Poche settimane fa è apparso sul sito Arxiv un preprint di Yu Deng, Zaher Hani e Xiao Ma che annuncia la risoluzione del cosiddetto sesto problema di Hilbert, ossia il problema di dedurre una descrizione macroscopica e continua della fisica dei modelli atomistici. Sergio Simonella ci racconta di cosa si tratta e cosa dobbiamo aspettarci da questo contributo.
Nel 1872, Ludwig Boltzmann partì dal modello atomistico della materia, allora soltanto parzialmente accettato, e scrisse un’equazione di trasporto (l’Equazione di Boltzmann appunto, nel seguito EB) per la funzione di distribuzione f = f_t(x,v) di una particella in un gas rarefatto:
(EB) (\partial_t + v \cdot \nabla_x) f = Q(f_t,f_t)
La funzione f_t(x,v) descrive la densità di particelle in un gas, ovvero il numero di molecole che, al tempo t, occupano un’unità di volume dx dv dello spazio delle fasi di singola particella. Per via dell’ipotesi di rarefazione, una singola particella del gas di Boltzmann si muove di moto rettilineo uniforme per lunghi tratti e, di tanto in tanto, subisce urti all’apparenza casuali. Tali urti sono descritti da un operatore “di collisione” Q in (EB), in cui la dipendenza da f è “bilineare”: Q dipende dal prodotto di due identiche funzioni f calcolate in stati di particella diversi.
In termini moderni, Boltzmann sostenne che, in una collisione tra particelle, le due velocità in ingresso sono statisticamente indipendenti. Tale cruciale ipotesi porta all’equazione chiusa (EB), che si rivela un’efficace e accurata descrizione del modo in cui il gas si evolve nel tempo, avvicinandosi rapidamente a stati di equilibrio termodinamico.
Con la (EB), Boltzmann diede il via alla teoria cinetica e a un’interminabile serie di studi, in cui i matematici furono e sono protagonisti.
Scrivendo l’equazione e studiandone le sue proprietà, Boltzmann realizzava un programma che lo aveva tenuto impegnato sin da quando era molto giovane. A soli ventidue anni (nel 1866) il fisico austriaco aveva già affermato che il suo fine sarebbe stato quello di ottenere la prima e la seconda legge della termodinamica, come teoremi matematici ottenuti a partire da sistemi meccanici.
Cercherò di spiegare quest’impresa in modo non tecnico. La realtà fisica ha un aspetto estremamente diverso a seconda della scala sulla quale la si osserva. Partiamo dalla scala microscopica, ovvero la scala dell’angstrom (10^{-8} cm). Su questa scala, il modello fondamentale è quello particellare in cui piccole unità di materia, molecole o atomi, si muovono incessantemente e interagiscono mutuamente tra di loro secondo delle leggi, appunto, meccaniche. Una descrizione classica di tali leggi del moto risale al XVII secolo e fu codificata nei Principia di Isaac Newton. La legge di Newton è completamente deterministica: questo significa che, se conosciamo lo stato del sistema a un certo tempo iniziale (t=0), allora saremo in grado di determinare univocamente lo stato del sistema per tutti i tempi, passati e futuri. Inoltre, la legge di Newton (così come tutte le altre leggi fondamentali della fisica finora accertate), non fa alcuna distinzione tra passato e futuro. Per questa ragione, la legge è detta “reversibile”. Sulla scala atomica, ciò che vediamo accadere per tempi crescenti, può accadere in modo identico tornando indietro nel tempo, come un film proiettato al contrario. Più precisamente, supponiamo di osservare un sistema meccanico formato da N particelle che evolve dal tempo 0 fino al tempo t: se a questo punto potessimo invertire tutte le velocità, lasciando evolvere il sistema per un altro lasso di tempo t, otterremmo esattamente lo stato iniziale con le velocità invertite, ovvero la successione di posizioni x e velocità -v (a meno del segno) da cui eravamo partiti. Quest’ultimo carattere delle leggi meccaniche è in apparente contraddizione con le più familiari osservazioni della realtà fisica su scala macroscopica. In particolare, le leggi della termodinamica sono in apparente contrasto con la reversibilità temporale. Tale “contraddizione” costituì un puzzle scientifico per lungo tempo. Essa si risolve andando a investigare la relazione tra scale piccole e scale grandi. Sappiamo bene infatti che, andando avanti nel tempo, si invecchia ma non si ringiovanisce; il calore non passa spontaneamente da un corpo freddo a un corpo caldo; una goccia di inchiostro in un bicchiere d’acqua si diffonde scurendo il liquido, ma non torna spontaneamente ad assumere la forma piccola e tonda che aveva inizialmente. Tutti questi fenomeni, tuttavia, hanno in comune il fatto di coinvolgere un numero elevatissimo di particelle. Ed è in questa disparità fra scale che si cela il segreto: un singolo stato macroscopico, osservato in un esperimento, può essere realizzato da un enorme numero di stati microscopici equivalenti. In effetti quello che accade è che la maggior parte delle configurazioni iniziali (che hanno una probabilità grande di essere realizzate) forniscono il corretto comportamento macroscopico nel passaggio dal tempo 0 al tempo t>0, ma non forniscono il corretto comportamento macroscopico nel passaggio inverso, dal tempo t>0 al tempo 0. In altre parole, le configurazioni buone per il futuro non lo sono per il passato.
