Il dilemma del prigioniero è un problema classico della teoria dei giochi ideato da Merrill Flood e Melvin Dresher e formalizzato da Albert W. Tucker nel 1950. Dopo l’articolo di qualche anno fa di Roberto Lucchetti, che aveva riflettutto su funzioni di utilità ed esperimenti impostati non proprio adeguatamente, ora Stefano Iannone ci parla di equilibri di strategie dominanti e libero mercato.
Ciò che lasceremo in eredità alle generazioni future non sarà un mondo migliore, ma un mondo pieno di problemi i quali continuano a diventare sempre più grandi, così grandi che forse non si potrà più risolverli se non agiamo in fretta. C’è una possibilità che le nostre azioni d’oggi possano portare alla fine dell’umanità. E se le nostre azioni egoistiche risultassero nella distruzione delle risorse naturali necessarie alla sopravvivenza? Perché dovremmo sacrificare la nostra sicurezza e il nostro immediato ritorno per le generazioni future? Come una famosa battuta del grande Groucho Marx: “Perché dovrei aiutare i posteri, che cosa hanno mai fatto i posteri per me?”.
Il nostro modo di ragionare razionalmente a livello individuale (ciò che è un vantaggio per me è un vantaggio anche per gli altri), in particolare le corporazioni, le multinazionali, il presente “moderno” sistema economico sta mettendo in pericolo la nostra esistenza. È proprio questo, che vorrei discutere con questo testo, il vantaggio individuale e il dilemma o paradosso che esso solleva: un individuo ottiene di più agendo per sé senza cooperare, ma se tutti non cooperano il risultato è peggiore che se avessero cooperato. Illustrerò questo argomento usando il dilemma del prigioniero, un problema molto ben conosciuto su riviste scientifiche e non solo. I paradossi, nonostante contengano concetti complicati e ragionamenti di carattere logico, sono stati spesso considerati come dei semplici rompicapi e passatempi privi di applicazione nella vita quotidiana. Tuttavia, come ha affermato Willard Van Quine, logico e filosofo del XX secolo, essi possiedono la capacità d’essere più utili di quanto sembrino. Le ambiguità che sono messe in evidenza nei paradossi li ritroviamo nella vita quotidiana, nel lavoro, nei film, in famiglia, in politica, al cinema. Infatti, dal dilemma del prigioniero passerò a più generali e più importanti dilemmi sociali. In conclusione saranno proposte alcune idee come possibili soluzioni.
Il dilemma del prigioniero è generalmente presentato in questo modo: Pietro e Paolo sono stati arrestati per un crimine e messi sotto custodia in celle separate. Un commissario propone la seguente offerta ad entrambi: “Puoi scegliere se confessare o non confessare. Se confessi e il tuo complice non confessa, sarai libero mentre il tuo complice sarà in prigione per 10 anni. Se non confessi e il tuo complice confessa allora lui sarà libero e tu prenderai 10 anni. Se entrambi confessate, allora ci sarà una pena di 5 anni ciascuno. Se entrambi non confessate, sarete condannati entrambi per reati minori ad una pena di due anni ciascuno. Se desiderate confessare lasciate una nota scritta prima del mio ritorno.”
Quali strategie Pietro e Paolo possono usare per minimizzare il tempo in prigione? Pietro ragionerà: “Due cose possono accadere: Paolo può confessare o non confessare. Se Paolo confessa allora prendo 10 anni se non confesso, 5 anni se confesso anch’io. Quindi è meglio confessare. Al contrario, se Paolo non confessa e io non confesso, prendo 2 anni; ma se confesso sono libero. Quindi in ogni caso è meglio confessare”. Per proprio conto, anche Paolo ragionerà nello stesso modo. Poiché agiscono razionalmente, entrambi confesseranno e finiranno in prigione per 5 anni. Questa strategia è chiamata “strategia dominante”. Nella Teoria dei Giochi, una branca della Matematica che studia le interazioni strategiche tra individui, una strategia è chiamata dominante quando la stessa strategia è scelta, come migliore risultato, da un giocatore per ogni possibile combinazione di strategie, che il giocatore può adottare. Se ogni giocatore sceglie la propria strategia dominante, allora la combinazione delle strategie dominanti, con i corrispondenti risultati, costituisce l’equilibrio delle strategie dominanti. Le varie possibilità nel nostro esempio possono essere visualizzate con questa tabella:

Nel dilemma del prigioniero confessare è la strategia dominante e quando entrambi i prigionieri confessano, questa configurazione è l’equilibrio delle strategie dominanti. Come risolvere il dilemma? La strategia richiesta per realizzare un miglior risultato per entrambi (la collettività) è diversa, è in conflitto, con la strategia richiesta per realizzare il miglior risultato individuale. Infatti, se Pietro e Paolo agissero in modo irrazionale e non confessassero rimarrebbero in prigione solo 2 anni.
