di Archimede, l’italica versione del librone brillerà in libreria, nella sezione “Matematica”, o forse in quella “Giochi” o addirittura nel prestigioso banchetto delle “Novità”.
Abbiamo usato il termine “librone” non a caso: sono circa 370 pagine di grande formato e parlano solo di giochi matematici (e anche un po’ di matematica, ogni tanto): il titolo italiano è semplicemente la traduzione di quello originale, e così “Math Games with Bad Drawings” si è italianamente trasformato in “Giochi Matematici Disegnati Male”, e non si può certo chiamare coincidenza il fatto che questo sia anche il titolo di quest’articolo. Quello che invece è rimasto del tutto invariato è il nome dell’autore, Ben Orlin, che si è testardamente rifiutato di comparire sulla copertina italiana con il nome di Beniamino Aquila, appellandosi alla debole ragione che “Orlin” significa “aquila” solo in bulgaro, e non in inglese. Forse la verità è che, essendo un americano purosangue che vive nel Minnesota, non si sente bulgaro per niente. O forse addirittura perché ormai Ben Orlin è un nome famoso in buona parte del mondo, grazie ai suoi libri che seguono sempre lo stesso approccio editoriale: parlano di belle cose di matematica corredate da brutti disegni vergati di suo pugno. Il fatto è che più che disegni sono quasi delle vignette umoristiche, e in fondo non sono neppure così brutti.
Ma per spiegare meglio la ragione per cui avremmo voluto potervi mostrare in tutto il suo splendore la copertina dell’edizione italiana è un altro, e tanto vale togliersi subito il dente: la colpa è tutta del punto c), quello che abbiamo chiamato “malcelato e blando conflitto di interessi”. Perché la domanda che ci angoscia è: ma ci saranno o non ci saranno, su quella copertina, i nomi dei traduttori? E se ce lo domandiamo – anche questo lo avrete certo già capito – è perché i traduttori siamo noi, i Rudi Mathematici.
È per questo che il punto a) è il primo della lista: certo, l’inglese lo sappiamo leggere e talvolta riusciamo perfino a farci capire da qualche straniero (a dire il vero, per una di noi è diventata la lingua principale, e oramai pensa più facilmente in inglese che in italiano, ma gli altri due la mettono sempre in minoranza), ma resta il fatto che fare i traduttori è cosa diversa dal “capire e farsi capire”. E poi sì, certo, sui giochi matematici abbiamo ormai un certo grado di competenza; non troppo dissimile dal tipo di esperienza scolastica che hanno gli studenti pluriripetenti, ma ce l’abbiamo: ma anche così… insomma, dovrebbe essere ormai chiaro perché il citato “punto a)” è scritto com’è scritto. Ci ha davvero salvato solo la faccia tosta, perché abbiamo trovato una editrice (termine che si adatta benissimo sia a “casa” che a “signora”, specialmente in questo caso) che si è lasciata convincere dalla nostra avventurosa proposta di portare questo libro in italiano.
Insomma, noi ne parliamo volentieri (a dire il vero, molto volentieri) perché è un libro che sentiamo un po’ anche nostro, pur senza togliere nulla a Beniamino Aquila. E siccome si capiva fin dall’inizio di quest’articolo che saremmo andati a parlare di qualcosa in cui eravamo direttamente coinvolti, ecco la ragione dell’aggettivo “malcelato”. La ragione dell’aggettivo “blando” è perfino più evidente: siamo stati retribuiti forfettariamente per la traduzione, e proprio per questo se il libro vende due o due milioni di copie per noi non cambia nulla, dal punto di vista del conto in banca. Quindi il cruciale punto c), insomma il conflitto di interessi, non sarà tra i più memorabili della storia patria.
Però è vero che ci piacerebbe molto che il libro si rivelasse un successo anche qui in Italia, perché è un libro davvero divertente. Abbiamo fatto una fatica del diavolo nel tentativo di tradurre, in qualche modo, le decine di giochi di parole e di spietati americanismi che Orlin adora, e non è detto che noi si sia riusciti nell’intento di salvarli tutti, ma siamo soddisfatti del risultato: certo non sarà il migliore possibile, ma di certo è il migliore che potevamo tirar fuori noi tre.
