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Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso il valor delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valor che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? (Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore)

Con la geometria, verrebbe di rispondere, con le definizioni e gli assiomi di Euclide, che hanno dentro un mondo di cose! Per il punto basta un rigo, per descrivere la retta e il piano ci vogliono dieci libri degli Elementi (e millenni di discussione), per lo spazio solo tre libri e poi il grande matematico alessandrino si riposa. Il mondo euclideo non va oltre la terza dimensione. Lo spazio non è nemmeno inserito tra gli enti fondamentali. Se la geometria antica fosse messa in scena, lo spazio non verrebbe citato tra i protagonisti, perché lo spazio è il palcoscenico della geometria, lì tutti gli altri attori possono relazionarsi tra loro.

Il libro XI degli Elementi dà le regole di questa rappresentazione: “Per una retta nello spazio passano infiniti piani” oppure “Per tre punti non allineati nello spazio passa un solo piano”, quindi si definiscono piani paralleli e perpendicolari, entra in scena la sfera come rotazione di un semicerchio attorno a un diametro. Questo passaggio alla dimensione superiore come movimento di oggetti di dimensione più bassa, ci aveva già colpito in dimensione 2 (la curva che si muove dà la superficie), in dimensione 1 (il punto muovendosi dà la curva), qui ruotando un semicerchio (non una semicirconferenza) si ottiene un oggetto che oltre a larghezza e lunghezza ha anche profondità.

La profondità è comunemente pensata come la terza dimensione. Che grande vantaggio per Dafne trasformarsi in alloro vivendo in dimensione 3. Se la sua tormentata storia d’amore fosse accaduta nel piano, la sua pianta (e tutte le altre) non avrebbe potuto disporre le foglie in modo da prendere abbastanza luce! Nel piano le foglie superiori avrebbero coperto quelle inferiori, nello spazio invece una nuova direzione risolve il problema. Sfortunata invece Proserpina, che se fosse stata bidimensionale non avrebbe avuto la mano di Plutone a bloccarla così violentemente. Niente meglio delle statue del Bernini può spiegare questo terzo vettore della base di R3!

Certo se Plutone e Apollo, Dafne e Proserpina fossero stati unidimensionali e rettilinei, allora le giovani rincorse avrebbero avuto scampo: ognuna di loro avrebbe dovuto essere in posizione sghemba rispetto al proprio invaghito oppure posizionarsi su piani paralleli. Per chiarire questo basta recarsi in un teatro di danza contemporanea: in tali coreografie i ballerini si dispongono spessissimo in posizione sghemba per dare l’impressione di solitudini incolmabili. Due rette sghembe nello spazio non possono infatti incontrarsi e non fanno nemmeno troppe storie come le rette parallele nel piano!

Se invece Plutone e Apollo fossero stati più gentili avrebbero potuto conquistare le loro amate regalando loro un diamante. Il retino cristallino costruito da atomi di carbonio disposti secondo struttura tetraedrica, ha caratteristiche di estrema durezza e resistenza oltre che di fascino. Viceversa lo stesso carbonio disposto in piani paralleli si sfalda ed è desiderato un regalo solo dalle donne che hanno davvero urgenza di trovare la matita per segnare la lista della spesa o un teorema appena compreso! E’ dalla terza dimensione che viene consentito il diverso posizionamento degli atomi e l’esito del nostro San Valentino.

La visione del carbonio disposto come nel diamante è vicina all’idea di dimensione di Weyl: mettiamoci in un ottaedro del diamante e scopriamo che siamo in dimensione 3 perché restiamo intrappolati dalle facce dell’ottaedro che sono bidimensionali.

Nella disposizione del carbonio come una barra di grafite infinita siamo vicini all’intuizione di Poincarè: non è possibile passare da una parte all’altra della barra di grafite: lo spazio è tridimensionale perché un piano (bidimensionale) lo sconnette. Lo spazio è un teatro perché il sipario divide attori e spettatori. Una retta e un punto si possono aggirare, ma non un piano.

Togliere un solo punto però dà molta sorpresa a chi vive in certi spazi. Se per esempio una mosca è rimasta intrappolata in un pallone gonfiato e un solo punto viene usato per forarlo, la povera mosca non potrà più volare, se le va bene, camminerà: il pallone è diventato bidimensionale. I matematici fanno spesso questo gioco (mosca esclusa): sottraendo allo spazio un punto, questo si può rappresentare in dimensione due mediante la proiezione stereografica. Si ottengono così le mappe, quando per convenzione foriamo la Terra nel polo nord! Anche il cinema 3D è detto stereografico, anche se stavolta ci vuole una macchina (che i matematici chiamano funzione) che vada dalla dimensione 2 alla dimensione 3. Se non ci piace abbastanza vedere i film in 3D è forse perché la funzione di cui parliamo non potrà avere le belle proprietà che un matematico cerca.

