Procrastinare compiti è un’arte che ci accomuna. Un modello matematico ne spiega funzionamento e rischi. Ce ne parla Marco Menale per La Lente Matematica.
“Lo faccio domani”. Quante volte lo diciamo o solo lo pensiamo. C’è proprio quella cosa da fare, con la sua scadenza, eppure rinviamo. Rimandare sembra innocuo. “Un giorno in più non cambia nulla” ci diciamo. Ma il giorno successivo il ragionamento rischia di ripetersi, e così la decisione si allontana sempre più, fino agli esiti del “se ne parla a settembre” oppure “dopo natale”. Un modello matematico descrive il meccanismo del procrastinare, mettendo in guardia dai rischi.
Il modello è stato presentato nell’articolo del 1991 “Procrastination and Obedience” dal Premio Nobel per l’economia George Arthur Akerlof. Come si è interessato di procrastinazione un Premio Nobel? Perché si è trovato lui stesso ostaggio del pensiero “lo faccio domani” quando per circa otto mesi ha rinviato giorno dopo giorno l’invio di un pacco a un amico in India.
Il modello, seppur matematicamente semplice, presenta diversi parametri. Supponiamo di avere un compito da svolgere. Definiamo le seguenti quantità:
- \(c\), il costo reale del compito, ossia tempo e fatica necessari;
- \(T\), la scadenza finale;
- \(x\), il beneficio unitario per ciascun giorno in cui il compito è già completato prima della scadenza;
- \(t^*\), il giorno in cui viene effettivamente svolto;
- \(\delta\), l’extra-costo psicologico che rende più gravoso svolgere il compito oggi rispetto a rimandarlo.
Dati questi parametri si definisce la quantità \(V\) che misura il valore netto percepito della decisione sul da farsi, come bilancio tra costi e benefici, una sorta di funzione di utilità. In particolare, se decido di agire oggi allora
\[V=c(1+\delta)-(T-t^*)x.\]
Se, invece, rimando
\[V=c-(T-t^*)x.\]
Infine, se mi riduco alla scadenza, quindi decido di non agire e rimandare sempre,
\[V=0.\]
Agire subito porta con sé un sovraccosto \(\delta\), rispetto a rimandare o perfino non fare nulla a oltranza. Ecco perché siamo portati a rinviare, vedendo questa scelta come razionale. E sarà tanto più forte quanto più \(\delta c>x\), ossia quanto più l’extra-costo dell’agire subito supera il valore del beneficio \(x\) dato dal finire quel compito.
Allora, procrastinare è davvero così razionale? Ebbene no. Infatti, esiste un valore soglia, \(T-\frac{c}{x}\), oltre la quale i vantaggi forniti dal rinviare non reggono più, perché i benefici, che inizialmente ammontavano a \(Tx-c\), sfumano. Più è la fatica associata al compito, ossia il valore \(c\), più la soglia \(T-\frac{c}{x}\) è lontana dalla scadenza \(T\), ossia non possiamo permetterci troppi “lo faccio domani”. Lo stesso vale se è piccolo il beneficio \(x\) di vedere compiuto quel compito. Quindi, compiti con grande costo \(c\) e piccolo beneficio \(x\) sono i più vulnerabili perché vediamo troppo sforzo per farli e poco guadagno, ossia \(\delta c>x\). Ecco perché ci sembra razionale rinviare. Tuttavia, è proprio in questi casi che la soglia oltre la quale il beneficio è nullo è vicina alla scadenza, motivo per il quale, invece, bisogna adoperarsi.
In definitiva, questo modello descrive i meccanismi della procrastinazione, con il rischio di trasformare un “lo faccio domani” in un “lo faccio all’ultimo”. Tuttavia, è solo un primo modello dato che ci sono altri aspetti da considerare per renderlo ancora più realistico. Resta comunque utile da tenere a mente per evitare di rimandare la prossima scadenza direttamente a dopo Natale.










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