Il 28 settembre 2018, al CERN di Ginevra, Alessandro Strumia, professore associato all’Università di Pisa, ha tenuto una conferenza che ha suscitato indignazione nella comunità scientifica ed ha avuto risonanza mondiale. Chiara de Fabritiis, coordinatrice del gruppo pari opportunità dell’Unione Matematica Italiana, la commenta per noi.
La disputa sulle capacità intellettuali delle donne risale alla notte dei tempi. Giusto per fare un esempio, ricordiamo che alla richiesta di insignire del titolo di “dottore della Chiesa” la grandissima teologa, mistica e filosofa Teresa d’Avila, Papa Pio XI nel 1923 rispose semplicemente “obstat sexus”. Lo stesso convincimento sembra animare Alessandro Strumia, fisico delle alte energie, professore associato all’Università di Pisa, collaboratore dell’INFN e del CERN.
In occasione del convegno “Workshop on High Energy Theory and Gender” che si è tenuto proprio al CERN alcuni giorni fa, pur non essendo iscritto fra gli oratori, lo studioso ha chiesto di fare una comunicazione dallo scherzoso titolo “Experimental test of a new global discrete symmetry” in cui asserisce che i maschi sono discriminati nel reclutamento nelle discipline fisiche. Affermazioni contenute nelle sue slides come “Interesse e abilità non sono uniformemente distribuite” (per sesso, si suppone voglia sottintendere) sono totalmente prive dell’unico fondamento che le renderebbe credibili: una prova rigorosa ottenuta tramite esperimenti falsificabili. Dispiace che un brillante ricercatore trascuri i principi essenziali delle discipline scientifiche per affidarsi ad affermazioni prive di ogni riscontro. Quanto invece ai dati di cui si è servito, essi dimostrano ancora una volta che, come diceva Disraeli, “Al mondo ci sono le bugie, le dannate bugie e le statistiche”.
Strumia lamenta infatti che in un concorso presso l’INFN in cui lui ha fatto domanda sia una commissaria sia la vincitrice avessero meno citazioni di lui, avanzando dubbi sulla professionalità di entrambe.
Posso solo dire che se l’unico indicatore della qualità scientifica di un accademico sono le citazioni, mi dispiace che il ministero non abbia ancora preso atto della cosa e costringa centinaia di colleghi a far parte di commissioni il cui lavoro è, evidentemente, tanto faticoso quanto inutile, se non deleterio; basterebbe aprire le pagine Scopus dei candidati per decretare il vincitore.
Non contento di queste brillanti performances, il nostro eroe guarda alle serie storiche delle pubblicazioni risalendo indietro fino a 50 anni fa, scoprendo che all’inizio della carriera (a livello di post-doc) le differenze nel numero di pubblicazioni fra assunti di sesso maschile e femminile sono trascurabili, per crescere all’aumentare dell’anzianità. In virtù di questa affermazione mi sento di segnalare il nome del professore all’Accademia reale delle Scienze svedese perché sia insignito del premio Nobel per la fisica per la scoperta dell’acqua calda!
È infatti noto da parecchio che su tempi lunghi la produttività scientifica delle studiose è talvolta meno cospicua di quella dei loro colleghi maschi. Il fatto che il percorso accademico delle donne tenda ad essere meno lineare di quello degli uomini (e quindi valutato come intrinsecamente di minor qualità) è uno degli argomenti trattati nelle discussioni di gruppo che si sono tenute al (WM)^2, il 31 luglio a Rio de Janeiro: un auspicio dell’assemblea è stato che si tenesse conto di questo aspetto nelle diverse occasioni di valutazione delle carriere femminili. Non si tratta infatti *solo* del peso dei doveri di cura di cui le donne sono caricate ad ogni latitudine (e in Italia in particolare), e che ovviamente non giovano alla produttività accademica. Si tratta proprio di un atteggiamento, o meglio pregiudizio, culturale profondamente radicato, da cui sono affette anche persone colte, di elevato ceto sociale e provviste di titoli di studio di alto livello (e il caso di cui stiamo parlando ne è l’ennesima riprova).
Una delle cose che, come scienziate ancora prima che come donne, deve rallegrarci è che sempre meno persone con queste meschine convinzioni infestino il nostro ambiente e che, quando rendono pubbliche le loro idee, le istituzioni accademiche si attivino per evitare il ripetersi di episodi di questo genere.