Il fisico invece è molto fiero di poter proiettare e anti-proiettare. È il passaggio alla dimensione 3 che consente l’ottica. Lo specchio esiste perché siamo in 3 dimensioni, anche se avessimo uno specchio davanti ad un quadro, per sovrapporre specchio e immagine come due fogli di grafite dobbiamo vivere in dimensione 3. L’ombra esiste non tanto perché gli oggetti siano tridimensionali ma perché alla luce serve una dimensione in più per proiettare. Lo sapeva bene già Archimede che giocava con specchi concavi. Lo sapeva molto tempo prima già Talete che riusciva a misurare l’altezza delle piramidi dalla loro ombra. Nota tale altezza non è poi difficile misurare l’area di base della piramide e quindi questa nuova grandezza che compare in dimensione 3: il volume.

Il libro XII degli Elementi indaga sul volume di piramidi, cilindri, coni, accenna alle sfere. Ma nel penultimo volume degli Elementi non c’è nemmeno il volume della sfera! Quest’ultima frase contiene tutta la tracotanza del matematico moderno che sa fare in un rigo ogni formula di volume riportandosi magari in dimensione 2 grazie alla alla formula di Stokes e alle sue versioni note come teorema di Gauss-Green, del flusso, della divergenza, del rotore. Per quanto bello tale risultato moderno possa essere, è molto più scultoreo il Teorema di Archimede: il volume della sfera è 2/3 del volume del cilindro ad essa circoscritto. Invece il cono inscritto è 1/3 del cilindro. Ovvero inserendo “perfettamente” un cono e una sfera in un cilindro potremmo chiamare 1,2,3 questi solidi e avremmo detto anche la proporzione dei loro volumi! Questo risultato è talmente bello che il genio di Siracusa volle che una sfera in un cilindro fosse raffigurata sulla sua tomba e anche il logo dell’Unione Matematica Italiana si ispira anche a tale relazione.

Ecco cosa significa per noi matematici la frase di Pirandello su mondi che contengono mondi: in 3 dimensioni abbiamo abbastanza spazio per contenere figure diverse. In matematica però i mondi diversi contenuti devono parlarsi tra loro, così la bella formula di Archimede deve ritrovarsi con le formule degli integrali di volume e con il metodo degli indivisibili di Cavalieri che suggeriva di calcolare i volumi sezionando le figure e rimettendo le “fette” in ordine, mantenendo la stessa altezza.

A proposito di mondi contenuti, se in dimensione 2 la circonferenza conteneva infiniti poligoni regolari, cosa accade per la sfera in dimensione 3? Quanti mondi poliedrici e regolari (cioè con tutte le facce uguali) può contenere? Il libro XIII degli Elementi è quasi un omaggio a Platone. Le statue che Euclide studia (non ammira soltanto!) sono i solidi regolari. Euclide dimostra che ve ne possono essere solo i cinque a cui Platone ha assegnato un significato filosofico. Euclide non si accorge di una possibile e brevissima dimostrazione che oggi scriveremmo come F+V=S+2: in ogni poliedro (regolare e non) la somma delle facce e dei vertici è uguale al numero degli spigoli aumentato di 2. La bellissima legge resa pubblica da Eulero nel 1730 è stata come al solito generalizzata dando vita a bellissimi teoremi sulla triangolazione di superfici.

Una formula è a volte il vero deus ex machina di questo teatro. Il matematico è nella buca del suggeritore, raramente alla regia. A volte è la voce fuori campo, quella che incute timore e incuriosisce, altre volte è  il coreografo, altre lo scultore della scenografia. Di certo si ottiene una grandiosa rappresentazione del reale!

La Matematica, vista nella giusta luce, non possiede soltanto la verità, ma anche una bellezza suprema, una bellezza fredda e austera, come quella della scultura. (Bertrand Russell, Misticismo e Logica)

Sandra Lucente

In copertina: Bernini Apollo e Dafne/ Bernini: Il ratto di Proserpina/ Logo dell’UMI/ Disposizioni dell’atomo di carbonio

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