I ricercatori che studiano la fisica dei fluidi sono al lavoro per comprendere perché in determinate situazioni, aumenti il rischio che i droplet trasmettano malattie come il COVID.
Il 73mo meeting annuale della Division of Fluid Dynamics dell’American Physical Society che si è tenuto qualche giorno fa a Chicago, Illinois, è stata l’occasione per confrontarsi su nuove evidenze che dimostrano quanto sia pericoloso incontrarsi in ambienti chiusi, specialmente quando fa freddo ed è umido e anche se si è a oltre un metro e mezzo dalle altre persone.
Gli studiosi hanno poi suggerito quali sono le tipologie di mascherine che catturano più droplet infettivi e hanno fornito nuovi strumenti per “quantificare” l’infettività dei cosiddetti superdiffusori. “Gli attuali modelli epidemiologici sulle malattie infettive respiratorie non tengono conto della fisica del flusso che sta dietro alla trasmissione della malattia”, ha spiegato Swetaprovo Chaudhuri, dell’Università di Toronto.
AL CHIUSO, DUE METRI DI DISTANZIAMENTO SOCIALE SONO POCHI
I fluidi e le loro dinamiche sono fondamentali per il trasporto dei patogeni, che naturalmente influisce sulla trasmissione delle malattie infettive, come ha spiegato la fisica matematica Lydia Bourouiba, direttrice del The Fluid Dynamics of Disease Transmission Laboratory del MIT. La Bourouiba ha tenuto una conferenza su invito sui lavori che negli ultimi dieci anni ha portato avanti allo scopo di chiarire la dinamica dei fluidi nelle malattie infettive e nella trasmissione delle malattie. “Il mio lavoro ha dimostrato che le emissioni, in quei casi, non si comportano come goccioline isolate ma somigliano più a una nuvola turbolenta e multifase. Questa nuvola di gas è cruciale nell’aumento della portata e nel cambiamento della fisica di evaporazione dei droplet al suo interno”, ha continuato la studiosa. “Nel contesto delle malattie infettive respiratorie, in particolare ora con il COVID-19, questo lavoro sottolinea l’importanza di cambiare le linee guida di distanziamento e protezione basandosi sulla ricerca sulla dinamica dei fluidi, in particolare proprio a causa di questa ‘nuvola’”. Bourouiba ha presentato esempi tratti da una serie di malattie infettive, tra cui il COVID-19, e ha discusso la scoperta che l’espirazione coinvolge diversi regimi di flusso, oltre alla variegata e instabile frammentazione del complesso fluido mucosalivare. La sua ricerca rivela l’importanza della fase gassosa, che può cambiare completamente il quadro fisico dell’espirazione e dei droplet.
Dhrubaditya Mitra e il suo team del Nordic Institute for Theoretical Physics hanno invece mostrato di poter utilizzare le equazioni matematiche che governano la diffusione del profumo, per esempio di chi ci sta accanto, per calcolare quanto tempo impiegano a raggiungerti, al chiuso, le goccioline virali. la scoperta è che non ci mettono molto: il profumo usato da qualcuno che per esempio è seduto al nostro tavolo arriva al naso grazie alla turbolenza nell’aria. Le sottili goccioline emesse da una persona infetta si diffondono allo stesso modo: i ricercatori hanno scoperto che al di sotto di una distanza relativa (nota come ‘scala integrale’), le goccioline si muovono balisticamente e in modo molto veloce. Tuttavia, anche al di sopra della scala integrale, c’è pericolo. Per esempio, anche se la scala integrale fosse di due metri, trovandosi a tre metri da una persona infetta saremmo raggiunti dai suoi droplet quasi sicuramente in circa un minuto. “Abbiamo capito che le regole del distanziamento sociale possono essere inutili, quando siamo al chiuso”, ha spiegato Mitra, che ha condotto la ricerca con il collega Akshay Bhatnagar presso il Nordic Institute for Theoretical Physics e Akhilesh Kumar Verma e Rahul Pandit dell’Indian Institute of Science.
I DROPLET SOPRAVVIVONO PIU’ A LUNGO
Oltre a viaggiare più lontano e più velocemente, le goccioline possono inoltre sopravvivere più a lungo di quanto si pensasse, al chiuso. Se le ricerche degli anni Trenta hanno analizzato quanto a lungo sopravvivono le goccioline respiratorie prima di evaporare o colpire il suolo, da cui abbiamo ricavato la distanza sociale di “sicurezza” di due metri, gli studi recenti potrebbero aggiornare questa visione in modo significativo. I fisici dell’Università di Twente hanno infatti condotto una simulazione numerica che indica che la durata dei droplet può estendersi di oltre 100 volte più di quanto suggerirebbero gli standard degli anni Trenta. “Le attuali regole di distanziamento sociale si basano su un modello che ormai dovrebbe essere considerato obsoleto”, ha spiegato il fisico Detlef Lohse, che ha guidato il team di ricerca. In uno spazio freddo e umido, le goccioline espirate non evaporano infatti così rapidamente: il soffio caldo e umido prodotto dalla respirazione protegge i droplet e prolunga la loro vita e i loro effetti collettivi.
DROPLET E MASCHERINE
Alcuni droplet hanno poi più probabilità di altre di far contrarre la malattia. Swetaprovo Chaudhuri dell’Università di Toronto, con ricercatori dell’Indian Institute of Science e dell’Università della California di San Diego, hanno studiato il perché, facendo esperimenti con goccioline di saliva umana e analisi computazionali. Gli scienziati hanno scoperto che alcune delle goccioline più infettive iniziano a formarsi con dimensioni comprese tra da 10 a 50 micron, “Assumendo alcune condizioni iniziali, possiamo dire che se tutti indossassero mascherine in grado di impedire l’espulsione di tutte le goccioline superiori a 5 micron, la curva della pandemia potrebbe essere appiattita”, ha aggiunto Chaudhuri. Anche i residui dei droplet secchi potrebbero poi rappresentare un serio rischio, dato che sembrano persistere molto più a lungo delle goccioline stesse e possono infettare un gran numero di persone, se il virus mantiene la sua forza. Il team ha dunque utilizzato questi risultati per sviluppare un modello di trasmissione della malattia. “Il nostro lavoro collega la fisica delle goccioline su microscala con il suo ruolo fondamentale nel determinare la diffusione dell’infezione su una macroscala”, ha spiegato Chaudhuri.
IL MISTERO DEI SUPER-DIFFUSORI
Infine, per comprendere meglio le dinamiche dei droplet nella pandemia di COVID-19, un team della Northwestern University e dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign ha testato le capacità di un nuovo dispositivo indossabile. Un sensore sottile, wireless e flessibile che si attacca come un adesivo alla parte inferiore del collo per registrare i parametri vitali (studi clinici in corso utilizzano il dispositivo con pazienti ospedalieri). Il team ha scoperto che il dispositivo distingue tra tossire, parlare, ridere e altre attività di respirazione con i suoi algoritmi di apprendimento automatico. I ricercatori hanno utilizzato la velocimetria di tracciamento delle particelle e un misuratore di decibel per analizzare le goccioline prodotte dai portatori di dispositivi. “Diversi tipi di discorso possono generare numeri e dinamiche di droplet drasticamente diversi”, ha spiegato il ricercatore di ingegneria biomedica Jin-Tae Kim, che ha guidato la ricerca. Il dispositivo potrebbe aiutare a far luce sul motivo per cui alcuni individui diventano insolitamente contagiosi: i cosiddetti super-diffusori.