In questi giorni sono in corso gli esami universitari della sessione estiva. Vorremmo dire “in aula”, ma con il perdurare delle restrizioni dovute all’emergenza COVID, i luoghi dell’esame sono piuttosto camere, giardini, cucine e uffici. Come MaddMaths! e UMI vogliamo proporre un primo momento di riflessione su questa situazione. A partire da questo post troverete una serie di iniziative che stiamo mettendo in atto. Qui proponiamo il contributo di Paolo Lella del Politecnico di Milano.
Chi sono?
Sono un ricercatore a tempo determinato di tipo B in servizio presso il Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano. In questo semestre, ho tenuto due corsi:
[AG2] Analisi e Geometria 2 (10 cfu – primo anno) per i Corsi di Laurea Triennale in Ingegneria Aerospaziale, Ingegneria Energetica ed Ingegneria Meccanica.
[ALG] Algebra Lineare e Geometria (5 cfu – primo anno) per il Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Matematica.
Entrambi i corsi hanno circa 150 nuove matricole ogni anno, per un totale di studenti iscritti compreso tra le 200 e le 250 unita.`
Nel passare agli esami a distanza avete dovuto modificare le vostre prove d’esame? Quali difficoltà avete incontrato?
Analisi e Geometria 2. L’esame era scritto e prevedeva una parte di esercizi (4 con 2 ore a disposizione) e una parte di teoria composta da alcune domande aperte di tipo nozionistico e alcuni quesiti a risposta multipla che avevano l’ambizione di indagare il livello di comprensione e le capacità di rielaborazione (40 minuti a disposizione).
In questa sessione, ho svolto gli esami con Moodle e il sistema di proctoring online Respondus. La parte scritta è stata sostituita da un quiz non navigabile composto da 10 domande a risposta multipla (30 minuti a disposizione) più un quiz navigabile composto da 3 esercizi a risposta aperta (60 minuti a disposizione). La parte di teoria à stata sostituita da un quiz non navigabile (30 minuti a disposizione) in cui le domande aperte sono state parzialmente sostituite da domande di tipo “Trascina e rilascia su testo”.
Algebra Lineare e Geometria. L’esame prevedeva una prova scritta (4 esercizi con 90 minuti a disposizione) e una prova orale (obbligatoria per tutti).
In questa sessione, la parte scritta è stata sostituita da un quiz non navigabile composto da 10 domande a risposta multipla (30 minuti a disposizione) più un quiz navigabile composto da 3 esercizi a risposta aperta (50 minuti a disposizione) somministrato con Moodle e il sistema di proctoring online Respondus. Le 10 domande a risposta multipla vertono anche su aspetti teorici del corso e la prova orale è diventata opzionale (obbligatoria per voti > 25) e viene svolta in videochiamata (con Microsoft Teams).
Difficoltà incontrate. C’è stata una prima difficoltà di tipo logistico, legata anche alla mia condizione individuale sia lavorativa che personale. Infatti, il cambio di modalità ha comportato un aumento del lavoro in vista dell’esame (studio dei nuovi strumenti, studio di come si strutturano le prove a distanza e conseguente progettazione, preparazione di nuovo materiale). E il tutto si è svolto in un momento in cui la cura dei figli a casa ha assorbito una parte rilevante del tempo a disposizione.
Considero questa difficoltà contestuale all’emergenza che ha contraddistinto il semestre. Non penso quindi che debba rientrare pienamente in una discussione sulle prospettive a medio termine della valutazione a distanza. Penso però che vada tenuta a mente nella valutazione dell’esperienza di questo semestre e nel conseguente peso che avrà tale valutazione nelle decisioni per il futuro. Perché alcune imperfezioni e alcuni insuccessi che osserviamo e osserveremo saranno anche dovuti al poco tempo a disposizione avuto dai docenti per una adeguata preparazione.
Una seconda difficoltà riguarda l’effetto che ha avuto su una parte rilevante degli studenti il cambio di modalità. Ho dedicato parecchie energie (con esiti alterni) ad aiutare gli studenti a mantenere la concentrazione sull’aspetto dello studio e della preparazione, senza che venissero distratti da pensieri di ansia e preoccupazione generati dall’imprevisto del cambio di modalità.
Le nuova modalità a distanza vi hanno portato a valutare differentemente le vostre prove di esame precedenti? Ci sono riflessioni che ritenete utili anche per quando la didattica e in particolare la valutazione tornerà a svolgersi in presenza?