Problemi con questa struttura furono realizzati nel 1950 da Merrill Flood e Melvin Dresher, come applicazione della Teoria dei Giochi alla strategia nucleare. Il titolo “ dilemma del prigioniero” , con la versione delle sentenze in prigione, fu coniato dal matematico Albert Tucker, il quale voleva rendere le idee di Flood e Dresher più accessibili a un gruppo di psicologi. Il risultato ottenuto, che un’azione razionale individuale porta entrambe le persone a un risultato peggiore al proprio interesse, ha avuto un grande impatto nelle scienze sociali. Sebbene il dilemma del prigioniero sia una forma semplificata, astratta e non realistica, esso serve come modello di collaborazione tra due o più persone, nazioni, corporazioni, generici enti. Il modello può essere applicato a molte situazioni nel mondo reale dalla genetica, alle transazioni finanziarie, alla politica internazionale, alla corsa agli armamenti, alla congestione del traffico, all’inquinamento, allo sfruttamento delle risorse naturali. In particolare, le situazioni precedentemente citate sono interazioni diverse ma sono tutte interazioni in cui l’azione razionale individuale, che dovrebbe portare a un risultato migliore, porterà invece a un risultato inferiore se avessero collaborato.
Applichiamo ora questo modello a due corporazioni: Corporazione A e Corporazione B, e sostituiamo “confessare” con “inquinare”, e “non confessare” con “non inquinare”. Ognuna delle due corporazioni ha le seguenti scelte: può scegliere se inquinare o non inquinare. Se inquina e l’altra corporazione non inquina, avrà un profitto di 10 miliardi mentre l’altra corporazione non guadagnerà. Se non inquina e l’altra corporazione inquina allora è l’altra ad avere un profitto di 10 miliardi ed essa non guadagnerà. Se entrambe inquinano allora ci sarà un profitto di 5 miliardi ciascuno. Se entrambi non inquinano guadagneranno 2 miliardi ciascuno. La tabella sarà:

Ragionando nello stesso modo dei due prigionieri, entrambe le corporazioni sceglieranno di inquinare perché la strategia dominante per entrambe è quella del profitto: la massimizzazione del guadagno personale causa un danno permanente all’ambiente, agli altri e ultimamente anche a se stessi. Questa è una conseguenza del dilemma del prigioniero. Le corporazioni sceglieranno ciò che è nel loro interesse (più profitto) e non in quello che è interesse della società (ambiente pulito). L’inquinamento è un esempio di esternalità di una corporazione. In Economia si ha un’esternalità quando una persona prende una decisione che causa un costo o un beneficio a terzi oltre che alla persona che ha preso la decisione. In altre parole, la persona che prende la decisione non sostiene tutti i costi o non percepisce tutti i vantaggi delle esternalità. Per esempio, l’apertura di un’azienda chimica genera più lavoro, ma la sua produzione causa inquinamento e danneggia la salute degli altri. Le esternalità possono quindi essere sia positive che negative. Economisti, come Milton Friedman, ritengono che le esternalità negative siano piccoli danni collaterali che chiamano “effetto quartiere”. Ma le esternalità non sono sempre piccole e il quartiere è il nostro stesso pianeta, basti pensare alle automobili. Lo scarico di una sola automobile non causa un danno eccessivo all’atmosfera, ma moltiplicato per i milioni di veicoli presenti è causa di malattie respiratorie e incoraggia il riscaldamento globale, causa dei cambiamenti climatici, della degradazione dell’ambiente attraverso il disboscamento delle foreste e il sovrasfruttamento delle risorse naturali.