La seconda legge della termodinamica spiega l’irreversibilità dei processi in termini dell’entropia S: una quantità peculiare che può essere pensata come una misura della complessità del sistema. In processi spontanei, l’entropia di un sistema non può mai decrescere. Boltzmann propose di interpretare l’entropia legandola al numero di microstati compatibili con un certo macrostato (da cui deriva la formula “S = k \log W” scolpita sulla sua tomba nel cimitero di Vienna). Inoltre affermò che, in un sistema fisico particolarmente semplice, quale un gas molto diluito, l’entropia ha una formulazione elementare in termini della funzione densità f, che si esprime con la formula
S = – \int f \log f
e che la sua crescita nel tempo può essere dimostrata facilmente a partire dall’equazione (EB). Così facendo, Boltzmann riuscì a conciliare leggi meccaniche, aumento dell’entropia e tendenza all’equilibrio. Il suo lavoro fu rivoluzionario, ma anche inevitabilmente controverso, proprio per via del problema della compatibilità tra comportamento reversibile e irreversibile della materia. Colleghi di Boltzmann, anche illustri, dubitarono della validità rigorosa della sua teoria.
Il sesto problema di David Hilbert si inserisce storicamente in questa avvincente vicenda scientifica. Il suo enunciato, tuttavia, è fumoso (specialmente se confrontato con altri problemi della sua lunga lista): “…Trattare allo stesso modo, mediante assiomi, quelle scienze fisiche in cui la matematica gioca una parte importante; in primo luogo si trovano la teoria delle probabilità e la meccanica“[1 ]Questo testo è quello ufficiale proposta da Hilbert, sebbene tradotto. È da notare che Hilbert diede, per ogni problema, un titolo e uno o più enunciati. Nel caso del sesto problema, l’enunciato è unico. Il testo originale tedesco a questo link..
Nel contesto storico del Congresso Internazionale dei Matematici del 1900, Hilbert cita alcuni fisici contemporanei e in particolare, fornisce un doveroso risalto a Boltzmann, suggerendo ai matematici di considerare la teoria cinetica dei gas come concreto campo d’investigazione. Ma il suo sesto problema va ben al di là della teoria cinetica e, ad oggi, può ben essere visto come una geniale premonizione del ruolo moderno della fisica matematica.
Nello specifico, il problema di Hilbert si può declinare in almeno due programmi monumentali, illustrati a metà del Novecento rispettivamente da Harold Grad e da Charles B. Morrey. Il primo programma riguarda la derivazione rigorosa dell’equazione di Boltzmann da sistemi di particelle Newtoniani [N → B]; il secondo riguarda la derivazione delle equazioni idrodinamiche (equazioni di Eulero e la loro versione corretta, le equazioni di Navier-Stokes) dagli stessi sistemi di particelle [N → I]. I due programmi sono profondamente diversi, ma in comune hanno l’ambizione di spiegare in modo esauriente e convincente il passaggio dal microscopico al macroscopico.
Per illustrare la differenza tra i due problemi, occorre sottolineare che la (EB) può essere usata soltanto per descrivere gas in condizioni di estrema rarefazione – i cosiddetti “gas perfetti”. Un tipico esempio di applicazione dell’(EB) sono i problemi aerodinamici, che coinvolgono la modellazione dell’atmosfera ad alta quota. In tali condizioni estreme, le equazioni idrodinamiche sono inadeguate e occorre ricorrere alla (EB) per spiegare i comportamenti osservati. Il numero di molecole per cm^3 è 10^{16} o minore, contro le almeno 10^{23} presenti normalmente in un solido, fluido o gas a densità moderata. In questi ultimi, le distanze tipiche tra le molecole sono comparabili con la portata delle forze intermolecolari, e le proprietà fisiche che ne conseguono sono drasticamente diverse. In particolare, le leggi relative a densità, pressione e temperatura non sono quelle di un gas perfetto, ma devono essere calcolate attraverso stati di equilibrio locale (misure di Gibbs associate al potenziale interagente del sistema). Morrey chiarì il significato matematico della validità delle leggi idrodinamiche, ma il problema è a oggi irrisolto.
