Karen Uhlenbeck ha vinto il Premio Abel 2019, prima donna in assoluto a raggiungere questo traguardo. Stefano Pisani ha intervistato Gabriella Tarantello, professoressa di Analisi Matematica all’Università di Roma “Tor Vergata” e tra i massimi esperti di queste tematiche a livello mondiale, per saperne di più sui lavori della Uhlenbeck.
G.T.: La carriera scientifica di Karen Uhlenbeck è straordinaria. Iniziò in modo discreto ottenendo un PhD alla Brandeis University, un’università statunitense non di primo piano per la matematica. Possiamo dire che il mondo matematico l’abbia scoperta iniziando a lavorare con un matematico della Brandeis: Richard Palais.
In cosa consistono le scoperte principali della Uhlenbeck?
G.T.: Quello che si sapeva, è che le soluzioni di equazioni differenziali ordinarie che descrivono certi fenomeni fisici, dipendenti da un’unica variabile, potevano essere interpretate come “punti critici” di una certa funzione (hamiltoniana, lagrangiana, etc.). Per punto critico di una funzione si intende un punto in cui la funzione è derivabile (in qualche senso) e la sua derivata si annulla. Questo punto di vista, in una dimensione, aveva già avuto un certo successo: invece di studiare l’equazione differenziale, si studiava la funzione di cui le soluzioni erano punti critici. Più precisamente, si cercava di vedere se esisteva il minimo (che è un punto critico) e una volta trovato questa era la soluzione cercata che aveva un significato fisico. Questo approccio, che si era già rivelato assai fecondo, consentiva di interpretare un problema analitico (p.es. la ricerca delle soluzioni di un’equazione differenziale) in maniera geometrica.
La novità, il “programma” di Palais, e siamo alla metà degli anni Settanta, fu l’idea di generalizzare questo approccio estendendolo al caso multi-dimensionale. La funzione diventa dunque un “funzionale” (secondo la terminologia introdotta da Vito Volterra). In altri termini, Palais ha cercato di elaborare una teoria più generale che permettesse di considerare soluzioni di equazioni alle derivate parziali anziché ordinarie.
E il contributo della Uhlenbeck qual è stato?
G.T.: Il primo problema che lei e Palais si sono posti è stato quello di passare, per esempio, dalla minimizzazione di una lunghezza (come nel caso delle geodetiche) alla minimizzazione di un’area in uno spazio curvo, rispetto a delle perturbazioni (la cosiddette “superfici minime”). Più specificamente, studiarono le immersioni minimali di superfici su varietà, un problema considerato arduo a causa della cosiddetta “perdita di compattezza”.
Quando arrivarono i primi successi notevoli?
G.T.: Quando la Uhlenbeck si trasferì all’Universita’ di Urbana Champaign, dove era sostanzialmente considerata come “la moglie di”, poiché suo marito era l’allora più famoso biofisico Olke C. Uhlenbeck, un giovane post doc, che aveva una formazione più geometrica di quella di K.U., le pose un problema in cui occorreva trovare le soluzioni di un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali interpretandole come minimi di un certo funzionale. Le offrì quindi un’occasione concreta di mettere alla prova la teoria che lei aveva sviluppato nella tesi insieme a Palais. Lei trovò allora il modo di raggiungere l’obiettivo anche nelle situazioni in cui il minimo potrebbe non esistere (situazioni dette di “non compattezza”). Questo accadeva agli inizi degli anni Ottanta (problema delle “immersioni minime”). All’epoca, trovare un’immersione minima sembrava un sogno, adesso, grazie agli strumenti introdotti dalla Uhlenbeck, gli esempi sono tanti. Le superfici minime, da un punto di vista fisico, hanno un ruolo importante nelle applicazioni, questo perché hanno una maggiore stabilità rispetto a perturbazioni, essendo di area minima rispetto a tutte le possibili deformazioni. Una volta compreso come affrontare questi problemi di perdita di compattezza, il modo di guardare a questi problemi e gli strumenti introdotti per trattarli, la Uhlenbeck ha analizzato la Teoria dei campi di Gauge per la fisica delle particelle. Questa ricerca aveva come obiettivo la costruzione di una teoria indipendente dalle coordinate allo scopo di trovare un modello universale che descriva tutti i tipi di interazione delle particelle. Nell’ambito della Teoria di Gauge, che è tuttora una delle teorie candidate a trattare matematicamente la tanto cercata “Teoria del Tutto”, K.U. ha trattato il funzionale di Yang-Mills che gioca un ruolo essenziale nella Fisica moderno. In particolare, la Uhlenbeck ha intuito la giusta scelta del sistema di riferimento nella Teoria di Gauge e ha trovato risultati di regolarità (rimozione delle singolarità) per l’equazione di Yang-Mills. Ancora più importante è che il punto di vista e gli strumenti con cui K.U. ha risolto questi problemi monumentali, hanno dato origine a risultati bellissimi e profondissimi ancora oggi nella risoluzione di problemi analitici e fisici, contribuendo cosi’ a creare il campo della cosiddetta analisi geometrica.
Sappiamo che la Uhlenbeck era molto sensibile circa la questione di genere in matematica…
G.T.: Sì. Durante una famosa conferenza disse: “a causa del fatto che sono una donna, per tanti anni i matematici mi hanno trattato come di solito i fisici trattano i matematici”, cioè prima che qualcuno si accorgesse del suo talento non era presa troppo sul serio. La Uhlenbeck ha vissuto sulla sua pelle il fatto che fosse soprattutto “la moglie di”, anche se suo marito non ha avuto gli stessi risultati. I primi anni immagino che lei provasse una certa frustrazione, anche considerando il suo immenso talento, e infatti si mise a lavorare sul problema delle immersioni con un giovane post-doc. Quello che ho sempre ammirato in lei è la sua intelligenza nel fare la giusta osservazione, questa sua sensibilità per il problema “giusto”, senza troppo clamore, questa sua discrezione incisiva. Una grande eleganza l’ha sempre contraddistinta, anche in ambiti in cui la tentazione di scadere in atteggiamenti aggressivi è forte. Sono stata contentissima che le abbiano assegnato questo premio prestigioso, magari avrebbe dovuto, e potuto, vincerlo anche prima. Un premio certamente meritato.
Intervista raccolta da Stefano Pisani
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