Aumentano gli eventi estremi, in frequenza e potenza. E aumentano i danni a persona e cose. Un recente studio apparso su arXiv propone un modello per prevedere questi danni. Ce ne parla Marco Menale per La Lente Matematica.
Gli eventi estremi diventano sempre più frequenti. Lo notiamo soprattutto in estate, quando gli effetti del caldo (per usare un eufemismo) si fanno sentire: dagli incendi in Spagna e in Grecia fino a trombe d’aria e allagamenti qui in Italia. E si contano i danni economici, oltre che alle persone, perché di caldo si muore e si continuerà a morire. Ma se nei prossimi mesi arrivasse un altro evento estremo, che danni potrebbe arrecare? A questa domanda prova a rispondere un recente studio.
L’articolo “Predicting hazards of climate extremes: a statistical perspective” di Carlotta Pacifici, Simone A. Padoan e Jaroslav Mysiak, è disponibile su arXiv, l’archivio open-access di preprint. Usando serie giornaliere su perdite economiche e vittime per i paesi dell’UE negli ultimi 40 anni, costruiscono una previsione per il prossimo evento estremo: non della media, ma della coda. Perché è nella coda di una distribuzione che troviamo gli eventi estremi, quelli fuori scala. Per fare un paragone, se consideriamo la distribuzione dell’altezza della popolazione, le persone estremamente basse e quelle estremamente alte le si trovano proprio nelle due code.
Senza andare nel dettaglio matematico (che lasciamo ai più interessati direttamente nell’articolo), l’idea è concentrarsi solo sui giorni peggiori: si fissa una soglia di danno alta \(t\) e si considerano gli eccessi \(z\), cioè la parte che supera la soglia. Per descrivere quanto sono grandi questi eccessi, usano una legge di coda molto generale: la Pareto generalizzata (per le vittime, che sono numeri interi, si usa l’analogo discreto). Senza addentrarci nelle formule, con code grosse gli eccessi molto grandi diventano più probabili. Inoltre, assumono che la frequenza dei picchi non è costante, ma può variare da anno in anno. Cosa restituisce il modello? Non un singolo numero, ma un intervallo di previsione: se nei prossimi mesi si verificasse un episodio estremo (cioè un giorno che supera la soglia), in quale fascia di danno cadrebbe con probabilità del \(95\%\)?
Con questa idea e tanta probabilità ottengono i loro risultati. I numeri sulle perdite economiche in UE (tutti in miliardi di euro) sono: nel 2024, media a posteriori \(11,90\), intervallo di previsione \([3,70;\,32,50]\); nel 2025, media a posteriori \([12\,\,35]\), intervallo di previsione \([3,80;\, 33,70]\); nel 2026 media a posteriori \(12,97\), intervallo di previsione \([4,00\, \,35,40]\). Non stupisca l’ampiezza degli intervalli. È una scelta degli autori così da non sottostimare il rischio quando la domanda è “fin dove può arrivare il prossimo evento estremo?”.
Per testare il modello, confrontano i risultati ottenuti con due eventi reali del 2024: le alluvioni in Germania e quelle nella Comunità Valenciana. Per la prima i danni reali sono stati di \(5\) miliardi, mentre per la seconda intorno agli \(11\). Dal loro modello gli autori ottengono come intervalli di previsione per i periodi dei due eventi, rispettivamente: \([3,8; 33]\) e \([4;\, 34]\). Quindi il danno reale di ciascuno dei due eventi estremi ricade nell’intervallo ottenuto con il modello. Comunque, prevedono che per il massimo danno economico in UE si debba aspettare, ahinoi, il 2026.
In definitiva questo modello, di breve/medio periodo, consente di fare previsioni sulla probabilità dei danni, a persone e cose, relative a eventi estremi. Non si elimina di certo l’incertezza, ma in un certo senso la si misura per renderla utilizzabile. Il modello è ancora preliminare, andrebbe arricchito con dati sul clima per renderlo più realistico, come sostengono gli stessi ricercatori. Tuttavia, resta un buon indicatore di come la matematica possa venire in aiuto per affrontare eventi estremi sempre più parte delle nostre vite.



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