Le equazioni idrodinamiche possono essere ottenute anche direttamente a partire dall’equazione di Boltzmann [B → I]. Di nuovo, occorre sottolineare che i problemi [N → I] e [B → I] sono molto diversi. Innanzitutto, nel secondo limite, il punto di partenza non è più atomistico e reversibile, ma è già una descrizione continua e irreversibile. Si osservi inoltre che [B → I] produce le equazioni di Eulero (reversibili). Queste ultime non sono altro che leggi di conservazione locali di massa, energia e impulso. Anche [N → I] produce le stesse equazioni: ma la legge che lega densità, energia e pressione è molto diversa e descrive la natura fisica del fluido sotto osservazione (gas atmosferico, acqua del fiume o dell’oceano, plasma stellare…).
Il problema [B → I] è interessante poiché spiega che l’(EB) può essere usata per ottenere equazioni del tutto analoghe in struttura all’idrodinamica di sistemi di particelle, seppure con leggi termodinamiche corrispondenti soltanto al caso di estrema rarefazione. Hilbert stesso si appassionò al problema [B→ I] e a tal fine, nel 1912, ottenne la famosa “espansione di Hilbert”, che descrive le soluzioni dell'(EB) in serie di potenze di un parametro inversamente proporzionale alla densità del gas. In merito a questo disse: “riconosco nella teoria dei gas la più splendida applicazione dei teoremi sulle equazioni integrali”. Il problema [B → I], concettualmente lontano da quello di Morrey, ma ben più trattabile a livello tecnico, avrebbe giustamente entusiasmato i matematici per lungo tempo.
Tornando al caso della teoria cinetica, ovvero al problema [N → B], il progresso avvenne molto lentamente. Nel 1949, Grad propose per la prima volta il limite definito in cui l’equazione di Boltzmann diviene esatta, a partire da un sistema di particelle classiche che evolvono in un contenitore secondo le leggi di Newton. Nel 1972, Carlo Cercignani osservò che il limite di Grad si adatta perfettamente alla struttura delle equazioni di evoluzione per i momenti di una misura di probabilità sul sistema di sfere dure. Le sfere dure costituiscono una dinamica di particelle idealizzata, che dovremmo immaginare come piccole palle da biliardo libere di muoversi nello spazio tridimensionale. La dinamica è dunque governata dal trasporto libero e dalle collisioni elastiche, binarie, che intercorrono soltanto quando due delle sfere entrano in contatto, oppure ai bordi del contenitore. Il limite di Boltzmann-Grad (BG-limite) corrisponde al regime in cui il numero totale di sfere tende a infinito, e simultaneamente il diametro delle sfere tende a zero, in modo tale che il tempo di volo di una sfera tra una collisione e la successiva sia tipicamente uguale a 1 (le sfere percorrono una distanza confrontabile con la lunghezza del contenitore in cui si muovono). Con questa intuizione, alla conferenza internazionale “Battelle Rencontres” del 1974 di Seattle, Oscar Lanford presentò una prima dimostrazione completa del passaggio da leggi di Newton a equazione di Boltzmann, valida almeno per un tempo breve.[2 ]Lanford, O. E., “Time evolution of large classical systems”, in Dynamical Systems, Theory and Applications, vol. 38, 1975, pp. 1–111. doi:10.1007/3-540-07171-7_1..
