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Nel caso di rivolta di una popolazione, tutto dipende dal tempo che passa fra i primi due attacchi. In base a questo, infatti, è possibile formulare una previsione matematica dell’intero andamento della rivoluzione, e che potrebbe essere usato dalle organizzazioni internazionali come strumento di contenimento dei conflitti armati nel mondo.

 

Lo studio, opera di un gruppo di riercatori della Università di Miami, è stato pubblicato sulla rivista Science. Secondo gli scienziati, le tempistiche degli attacchi più cruenti e delle controffensive tra due opposte fazioni seguono uno schema ben preciso: i ricercatori si sono basati sui dati storici degli eventi avvenuti durante le guerre in Iraq e in Afghanistan e sull’analisi di 3.143 atti terroristici avvenuti tra il 1968 e il 2008. Analizzando l’intensificarsi degli atti di violenza, il gruppo ha constatato che per le operazioni di rivolta è facile osservare un aumento delle perdite di vite umane man mano che le due forze in opposizione si scontrano e affilano le proprie armi. “Quello che ci dicono i dati – ha spiegato Neil Johnson, autore dello studio – è che ci troviamo di fronte a una situazione simile a quella nota in biologia evolutiva come ‘della Regina Rossa’”. Una ipotesi, ispirata dal secondo capitolo di Alice nel Paese delle Meraviglie, che spiega che per quanto una fazione si sforzi di avere la meglio sull’altra, l’abilità di reagire dell’avversario porta tendenzialmente a un nulla di fatto. Così, parallelamente all’aumentare delle capacità dei ribelli nell’organizzare azioni violente, si osserva una simile abilità delle forze contrarie a prevenire e ridurre l’esito di tali azioni. Precisamente, il tempo necessario per portare a conclusione un’operazione diminuisce man mano che questa viene ripetuta, seguendo con una buona approssimazione una “legge di potenza”.

 

A cura di Stefano Pisani

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