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Quando si parla di machine learning (apprendimento automatico), ci si riferisce a quel settore dell’intelligenza artificiale che permette a una macchina intelligente di migliorare le proprie capacità e prestazioni nel tempo. La macchina, quindi, sarà in grado di imparare a svolgere determinati compiti migliorando, tramite l’esperienza, le proprie capacità, le proprie risposte e funzioni: in questo modo, sarà possibile implementare dati e modellare scenari problematici, arrivando a offrire soluzioni per i diversi problemi. Il “deep learning” è un sottosettore molto attivo del machine learning che struttura gli algoritmi in “strati” per creare una rete neurale artificiale che è capace di apprendere e prendere decisioni.

Esistono tuttavia alcuni problemi in fisica che si ha difficoltà a rappresentare matematicamente, nel dettaglio, su un computer. Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign ha sviluppato un nuovo metodo che introduce la fisica nel processo di apprendimento automatico per fare previsioni migliori a proposito della turbolenza. Si tratta di un tema, quello del machine learning applicato alla turbolenza, affrontato da numerosi lavori in tutto il mondo e, per esempio, anche in Italia, con il progetto Smart-TURB (Premiato con un Advanced Grant dell’ERC di circa 2,3 milioni di euro) di Luca Biferale dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Questi temi sono stati sviluppati ora in un articolo pubblicato sul Journal of Computational Physics. Spiega Jonathan Freund, capo del dipartimento di ingegneria aerospaziale e tra gli autori della ricerca “Ad oggi, non sappiamo come descrivere matematicamente tutta la turbolenza in modo utile. Ci sono incognite che non possono essere rappresentate sul computer: quindi, abbiamo utilizzato un modello di apprendimento automatico per risolvere il problema delle incognite. Abbiamo ‘addestrato’ il modello in modo che vedesse contemporaneamente incognite e equazioni fisiche che governano il fenomeno come parte del processo di apprendimento. Questa ‘magia’ lo ha fatto funzionare. Si tratta di un vecchio problema: da tanto tempo stiamo cercando di simulare la turbolenza e per modellarne le parti non rappresentate. Abbiamo imparato che se si prova fare dell’apprendimento automatico senza considerare le equazioni fisiche che governano il fenomeno, le cose non funzionavano. Abbiamo allora combinato questi aspetti”.

Questo metodo, stando a quanto sostengono gli scienziati, aiuterà gli ingegneri a prevedere se un determinato design, che deve subire un certo flusso, è adatto o meno al veicolo aereo o spaziale che stanno progettando. In questo modo, saranno in grado di apportare modifiche e fare prove teoriche sul trasferimento di calore o sul decollo che aiuteranno a capire se quel design è migliore o peggiore.

“Chiunque voglia fare simulazioni di fenomeni fisici potrebbe utilizzare questo nuovo metodo, basta prendere il nostro approccio e caricare i dati nel proprio software. È un metodo che ammetterebbe di considerare effetti fisici sconosciuti. E i risultati osservati di quella fisica sconosciuta potrebbero essere caricati per la formazione “, ha aggiunto Freund.

Il lavoro è stato svolto utilizzando il supercomputer del National Center for Supercomputing presso la UIUC noto come “Blue Waters”, che ha reso la simulazione più veloce e quindi più efficiente in termini di costi.

Gli scienziati ritengono che lo stesso approccio potrebbe funzionare anche con altri fenomeni fisici che presentano analoghi aspetti poco conosciuti. Il passaggio successivo consiste nell’utilizzare il metodo su flussi di turbolenza più realistici. “Il flusso turbolento che abbiamo usato per dimostrare il metodo è una configurazione molto semplice, mentre i flussi reali sono più complessi. Abbiamo in programma di mettere alla prova il metodo per la turbolenza con fiamme al suo interno, che rappresenta un tipo di fisica completamente diverso” ha concluso Freund.

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