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Lunedì 3 marzo scorso, a 50 anni dalla stampa del celebre lavoro di Lanford sulla validità dell’equazione di Boltzmann, un risultato straordinario è apparso sugli archivi di pre-pubblicazioni in matematica ArXiv[3 ]Deng, Y., Hani, Z., and Ma, X., “Long time derivation of the Boltzmann equation from hard sphere dynamics”, arXiv e-prints, Art. no. arXiv:2408.07818, 2024. doi:10.48550/arXiv.2408.07818.. Gli autori sono Yu Deng (University of Chicago), Zaher Hani e Xiao Ma (University of Michigan). Nel Teorema 1 del manoscritto, gli autori considerano soluzioni regolari dell’equazione di Boltzmann in un dominio spaziale finito e con condizioni al contorno periodiche. Il teorema afferma che tale soluzione può essere costruita a partire dal modello di sfere dure, nel limite di Boltzmann-Grad , come nel teorema di Lanford. Più precisamente, per ipotesi, le sfere hanno distribuzione aleatoria al tempo zero, in accordo a una specifica e semplice legge. Per tale microstato iniziale, il teorema di Deng-Hani-Ma afferma la convergenza del sistema di sfere dure alla soluzione dell’equazione di Boltzmann, fino a tempi arbitrari. La spettacolarità del teorema di Deng-Hani-Ma sta proprio nell’assenza di restrizioni sul tempo di validità. In altre parole, gli autori riducono il problema della derivazione dell’equazione, a quello dell’esistenza. Bisogna però ricordare che il problema di Cauchy per l’equazione di Boltzmann, ossia l’esistenza di una soluzione per tutti i tempi data una funzione f_0 iniziale, rimane ancora aperto a distanza di oltre 150 anni dalla sua nascita. Ma esistono particolari situazioni, di grande interesse fisico, in cui la soluzione esiste globalmente. Dunque il teorema di Deng-Hani-Ma permette di ottenere, a partire da principi primi (le leggi di Newton), alcuni fenomeni non lineari di approccio all’equilibrio termodinamico, per la prima volta su scale di tempo fisicamente ragionevoli.
La lunga dimostrazione del teorema si appoggia fortemente su un manoscritto preliminare di oltre 150 pagine dell’agosto scorso e si presenta al lettore come una scalata di eccezionale livello tecnico. Le idee chiave del nuovo progresso non traspaiono facilmente, neanche per gli “addetti ai lavori”. La prova non ricorre a nuove stime a priori, né a un nuovo principio guida basato su proprietà globali del sistema (energia, entropia…), bensì a una nuova tecnica basata su un argomento iterativo che permette un controllo globale dell’errore.
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Mentre scrivo questo testo, nessuno, al di fuori degli autori, è riuscito a riprodurre l’algoritmo iterativo. Effettuare seriamente tale lavoro richiederà senz’altro un tempo molto lungo. Come anche in altre imprese della matematica moderna, il livello tecnico della ricerca esige singolari sforzo e prudenza.
Se la dimostrazione fosse corretta, il Teorema di Deng-Hani-Ma sarebbe una tappa importantissima del progresso fisico-matematico, poiché realizzerebbe il programma di Grad per la giustificazione della teoria cinetica, almeno sotto le ipotesi sopra citate.
Come sopra accennato, l’idrodinamica corretta, osservata nell’esperienza fisica, ha leggi di stato che non possono essere predette tramite il limite di Boltzmann-Grad. Al più, la teoria cinetica può ambire a catturare il valore di tali coefficienti in un’estrapolazione dei risultati sperimentali a densità praticamente nulla. Le tecniche matematiche attuali non hanno permesso, finora, la giustificazione microscopica dell’idrodinamica più comune per sistemi di particelle interagenti, come auspicato da Morrey.
Come avrete capito, quello che viene comunemente chiamato il “sesto problema di Hilbert” è in realtà una grandiosa area di ricerca. E come tale non ha di certo ancora finito di porre le sue sfide per il nostro futuro scientifico.
Sergio Simonella
Sapienza Università di Roma
Per le persone interessate segnaliamo il convegno “Kinetic Limit and Probability“, che si terrà dal 9 al 13 giugno prossimo presso Sapienza Università di Roma, che tratterà temi correlati a quelli di questo articolo, e vedrà tra gli speaker Zaher Hani, uno dei tre autori di questa ricerca. Info e registrazioni: https://sites.google.com/uniroma1.it/klp/home
Note e riferimenti
⇧1 | Questo testo è quello ufficiale proposta da Hilbert, sebbene tradotto. È da notare che Hilbert diede, per ogni problema, un titolo e uno o più enunciati. Nel caso del sesto problema, l’enunciato è unico. Il testo originale tedesco a questo link. |
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⇧2 | Lanford, O. E., “Time evolution of large classical systems”, in Dynamical Systems, Theory and Applications, vol. 38, 1975, pp. 1–111. doi:10.1007/3-540-07171-7_1. |
⇧3 | Deng, Y., Hani, Z., and Ma, X., “Long time derivation of the Boltzmann equation from hard sphere dynamics”, arXiv e-prints, Art. no. arXiv:2408.07818, 2024. doi:10.48550/arXiv.2408.07818. |