Gli ultimi sono esempi di beni comuni. In senso generale, un bene comune è definito come qualsiasi risorsa che è condivisa e benefica per tutti i membri di una certa comunità. Per esempio, l’acqua, l’aria, lo spazio, l’energia, la biodiversità, il territorio e il paesaggio, il mare, i fondali marini e le coste, le risorse agroalimentari, la salute, le arti, la letteratura, la conoscenza e in particolare le scoperte scientifiche sono tutti beni comuni. Ritengo che il nostro modo di ragionare razionalmente a livello individuale, in particolare le corporazioni, le multinazionali, stia causando un danno irreversibile alla nostra stessa sopravvivenza. Le esternalità negative stanno diventando, in valore assoluto, più grandi che quelle positive e stanno distruggendo i beni comuni.
Questo conflitto è stato reso noto dal saggio “The Tragedy of the Commons” di Garret Hardin nel 1968. Hardin afferma che quando un bene comune è usato in modo incontrollato esso è distrutto. La tragedia dei beni comuni è visto come un dilemma collettivo del prigioniero. Individui all’interno di un gruppo hanno due possibilità: cooperare con il gruppo o tradire il gruppo. La cooperazione avviene quando gli individui si accordano per proteggere la risorsa comune per evitare la tragedia. Cooperando, ogni individuo concorda a non cercare di più della sua parte. Il tradimento avviene quando un individuo decide di usare più della sua parte di una risorsa pubblica. Ma, come abbiamo visto precedentemente, la risposta razionale di un individuo è di tradire perché il guadagno è maggiore del costo il quale è distribuito su tutti gli altri.
Questo è ciò che è successo negli ultimi 250 anni di libero mercato. Possiamo immaginare le conseguenze che ci saranno nei prossimi anni con una continua crescita economica e di popolazione (in particolare Cina e India). Questa discussione implica che il problema dei beni comuni e delle risorse non può essere risolto con il libero mercato, con la crescita infinita, con l’approccio della mano invisibile di Adam Smith, perché non consente soluzioni ottimali per la collettività. Abbiamo visto che gli individui che agiscono razionalmente per il proprio interesse non promuovono il bene pubblico.
Quali potrebbero essere le soluzioni? Come possiamo rimuovere questi dilemmi? Ecco alcune proposte:
- Privatizzazione dei beni comuni. L’iniziativa privata è sicuramente rilevante per qualcosa ma non è ogni cosa. Gli economisti tradizionali cercano di convincere che la privatizzazione è il sistema più efficiente per i cittadini. Ma la privatizzazione è l’opposto di un contratto sociale, che chiede di rinunciare a una parte della libertà privata per assicurare una libertà comune per tutti. La privatizzazione dissolve i legami che ci tengono uniti, ci riporta a uno stato dove il forte domina il debole e la confusione domina entrambi, mettendo a rischio la sicurezza di tutti. Il profitto rimane la strategia dominante del privato.
- Norme etiche e morali. Le sanzioni morali forniscono potenti incentivi per esercitare l’autolimitazione. Ma insieme alle norme etiche bisogna costruire la fiducia. Senza fiducia ogni individuo rimarrà recluso e isolato mirando a realizzare ciò che è meglio personalmente con la conseguenza che il risultato finale sarà il peggiore scenario per tutti. É necessario avere la speranza che anche gli altri si comporteranno seguendo le norme etiche.
- Coercizione governativa. Hardin, insieme ad Aristotele e Hobbes, nel suo tema, afferma che in problemi del genere non ci sono soluzioni tecniche. L’unico sistema è la coercizione reciproca, accordata da entrambe le parti, da parte di un’autorità governativa. Per esempio, l’autorità governativa impone di costruire soltanto automobili elettriche. Ma l’autorità governativa rimarrà sempre democratica? Ci sarebbe il pericolo di arrivare a un’ecodittatura.
