Con la prematura scomparsa di Jean-Christophe Yoccoz , avvenuta il 3 settembre 2016, la comunità matematica ha perso un grande scienziato ed un grande uomo. Il ricordo di Stefano Marmi.
Apparso originariamente il 17 novembre 2016.
Nato a Parigi il 29 maggio del 1957, medaglia d’oro alle Olimpiadi di matematica nel 1974, Yoccoz entrò all’École Normale Supérieure come primo classificato al concorso nazionale per l’ammissione. Dal 1979 fu ricercatore presso Consiglio Nazionale delle Ricerche Scientifiche francese (CNRS) e successivamente professore all’università di Paris-Sud (Orsay) dal 1988 fino al 1996. Al Congresso Mondiale di Matematica di Zurigo nel 1994 ricevette la medaglia Fields. Nel 1996 fu nominato professore al Collège de France sulla cattedra di “Equazioni differenziali e sistemi dinamici”. Ha ricevuto molti altri premi, come la medaglia di bronzo del CNRS nel 1984, ril premio IBM di matematica nel 1985, il premio Salem per i suoi contributi all’analisi armonica nel 1988 e il premio Jaffé dell’Accademia delle Scienze francese nel 1991. Ha avuto legami scientifici e personali importanti con il Brasile (parlava correntemente il portoghese, imparato durante un lungo soggiorno all’IMPA di Rio de Janeiro durante gli anni del dottorato). Era molto legato anche all’Italia: ricordiamo le visite all’ICTP di Trieste e alla Scuola Normale Superiore di Pisa dove ebbe anche la cattedra De Giorgi-Venturi dell’Università Italo-Francese nel 2004.
Yoccoz è stato una figura brillante e centrale nella teoria moderna dei sistemi dinamici, teoria che ha come obiettivo la comprensione dell’evoluzione temporale per tempi lunghi di un sistema (deterministico) di cui sia nota la legge di evoluzione. Il tempo può essere una variabile continua, come nel caso delle equazioni differenziali ordinarie, o discreta, nel caso dell’iterazione di una funzione, come avviene nei computer. La teoria affonda le sue radici nell’opera di Henri Poincaré alla fine del XIX secolo. Poincaré scoprì come in generale fosse impossibile prevedere esattamente il moto a partire dalla conoscenza del suo stato iniziale. È possibile che i moti siano stabili e prevedibili oppure caotici e indistinguibili da un processo aleatorio del tutto simile al lancio di una moneta, e i due tipi di comportamento possono persino coesistere nello stesso sistema.
La scoperta di Poincaré non avvenne in un problema artificioso di tipo teorico, ma in una delle questioni più importanti della meccanica celeste, il problema della stabilità delle orbite dei pianeti del sistema solare. Con Poincaré tramontò il sogno che aveva guidato le ricerche dei matematici dalla nascita del calcolo differenziale fino allo sviluppo della meccanica analitica di Eulero, Lagrange e Hamilton, cioè di poter calcolare esattamente le orbite dei pianeti, mediante sviluppi in serie convergenti. L’ostacolo alla convergenza di queste serie sono i cosiddetti “piccoli divisori”, legati alle relazioni di risonanza approssimativa tra i periodi delle orbite planetarie. E proprio l’esistenza di queste risonanze approssimate è all’origine dei movimenti caotici, originando dei movimenti di diffusione.
I lavori di Yoccoz hanno permesso di comprendere meglio la frontiera tra un comportamento prevedibile e quasi-periodico e uno imprevedibile e caotico. In entrambi i casi viene utilizzata una tecnica chiamata di rinormalizzazione che sfrutta le proprietà di ricorrenza delle orbite (sia ordinate che caotiche), ovvero la loro inevitabile tendenza a ripassare vicino al punto di partenza. L’idea è già presente in Poincaré e in Denjoy ed è analoga alla rinormalizzazione usata in fisica statistica e per studiare i fenomeni critici. Yoccoz fu il primo a riuscire ad impiegare in modo rigoroso e non euristico questa tecnica in due importanti problemi aperti, risolvendo completamente il primo e dando un contributo fondamentale al secondo: la stabilità delle rotazioni per perturbazioni analitiche e la questione della densità dei sistemi caotici iperbolici (i soli che si comprendono bene!) in dinamica olomorfa.
L’eredità di Yoccoz in campo matematico non si limita alla profondità e all’originalità dei suoi contributi, ma continua attraverso i suoi numerosi allievi. E’ stato un grande maestro: ai suoi studenti dedicava tempo, passione ed energia con grandissima generosità. È stato mentore anche della medaglia Fields Artur Avila.
Jean-Christophe era anche una persona molto viva e piena di interessi, amante del ballo, della musica, della letteratura e dell’arte, giocatore di scacchi, di poker ma anche di bocce e di rugby (in gioventù) e appassionato di sport invernali e di barca a vela. Amava fare lunghe passeggiate. Ha saputo mantenere una incredibile frugalità durante tutta la sua carriera e una serenità e un coraggio esemplari durante la lunga malattia che lo ha afflitto già dall’autunno del 2012. Non si lamentava mai. Amava la matematica e la vita come pochissimi hanno saputo fare. In una intervista nel 2014 dichiarò: “la cosa più importante per me è il piacere che mi procura fare matematica. Si tratta di un piacere estetico simile a quello di un’artista che crea un’opera. Questo sentimento è sempre stato il motore del mio lavoro e non mi ha mai lasciato”. E così sarà nel ricordo di tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo.
Stefano Marmi, Scuola Normale Superiore di Pisa