Piergiorgio Odifreddi colpisce ancora, proponendo su “La Repubblica” alcuni commenti estremamente discutibili sul ruolo delle donne nella scienza. Già in passato Odifreddi si era distinto in questo senso, commentando in modo dubitativo la medaglia Fields di Maryam Mirzakhani (qui il suo articolo del 2014 e qui la risposta di Natalini e Pisani sul Sole24 Ore). Adesso il suo giudizio è molto più sbilanciato fino a scrivere frasi del tipo “Una progressione discendente, che sembra indicare come l’attitudine femminile sia direttamente proporzionale alla concretezza e indirettamente proporzionale all’astrazione.” Il Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana ha deciso di rispondere con una lettera inviata ieri sera a Repubblica, che riportiamo qui sotto.
E’ stato portato alla nostra attenzione l’articolo ”Il talento delle donne per la scienza” di P. G. Odifreddi apparso il 16 u.s. sulle pagine di ”La Repubblica”. Dopo avere elencato i numeri delle donne insignite di Premi Nobel, Premi Turing, Medaglie Fields e vincitrici del campionato mondiale di scacchi (nessuna per quest’ultimo riconoscimento), Odifreddi ne deduce che le donne non sono versate per l’astrazione (leggi matematica, fisica teorica, ecc.), mentre lo sarebbero di più per attività più ”concrete”. Quali queste attività concrete e più adatte alle donne siano non è dato sapere. Noi non siamo per nulla d’accordo con la deduzione di Odifreddi. In verità, il suo articolo mette in evidenza un problema generale. I dati numerici sono quello che sono, e, ad esempio, Odifreddi ne ha elencati alcuni. Però i dati vanno letti e interpretati. Quelli che lui ha fornito sono ben noti e confermano quello che la nostra pluriennale esperienza sul campo di docenti e ricercatori e i risultati di numerosissime analisi sull’argomento attestano: la scarsa presenza femminile nella ricerca scientifica non è dovuta alla mancanza di doti innate ma è fortemente condizionata da convenzioni sociali dure a morire.
Le ragazze non vengono sufficientemente indirizzate verso gli studi scientifici mentre si ritiene più naturale spingerle, ad esempio, verso studi umanistici ritenuti più consoni alle loro capacità. Per non dire che, per molte scienziate, la vita accademica e della ricerca entra spesso in conflitto con importanti scelte personali: ricerca e cura familiare sono, in mancanza di politiche adeguate e in presenza di una cultura che delega quest’ultima alle donne, ben difficili da conciliare, e ciò porta spesso promettenti giovani ricercatrici a rinunciare a brillanti carriere. Insomma, ribaltando l’opinione di Odifreddi, noi pensiamo che sia proprio l’idea (o forse è meglio dire il pregiudizio) da lui espressa ad essere una delle cause sociali della scarsa presenza femminile in ambito scientifico. In ogni caso, per fortuna, e grazie ad impegno e attenzione continui per bilanciare idee preconcette, le cose stanno cambiando, sempre più donne accedono alle carriere scientifiche e dimostrano, coi fatti, che l’intelligenza, concreta o astratta che sia, è, per fortuna, trasversale al genere. Questa nostra lettera vuole dare dei dati elencati da Odifreddi una lettura differente dalla sua, lasciando ai lettori di ”La Repubblica” la possibilità di farsi un’idea di quella che tra le due sia la più credibile.
Vogliamo concludere ricordando un episodio ben noto nella comunità accademica: anni fa l’allora rettore di Harvard espresse pubblicamente lo stesso pregiudizio di Odifreddi sulle scarse capacità scientifiche ”innate” delle donne, suscitando critiche che contribuirono alle sue dimissioni dalla carica. Dispiace constatare che opinioni trite, e ritenute inaccettabili in contesti dove i ruoli di genere sono meno tradizionali, vengano riproposte periodicamente, anche da chi ingenuo non è.