Senza voler sminuire il ruolo fondamentale dei traduttori, è probabilmente più importante soffermarsi sull’autore e più ancora sul contenuto del libro; e se parleremo di entrambi allo stesso tempo è perché è abbastanza difficile comprendere l’uno senza parlare dell’altro. Ben Orlin è un insegnante di matematica: poi chissà, forse adesso, sull’onda del successo editoriale, potrebbe scrivere libri a tempo pieno e aver interrotto la sua decennale carriera di insegnante; ma ne dubitiamo, perché i libri che scrive difficilmente potrebbero essere scritti senza l’esperienza totalizzante dell’insegnamento. Da tutti traspare un bel grado di passione per le scuole di ogni ordine e grado, e da quel che scrive sembra che abbia avuto esperienze dirette di insegnamento sia nelle scuole corrispondenti alle nostre primarie fino alle high school, insomma fino alle scuole corrispondenti alle nostre secondarie di secondo grado.
Il suo primo libro si intitola “Math with Bad Drawings” ovvero “Matematica Disegnata Male”; insomma lo stesso titolo del libro a cui è dedicato questo articolo a meno della magica parola “Games”, giochi. Il suo primo (e primario) intento è palesemente quello di raccontare la matematica in una maniera diversa dai libri di testo, con frequenti divagazioni umoristiche che – immaginiamo – provengono comunque dal suo bagaglio di esperienze di vita in aula. Ma, umorismo a parte, il fine ultimo è sempre quello della comunicazione della bellezza della matematica, cioè – a dar retta al sottotitolo del suo primo libro – a quelle idee che modellano la realtà.
A questo debutto, coronato subito da un gran bel successo, ha fatto seguito il libro di cui stiamo parlando ormai da qualche pagina, e che ha contribuito a rafforzare la fama dell’autore. Non poteva mancare un terzo capitolo (come dice uno dei proverbi più matematici della nostra lingua, non c’è due senza tre – qualunque cosa voglia aritmeticamente dire) e stavolta Ben Orlin si è lanciato nel paradisiaco mondo dell’analisi: il titolo è preso integralmente dalla più celebre asserzione di Eraclito, e sulla copertina di un libro di matematica suona davvero come un inno al calcolo differenziale: “Change is the Only Constant”, l’unica cosa che non cambia è il cambiamento. Ci piacerebbe rassicurarvi che con questo terzo tomo la trilogia si sia conclusa, e per un certo tempo ne eravamo convinti anche noi: poi, non troppo tempo fa, abbiamo visto che nelle librerie americane è arrivato anche “Math for English Majors”, e ci siamo un po’ disperati. Non è un’esagerazione: gli abbiamo perfino scritto, mettendolo in guardia sulla qualità dei suoi traduttori italiani, visto che del suo ultimo libro non avremmo saputo tradurre decentemente neppure il titolo. Lui ha risposto (risponde sempre, provate a scrivergli, se non ci credete) e ci ha detto che il suo traduttore finlandese ha optato per “Come parlare matematico” (o qualcosa del genere: traduciamo male l’inglese, figuriamoci il finlandese…)
Ma è davvero tempo di raccontare qualche dettaglio in più del nostro protagonista di carta: è composto da cinque grandi capitoli, ognuno dedicato a una specifica classe di giochi, più una corposa Introduzione che spiega la logica, l’intenzione e soprattutto la struttura dei capitoli del libro. È proprio nell’Introduzione che l’autore spiega anche le ragioni che lo hanno portato a raccogliere i giochi (i quali, prima che ci dimentichiamo di dirlo, sono davvero giochi giocabili da giocatori, nel senso inglese di game, e non problemi, quesiti o indovinelli, cioè puzzle), elaborarli, magari inventandone qualcuno di sana pianta, e infine mobilitare una grande squadra di collaudatori incaricati di testarli e migliorarli. Così l’Introduzione diventa anche una delle parti più divertenti e strane del libro, forse alla pari con la maestosa Bibliografia finale (inserita nel sesto e ultimo capitolo, chiamato “Conclusioni”), che l’autore ha deciso di trasformare in una lunga sequenza di FAQ, come le Domande Frequenti dei manuali d’istruzione.
I cinque capitoli che costituiscono il vero corpus del libro sono quasi una tassonomia dei giochi matematici possibili:
Capitolo 1 – Giochi Spaziali
Capitolo 2 – Giochi Numerici
Capitolo 3 – Giochi Combinatori
Capitolo 4 – Giochi di Rischio e Ricompensa
Capitolo 5 – Giochi di Informazione
Ogni capitolo illustra cinque tra i giochi più rappresentativi (a giudizio di Orlin, ovviamente) della categoria del rispettivo capitolo. Ci sono pertanto cinque sottocapitoli, uno per gioco, ma – così come il libro stesso, che ha sei capitoli – anche ogni capitolo deve avere sei sottocapitoli, e il sesto sottocapitolo racchiude un gruppo di altri giochi (5, 6 o 7: la media è molto vicina a 6) spiegati un po’ più velocemente.