La nuova modalità ha rafforzato alcune idee. Condivido le due che ritengo più significative.
- La prima riflessione ritengo sia applicabile in particolare a tutti i corsi di base, che sono caratterizzati da grande stabilità di contenuti e modalità d’esame. La stabilità dell’esame (ad esempio la stessa struttura, la stessa tipologia di esercizi, la stessa durata, … ) produce una consuetudine che da un lato ha un ruolo molto rassicurante sugli studenti, ma dall’altro mi sembra distolga la concentrazione dal processo di apprendimento dei contenuti, non finalizzato alla sola prestazione dell’esame. In questa situazione, ho ribadito più volte agli studenti che dal mio punto di vista, il cambio di modalità non rappresentava un impedimento nel processo di valutazione. Inoltre, ho assicurato che la nuova modalità aveva come obiettivo quello di riprodurre gli stessi risultati della modalità solita, cioè che a parità di preparazione ogni studente avrebbe ottenuto approssimativamente lo stesso voto che avrebbe conseguito con la prova solita. L’impressione che ho avuto è che una parte rilevante degli studenti non si ritrovino in questo scenario. Molti di loro investono il tempo dello studio non primariamente all’apprendimento dei contenuti (che garantisce il superamento dell’esame), ma al miglioramento della performance sul particolare esercizio dell’esame.
Questa esperienza mi pare fornisca una conferma di questa impressione. Nel passaggio da prova scritta tradizionale a domanda aperta con Moodle è cambiata anche la richiesta: prima si chiedeva allo studente di mostrare le proprie capacità risolutive (anche a scapito dell’argomentazione della soluzione), mentre adesso richiedo ricorrentemente di illustrare il processo utilizzato. La capacità di spiegare cosa si fa e perché lo si fa mi sembra incongruente con le capacità di calcolo mostrate negli anni scorsi, come se le capacità di calcolo non siano conseguenti ad una chiarezza del processo, ma siano allenate e apprese per ripetizione di soluzioni di analoghi esercizi (spesso messe a disposizione dal docente stesso).
Penso che scardinare la consuetudine delle prove d’esame renderebbe meno efficace la preparazione finalizzata all’esame e incentiverebbe lo studio “neutro” dei contenuti. - La seconda riflessione riguarda la consapevolezza di se stessi che gli studenti raggiungono al termine di un corso. In generale, l’autoconsapevolezza mi sembra mediamente non adeguata. Infatti, insisto anche in condizioni normali con gli studenti sul fatto che devono allenarsi anche ad avere fiducia nelle loro soluzioni. Per questo motivo sono solito fornire durante il corso esercizi senza soluzioni, in modo che si misurino con il processo di autovalutazione e che non deleghino la valutazione del successo o dell’insuccesso al confronto con un numero fornito dal docente.
Con la somministrazione di quiz non navigabili, questo aspetto si è mostrato in maniera ancora più evidente. Innanzitutto, i quiz non navigabili sono stati accolti con contrarietà dagli studenti, penso anche per l’aspetto pregiudiziale di minor libertà. Rispetto alla modalità standard, in cui la consegna avviene per la fine del tempo a disposizione, in un quiz non navigabile, la consegna avviene per iniziativa individuale dello studente. Per ogni esercizio ho fornito un indicazione del tempo indicativo previsto per la soluzione, in modo che ogni studente potesse decidere se dedicare più o meno tempo ad un esercizio, tenendo conto della sua preparazione e alle sue abilità.
È stata una novità a cui gli studenti nel complesso non erano pronti, alla quale quindi si sono adeguati in maniera molto varia. Ma la ritengo una preziosa aggiunta nel processo di valutazione e un importante stimolo per gli studenti che mi piacerebbe conservare.
Avete notato un atteggiamento differente rispetto alle prove d’esame da parte degli studenti? Quali difficoltà ritenete che loro abbiano dovuto superare? Avete messo in atto delle strategie particolari per aiutarli?
Gli studenti hanno approcciato la sessione con un senso molto forte di inquietudine, generata dal cambio improvviso ed imprevisto della modalità d’esame. Come ho scritto precedentemente, il cambio di modalità ha interrotto una consuetudine consolidata negli anni che aveva un forte effetto rassicurante. L’inquietudine e l’incertezza si sono tradotte nella mia esperienza in due comportamenti principali.