Cinzia Cerroni, Professore Associato, Università di Palermo, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana
Anna Cherubini, Ricercatore, Dipartimento di Matematica, Università di Lecce, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana
Ciro Ciliberto, Professore Ordinario di Geometria, Università di Roma Tor Vergata e Presidente dell’Unione Matematica Italiana
Adriana Garroni, Professore Associato, Università di Roma “La Sapienza”, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica
Italiana
Barbara Nelli, Professore Associato, Università de L’Aquila, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana
Susanna Terracini, Professore Ordinario, Università di Torino, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana
Sofia Tirabassi, Associate Professor, University of Bergen, Membro del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana
Odifreddi ha detto cavolate ma al giorno d’oggi nessun genitore con sale in zucca scoraggerebbe un eventuale interesse per le scienze
Sono del tutto d’accordo con la critica rivolta a Odifreddi. Aggiungo però che lo stereotipo, ben duro a morire, della supposta inadeguatezza delle donne all’astrazione e alla matematica si nutre anche di un linguaggio che ancora stenta ad adeguarsi ai tempi. Le firmatarie della risposta a Odifreddi non sono “professore associato”, “professore ordinario”, “ricercatore” eccetera, ma “professoressa” e “ricercatrice”. L’Accademia della Crusca si è pronunciata con estrema chiarezza: tutti i nomi che indicano mestiere o professione sono declinabili al maschile e al femminile. Per i lavori più semplici – servo/a, cuoco/a, cameriere/a, eccetera, ciò è dato per assodato, per le professioni di maggior prestigio no. Perché? Vi invito dunque a firmarvi con orgoglio con i titoli che vi spettano, per nulla inferiori ai corrispondenti maschili.
In verità fa specie leggere un commento siffatto in un blog di matematica. I dubbi di Odifreddi non hanno nulla di ideologico, a differenza di chi pare criticarlo; partono invece dalla semplice constatazione statistica dei fatti, ovvero che se il numero delle ricercatrici in matematica ( professione che non necessita per conseguire risultati assoluti di finanziamenti specifici o di tecnologie costose o esclusive, o di parzialità di giudizio) almeno pari agli uomini, la distribuzione dei premi (e quindi dei traguardi raggiunti) deve seguire simile proporzionalità. Cosa che non è. Inoltree mostra come anche in passato alle donne sia stato pià che permesso di vincere i premi pià prestigiosi in ambito scientifico, a dimostrazione che il patriarcato maschilista non aveva interessa a escludere donne, altrimenti si sarebbero escluse tutte, e solo una che avesse vinto il Nobel avrebbe rappresentato la negazione di una politica discriminatoria volta esplicitamente a considerare le donne come intellettualmente inferiori.
Molto più ideologico assumere che la varianza tra sessi sia la medesima, sebbene non suffragata da dati. Infine, la defenestrazione del rettore di Harvard non va annoverata tra i tragurdi scientifici e civivi del mondo occidentale, bensì come il conformismo massimo del politically correct, che rende scientificamente arduo e autolesionista affrontare tematiche che potrebbero portare a verità sgradevoli per tutti.
Insomma, qual è il problema nelle nostre vite di donne e uomini il constatare che, per quel che pertiene l’astrazione più estrema, il numero di geni maschili è superiore al numero di geni femminili? Viene forse ferito l’orgoglio di genere di noi comuni mortali, con i nostri cervelli mediocri?
E’ ridicolo sostenere che “la scarsa presenza femminile nella ricerca scientifica non è dovuta alla mancanza di doti innate ma è fortemente condizionata da convenzioni sociali dure a morire”.
Le donne fanno i medici e gli avvocati, se la società non impedisce alle donne di far carriera in campi così prestigiosi e remunerativi, perché mai dovrebbe ostacolarle nello studio della matematica?
E’ come dice Odifreddi: le donne sono pratiche, si trovano molto meglio tra i garbugli della giurisprudenza che tra le sottigliezze della matematica.
sarò lento io ma francamente non ho capito in quali frasi dell’articolo Odifreddi abbia commenato in modo dubitativo la medaglia Fields di Maryam Mirzakhan
La frase è venuta fuori male, si trattava dei dubbi che il Prof. Odifreddi ancora sembrava nutrire, non sulla specifica medaglia, ma sulla possibilità di avere matematiche geniali. Cito:
“Una possibile spiegazione della strana situazione delle donne nella matematica è stata proposta dal più famoso scienziato vivente: James Watson, scopritore della doppia elica, e noto anticonformista. Secondo lui, il quoziente intellettivo medio delle donne è più alto di quello degli uomini, ma le donne hanno meno varianza. Cioè, le donne sono più intelligenti in media degli uomini, ma hanno meno punte di loro: nella genialità, da un lato, e nell’autismo e nella schizofrenia, dall’altro.