Ogni sottocapitolo relativo ai “giochi principali” ha – manco a dirlo – anch’esso una struttura stabile e ripetuta in paragrafi:
a) Introduzione
b) Come giocare
c) Guida all’assaggio
d) Da dove viene
e) Perché è importante
f) Variazioni e derivazioni
Siamo certi che non vi avrà sorpreso notare che anche i paragrafi sono sei; e allora aggiungiamo la preziosa informazione che la struttura di ogni sottocapitolo è esattamente la stessa struttura che seguono i paragrafi dell’Introduzione, solo che, come detto, questa non descrive un gioco particolare, ma l’intero libro. Cosa concludere da questa non esplicita, ma evidente volontà di costruire ripetuti annidamenti? Che l’autore è profondamente convinto che tutto l’universo non sia altro che un grande frattale, e che il nostro compito sia quello di ribadire la naturalezza dell’insieme di Mandelbrot in ogni creazione umana? Che, secondo lui, la sola maniera possibile di costruire un libro ordinato sia quella di scegliere un’unica linea guida organizzativa e poi ripeterla fino allo sfinimento? Che l’autore abbia una certa propensione maniacale verso il numero 6? Ah, saperlo…
Certo è che l’autore adora giocare con i numeri: anche il lettore più volenteroso sarà rimasto perplesso nel tentativo di ottenere il fatidico 75 e ¼ dal sommario elenco dei capitoli e paragrafi che abbiamo citato poco sopra, non fosse altro che per la presenza di quel ¼ che non sembra giustificato in alcuna maniera. Ebbene, se la domanda che sorge spontanea fosse proprio “quale gioco vale ¼ ?”, non possiamo che rubare le parole allo stesso Ben Orlin: “Oh, amici, non avete idea del vespaio nascosto in questa domanda”. Vi risparmiamo il calcolo esatto e completo: vi basti sapere che i giochi che occupano un intero paragrafo valgono 1, altri valgono 11/12, altri ancora ¼, e non mancano perfino alcuni che si meritano solo 1/57. Una volta assegnato a tutti il corrispondente valore, la somma generale porta al fatidico risultato esposto perfino in copertina. La cosa buffa di tutto il conteggio è che riesce a non dare neppure un’idea approssimata del vero numero dei giochi presenti nel libro: se può esservi utile, sappiate che secondo l’artigianale catalogo esteso dai vostri eroici traduttori per orientarsi nel marasma, ci sono 25 giochi totalmente sviscerati tramite una decina di pagine ognuno; 29 giochi aggiuntivi spiegati per bene in almeno due pagine; 96 tra variazioni o derivazioni, a cui si possono aggiungere altri 73 giochi più o meno classici che non vengono spiegati, ma solo citati o nominati, o brutalmente dati per scontati. Forti della convinzione che questa classificazione sia il valore aggiunto principale che abbiamo dato all’opera italiana, vi mostriamo orgogliosamente la tavola di traduzione che abbiamo adottato (ma saltando i giochi solo citati, e senza neppure verificare se i conti tornano):
Se vi piacciono i giochi matematici da giocare in due, in molti, perfino da soli e siete pronti ad armarvi essenzialmente solo di carta e matita, salvo poche eccezioni, è quasi impossibile che questo libro non vi piaccia. Però non vorremmo neppure che pensaste che questo sia solo un libro di giochi. Sentite cosa dice lo stesso Ben Orlin, quando presenta i paragrafi intitolati “Perché è importante”:
“Vi spiegherò come quel gioco riesca a tirar fuori il meglio del pensiero umano. Magari è un modello perfetto della struttura quantistica della materia, o forse riesce a svelare l’austera bellezza della topologia o la spietata logica del gerrymandering. Forse riesce a scatenare il nostro genio interiore o, meglio ancora, lo scimpanzé che è in noi. In ogni caso, io considero questa parte il punto cruciale di ogni capitolo, e il vero scopo trainante del libro.”
Per quel poco che può valere l’opinione di tre traduttori improvvisati e un po’ cialtroni, anche per noi questo è il vero scopo del libro, e dei giochi matematici in generale.
Giochi matematici disegnati male
Ben Orlin
Traduzione: Rudi Mathematici
Alpha Test, 2025
Collana: Vitamine
Uscita: 7 marzo 2025
Pagine: 480 p., ill. , Brossura
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