- Una parte degli studenti ha elevato il livello di attenzione e ha partecipato più attivamente a tutti i processi nuovi del semestre (dalla didattica a distanza alla valutazione). Interpreto questo comportamento come la manifestazione del bisogno degli studenti di avere una guida e come un riconoscimento del ruolo di formatore/educatore del docente. Ritengo che questa sia stata una grande occasione, uno spazio che si è aperto, che porta con se’ un enorme potenziale e che in condizioni normali è più difficile da conquistare.
- Una parte degli studenti invece è stata molto disturbata e ha dedicato molte attenzioni al processo di formulazione della nuova modalità, con un atteggiamento poco costruttivo, partendo dall’idea pregiudiziale che la nuova modalità avrebbe rappresentato un aumento della difficoltà della prova e una conseguente penalizzazione del voto. Le attenzioni dedicate a questo aspetto sono state sottratte allo studio. Ritengo questo comportamento una manifestazione del disfunzionale equilibrio tra docenti e studenti che mi sembra molto diffuso oggi. Nel recente passato, gli studenti sono stati maggiormente coinvolti (penso giustamente) nelle discussioni legati all’esperienza didattica universitaria, ma a mio parere non sono stati definiti correttamente le prerogative e gli argomenti sui quali sono chiamati ad esprimere legittimamente un parere. Ritengo che le modalità d’esame non debbano essere un argomento di discussione con gli studenti, perché non penso che uno studente abbia la maturità per discutere le modalità della prova a cui viene sottoposto. Penso che dovrebbe invece focalizzarsi sulla preparazione alla prova e partecipare ad una discussione costruttiva sul come rendere il più efficace possibile tale preparazione. In questo scenario, vedo uno scarso riconoscimento del ruolo di guida del docente nella veste di formatore/educatore (alleato dello studente) e un appiattimento al ruolo di valutatore/giudicatore (contrapposto allo studente). Ritengo questa dinamica una stortura e un impoverimento, spesso non contrastati dal lato docente che in alcune situazioni mi pare rinunci o abdichi al suo ruolo pedagogico di educatore.
Penso che la difficoltà principale affrontata dagli studenti sia stata studiare e prepararsi in una situazione di imprevisto e di precarietà che ha pervaso tutte gli aspetti della loro vita. Si tratta sicuramente di una condizione di minore serenità che non aiuta lo studio.
Per aiutarli, ho dedicato loro molto tempo, rispondendo con pazienza a tutte le domande, sia al termine delle lezione che via email, cercando di rassicurare le preoccupazioni e di stimolare lo studio e la partecipazione. Ho molto insistito sul fatto che tutti facessimo del nostro meglio con consapevolezza e rispetto dei rispettivi ruoli e prerogative, partendo dal presupposto che l’obiettivo finale del corso è condiviso. Sulle modalità d’esame, ho discusso con gli studenti tutte le loro perplessità, argomentando tutte le scelte assunte e spingendoli verso una riflessione il più possibile complessa che tenesse a mente i vari punti di vista.
Ritenete che la possibilità di comportamenti scorretti e ingannevoli costituisca un problema rilevante per la didattica a distanza?
Prima di cominciare la sessione, non ero particolarmente preoccupato per comportamenti scorretti e ingannevoli. Confidavo sull’onestà di una parte consistente degli studenti e sull’effetto novità delle modalità. Dopo 3 prove d’esame, non ho cambiato idea. Le prove si sono svolte senza gravi problemi tecnici e i risultati sono consistenti con lo storico degli anni passati. Ci possono essere stati comportamenti scorretti, ma non sono in grado di escludere del tutto che si siano verificati anche in passato in esami svolti in presenza.
Penso però che nel complesso il problema sia molto rilevante. Per prima cosa perché la possibilità di comportamenti scorretti e ingannevoli e gli strumenti per contrastarli in modalità a distanza sono stati un argomento di discussione quasi monopolizzante, in ogni caso sovrarappresentato rispetto ai temi relativi a questioni metodologiche per la progettazione di un esame efficace. Il tema è quindi molto delicato nella relazione studenti/docenti e penso che si debba scongiurare il rischio di una escalation contrappositiva fatta da comportamenti scorretti da un lato e strumenti sempre più complicati per il contrasto del fenomeno dall’altro. La direzione verso quale andare penso sia opposta, cioè debba essere la costruzione di un rapporto di fiducia reciproca: fiducia nel comportamento corretto e fiducia nel processo di valutazione equo. Culturalmente mi pare siamo molto distanti e, inoltre, penso non vada sottovalutata la pesante eredità delle esperienze accumulate dagli studenti alle scuole elementari, medie inferiori e superiori, dove la valutazione è soggetta a problemi cronici e ricorrenti.