Watson sa di cosa parla, visto che nella sua stessa famiglia si trovano entrambe le punte: suo figlio è infatti schizofrenico, e lui ha spesso organizzato convegni su questa malattia, per cercare di comprenderla meglio. Se poi abbia ragione in generale, rimane da vedere. Per ora, Maryam Mirzakhani segna un punto a favore delle donne, e il futuro ci dirà se si tratta di un’eccezione isolata o dell’inizio di un nuovo trend.”
James Watson, noto scienziato dalla posizione assai criticata dalla scienza (e per tutta una serie di motivi) che deve la sua “scoperta” della doppia elica alle ricerche di una donna che, a differenza sua e certamente non perché meno capace in fatto di astrazione, non ha ricevuto il premio Nobel. Certamente, il “rubare” risultati altrui per usufruirne denota una forte capacità di astrazione e l’aver la capacità di formulare ipotesi sulla genialità femminile (dopo averne ampiamente tratto vantaggio) denota anche poco un ragionamento con poco senso della decenza. Giusto per puntualizzare.
Un bravo matematico uomo-donna-altro è solo un bravo matematico.
Povero Odifreddi, che avrà mai detto di così grave? Manco avesse giudicato la donna alla maniera di Schopenhauer. Ma che vi spruzzate il front line prima di commentare?
Il fatto che lei non colga la gravità dell’affermazione è esso stesso un problema e spiega che la strada da percorrere è ancora molto lunga.
Giusto. Brave. Sacrosanto. Grazie. Una piccola domanda però: perché nessuna di voi si qualifica col genere femminile come anche la Crusca ormai consiglia? Ricercatrice e professoressa.
Se neppure noi diamo valore al corretto uso del femminile presentandoci al mondo e continuiamo a usare le qualifiche maschili come se fossero neutre o, peggio,le uniche possibili perché Odifreddi & co dovrebbero darci valore?
Sono sempre in dubbio se definirmi ricercatore o ricercatrice. Ultimamente opto per ricercatore, perchè è il ruolo/titolo, è la parola riportata sulla busta paga, sui bandi di concorso. Certamente penso che non abbia senso definire due figure professionali diverse, il ricercatore CNR e la ricercatrice CNR. Quindi, in conclusione, io sono una ricercatrice (e questo è un fatto, io sono donna e faccio ricerca su tutto, nella vita, quindi io sono una ricercatrice) che di lavoro fa il ricercatore CNR.
Anche nei premi letterari gli uomin fanno man bassa di premi, ma nelle vendite e quindi nel numero di lettori, le donne si rifanno ampiamente. Come si spiega?
Conosciamo cosi’ poco della mente umana che qualsiasi valutazione nei suoi riguardi e’ pressocche’ arbitraria
Giovanni Russo
Piuttosto sono curioso ed attendo che Odifreddi pubblichi la lista completa dei suoi Collected Papers o, Selected Works matematici (e non teologici). Ho provato a cercare ma non ho trovato granché…
Su questo forse non va attaccato: gli elenchi di pubblicazioni reperibili nei motori di ricerca (ad esempio http://dblp.uni-trier.de/pers/hd/o/Odifreddi:Piergiorgio) sono in effetti corti, ma si tratta di pubblicazioni di rilievo.
In più, lo si ricorda in particolare per i manuali di teoria della ricorsione che sono a tutt’oggi punto di riferimento per i ricercatori nell’ambito.
Odifreddi ha scritto una cavolata, detto questo oggi nessun genitore con sale in zucca scoraggerebbe un inclinazione per la scienza nelle figlie dato che studiando materie scientifiche secondo la vulgata si trova lavoro più facilmente
Il problema sta spesso nei professori pensa se ti capita uno con pregiudizio come oddifreddi…se ti va bene ti mette a fare qualche cosa di concreto al di la della capacità o non trasmettendoti il pensiero astratto per suo pregiudizio…non è un problema solo di oddifreddi..pensa che molte donne ripegano su altri lavori poiche i professori nei campus non danno loro ruoli di sperimentazion e ricerca già nel percorso formativo..un problema reale gli oddifreddi