Chiara de Fabritiis
Per saperne di piú:
https://www.particlesforjustice.org
https://thevision.com/scienza/pregiudizio-donne-carriera-uomini/
https://nikolaivavilov.wordpress.com/2018/10/04/una-nuova-simmetria-discretamente-sbagliata/
https://forbetterscience.com/2018/10/02/the-alpha-males-of-physics/
Un articolo che mi trova in assoluto disaccordo. Della nota vicenda riguardante questo brillante fisico teorico, quello che colpisce e turba non è l’episodio in sé. Casi singolari e strambi ce ne sono sempre e impatto non ne hanno, se si decide che non ne debbano avere. colpisce invece la reazione di vaste parti della comunità, che hanno prontamente invocato censura, punizioni, e, in alcun casi, persino il licenziamento del dissacratore. costoro sembrano non avere a pieno interiorizzato la lezione del passato o forse non essere a conoscenza di alcuni tristi fatti storici, che hanno visto nella censura il classico strumento di repressione della innovazione o del dissenso scientifico da parte del potere. La comunità scientifica funziona proprio perché si lascia a tutti la possibilità di esprimere idee errate, parzialmente o anche totalmente; che vengono poi criticate a spese della credibilità di chi queste idee le ha espresse. qui finisce la cosa. Ma le punizioni e la paura preventiva che inducono sono altra cosa; di esse non bisogna neanche parlare per sbaglio e neanche in forma velata. Esse sono un classico strumento del potere che, insicuro di sé, non tollera alcuna voce dissonante, anche nei casi in cui una critica puntuale sarebbe facile (ad esempio, invece di mantenersi nel generico, si potrebbe approfondire e scendere nel particolare, osservando che l’uso delle citazioni, importante strumento di valutazione internazionalmente accettato, non ha senso nella fisica delle alte energie dove si firmano centinaia di lavori a 1500 nomi; di fatto, essa è stata esclusa dai ranking bibliometrici internazionali di esi). Lo schema della punizione /censura è pericoloso e letale per la comunità scientifica, mina alla base la sua struttura. Anche perché oggi le censure ci possono apparire appropriate per una giusta causa (sempre secondo la nostra opinione), domani potrebbero apparire giuste a qualcun altro, per una causa che magari riteniamo aberrante. inutile dire che dopo questo episodio le persone ci penseranno due volte prima di intervenire su questo tema. un brillante risultato “scientifico”.
Egregio professor Mingione, la posizione che lei sostiene è sicuramente da considerare con attenzione e contiene degli spunti di riflessione molto interessanti. A parte il fatto che il mio breve commento era soltanto un tentativo di ironizzare sul modo opinabile con cui la questione della rappresentanza di genere era stata analizzata, senza dubbio il problema di trovare un punto di equilibrio fra libertà di espressione e negazione della possibilità di esprimere opinioni false, infondate o addirittura diffamatorie è oggetto di dibattito da oltre 200 anni. Da Voltaire a Irving, da Madison alla De Cesare, infatti, studiosi, filosofi, letterati, politici, giuristi e giornalisti si pongono domande sulla necessità di bilanciare esigenze diverse, e in alcuni casi contrastanti. Sinceramente non mi sento all’altezza di proporre una soluzione generale, ma almeno nel caso in questione, esprimere il fatto che quello che sosteneva Strumia fosse sbagliato e (nei confronti delle due colleghe da lui citate) fors’anche diffamatorio, mi pareva doveroso, anche per i giovani che desiderano studiare matematica o fisica, siano femmine o maschi non importa.
Io non posso effettuare un esperimento falsificabile, posso solo riportare la mia esperienza personale (discorso che poi vale per tutte le scienze, non solo fisica)
Quello che Lei ha detto nell’articolo è sensato
Tuttavia, penso ci siano realmente discriminazioni contro i maschi, in nome del politicamente corretto, la grande dittatura dei nostri tempi
Mi sono laureato in informatica 25 anni fa e allora c’era una donna su 6 tra gli studenti della facoltà, mio nipote si è laureato quest’anno in informatica e mi conferma che la proporzione è rimasta la stessa
Ma se si devono scegliere persone per progetti con finanziamenti importanti o da far passare nei test di sbarramento a numero chiuso, spesso le donne hanno ingiustificate spinte in avanti
Il fatto è che c’è molta pressione da parte di alcuni gruppi politici che vogliono ricercare la parità dei sessi (ma lo scopo in realtà è la ricerca del consenso elettorale)
E così se in certe facoltà scientifiche ci sono meno donne si parla di discriminazione e mondo maschilista che impedisce loro di farsi strada (quando semplicemente sono meno perchè a loro la materia interessa meno), e le si “porta avanti” pure senza merito
Naturalmente di sessismo in facoltà come biologia o psicologia a netta preferenza femminile non se ne parla mai, anzi a volte i maschietti sono discriminati perchè visti come mosche bianche
Capisco la sua posizione personale, da cui ovviamente non si può trarre una regola generale; mi sembra però che debba essere argomento di riflessione il fatto che nella laurea in matematica le studentesse sono più numerose degli studenti, nel dottorato le distanze si riducono, fra i ricercatori la percentuale di donne è 44%, fra gli associati si passa al 35%, le ordinarie sfiorano il 20%. Qui non si tratta di una disciplina che non attrae, ma di una disciplina in cui non si fa carriera, che è diverso.
Molto convincente l’argomento di A.Strumia: “la discriminazione in Fisica interessa soprattuto gli uomini, poiché in guerra sono morti soprattutto fisici di sesso maschile”. Convincente del fatto che si tratta di fesserie a ruota libera.