Ultime riflessioni
Mi sembra che l’emergenza abbia fatto venire a galla alcuni effetti collaterali di scelte fatte in passato e sul quale penso varrebbe la pena aprire una riflessione di ampio respiro con una prospettiva di medio/lungo termine.
- Alla valutazione sommativa su cui si basa primariamente il sistema universitario (sicuramente in ambito matematico), sarebbero preferibili sistemi di valutazione continuativa o sistemi misti che sono meno sensibili rispetto a qualità o debolezze individuali del singolo studente che non hanno molto a che vedere con l’aspetto contenutistico dei corsi e che hanno la potenzialità di tenere maggiormente ingaggiati gli studenti. Per farlo, bisognerebbe invertire la rotta sulla stesura dei calendari accademici. Al momento le settimane a disposizione per i corsi in un semestre sono circa 12 o 13. Ipotizzando ottimisticamente che lo studente dedichi allo studio 8 ore al giorno, si avrebbero a disposizione 40 ore a settimana (di cui una buona parte di lezione frontale) e circa 500 ore sulle 12/13 settimane del corso. Rimangono circa 250 ore di preparazione per l’esame per arrivare alle 750 ore previste da 30 cfu. È evidente che non c’è lo spazio per immaginare di proporre su larga scala corsi con valutazione continuativa. Bisognerebbe trovare la forza per intraprendere un percorso di riforma (impopolare tra gli studenti) che riduca le settimane dedicate agli esami, riducendo il numero di appelli d’esame e di laurea, in favore di più ore di studio individuale durante lo svolgimento dei corsi. Per farlo, servirebbe una seria riflessione che ponga al centro la riuscita dello studente nell’esperienza universitaria.
- Mi sembra che lo spazio concesso agli studenti nei processi decisionali dell’università sia da ridimensionare. Ritengo che sia pedagogicamente importante ricordare a noi e agli studenti la distinzione di ruoli e di responsabilità. È importante avere un feedback dallo studente per costruire insieme il contesto migliore per uno studio sereno e proficuo, ma non penso che questo includa il discutere le modalità d’esame, il numero di appelli durante l’anno, i curriculum delle lauree, e cose analoghe. Per riuscire, penso serva (1) una messa in discussione profonda delle forme didattiche e valutative attuali, (2) l’abbandono di pratiche ereditate dal passato ma disfunzionali nel presente e (3) un grande sforzo creativo per immaginare la didattica del futuro attingendo a tutti gli strumenti e risorse che sono oggi a disposizione.
- L’emergenza Covid-19 ha messo in evidenza che come categoria non eravamo preparati per affrontare le sfide della didattica online e della valutazione a distanza. Mi pare fosse prevedibile, visto che la didattica non è un ambito dove ci si improvvisa. Introdurre anche piccole novità nella propria didattica richiede una riflessione autocritica, un tempo di aggiornamento e progettazione, ed infine una fase realizzativa. Un investimento del proprio tempo lavorativo notevole. È difficile aspettarsi questa disponibilità su larga scala con i criteri di progressione di carriera attuali basati quasi esclusivamente sull’attività di ricerca. Al momento, questo processo di ammodernamento della didattica è quindi lasciato alla sensibilità del singolo docente e non guidata dall’alto. Per esemplificare, penso che utilizzare come valori soglia per le abilitazioni scientifiche nazionali invece che x articoli in y anni, qualcosa del tipo x − k articoli e k corsi di aggiornamento su tematiche collegate all’attività didattica in in y anni, non indebolirebbe la performance dell’università nell’ambito della ricerca ma migliorerebbe sensibilmente l’efficacia nell’ambito della didattica. Inoltre, un discorso di questo tipo promuoverebbe un immagine del docente universitario più completa e complessa ed aiuterebbe a valorizzare i colleghi che hanno già dedicato una parte rilevante del loro tempo all’ambito della didattica, che sono magari naturalmente dotati e già pronti a guidare la collettività in un percorso virtuoso.
Paolo Lella (Politecnico di Milano)