- Decrescita. Per decrescita si intende la necessità di un cambio di mentalità rispetto al regnante schema dell’aumento e della crescita infinita. Questo cambio di mentalità è necessario, oltre che per l’insostenibilità ecologica dell’attuale modello economico, anche per porre fine alle disuguaglianze esistenti tra paesi ricchi e paesi poveri, le quali sono un ostacolo alla tutela della pace. Inoltre, bisogna sfatare i luoghi comuni che diffondono la correttezza del modello economico: se consumi ciò che stai producendo non stai veramente producendo, anzi vieni percepito come povero.
- Tit for Tat. Questa strategia, derivante dall’inglese tip for tap, significante “rappresaglia equivalente”, è stata usata in alcune simulazioni al computer e si è rivelata molto efficace. È un algoritmo di cooperazione utilizzato nella teoria dei giochi, introdotto da Anatol Rapoport nel contesto del Dilemma del Prigioniero iterato. Sebbene nessuna prova sia stata ancora presentata, i teorici della Teoria dei Giochi la ritengono informalmente la strategia ottimale. Si tratta di una strategia è largamente cooperativa: un individuo inizialmente coopererà, poi baserà la sua risposta in base alla risposta del suo opponente. Se l’opponente è cooperativo, la risposta sarà collaborazione, altrimenti la risposta non sarà collaborativa ma di ritorsione. Alcuni studiosi ritengono che questa strategia sia il risultato di come i grandi gruppi di animali, in particolare gli esseri umani, abbiano formato società collaborative. In particolare, tit for tat, è stata applicata in politica da Robert Axelrod. Tit for tat può essere vista come una strategia di premi e punizioni. La collaborazione, il premio, può essere un incentivo. La ritorsione, la punizione, può essere una fortissima sanzione monetaria. Una limitazione di questa strategia è che non si pone la seguente domanda: cosa succede se l’opponente non vuole collaborare?
Sembra che trovare soluzioni non sia facile. Questi argomenti coinvolgono diverse materie che vanno dalla Matematica alla Politica, dalla Filosofia all’Economia, dalla Sociologia alla Psicologia. Forse è proprio la natura umana che tende all’autodistruzione come nella favola della rana e dello scorpione. La rana desidera attraversare un fiume ma ha paura di un pesce. Lo scorpione non ha nessun mezzo per attraversare il fiume, però è capace di spaventare il pesce, così chiede alla rana di portarlo sulle spalle. La rana chiede: “Come posso sapere che non mi pungerai?” Lo scorpione risponde: “ Perché se lo faccio, morirò anch’ io.” La rana soddisfatta accetta, ma nel mezzo del fiume lo scorpione punge la rana. La rana sente il veleno cominciare a fare effetto e, prima di morire, prima che lo scorpione affoghi gli chiede: “Perché?”. Lo scorpione risponde: “È la mia natura…”. Siamo quindi tutti scorpioni?
Stefano Iannone, nato a Roma nel 1959, ha coltivato fin da giovane due grandi passioni: matematica e basket. Dopo 16 anni da giocatore professionista di basket (Serie A, B e C), ha portato la stessa disciplina e determinazione nello studio della matematica. Si è formato tra Italia e Stati Uniti, laureandomi in Educazione Fisica in Italia e poi in Matematica Applicata alla San Francisco State University. Ritornato a Roma ho conseguito un Master in “Codici e Numeri”, Università Tor Vergata di Roma. Dal 1998 al 2022 ha insegnato matematica alla Marymount International School di Roma, e dal 2009 è professore a contratto alla John Cabot University di Roma. Oltre all’insegnamento, gli piace scrivere di matematica cercando di mostrare come questa disciplina sia presente nella nostra vita quotidiana. Crede fermamente che la matematica, come lo sport, possa essere un potente strumento di inclusione sociale e crescita personale. Sposato dal 1987, è padre di tre figli e nonno di un favoloso nipotino di 4 anni.







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