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“Il primo che ho incontrato all’Università di Budapest nel settembre 1930, e immediatamente scoprimmo il nostro comune interesse per la Teoria dei Numeri”. Così scrive Paul Erdős (1) ricordando il matematico ungherese Pál Turán (1910-1976) a quattro anni dalla sua scomparsa.

All’epoca della loro conoscenza, Turan aveva 20 anni, Erdős 17, e quel giorno inizia una collaborazione che sarebbe durata 46 anni – fino alla fine della vita di Turan – portando alla stesura di 28 articoli.

Superstite dell’Olocausto e noto per i suoi contributi proprio nel campo della Teoria dei numeri, Pál Turán ebbe come risultato più significativo, a detta di Erdős, un metodo di “somma di potenza” per affrontare l’ipotesi di Riemann.
Ma al suo nome è anche legato un aneddoto molto divertente.

Siamo nei primi tempi del dopoguerra. Lo stalinismo ha preso piede in Ungheria e per le strade di Budapest circolano pattuglie di soldati che sono genericamente addette a individuare persone che per un motivo o per l’altro meritassero di essere mandata in Siberia, nei gulag, in maniera da creare un clima di terrore.
Turán sta rincasando dall’Università, quando una sera finisce nel mirino di una di queste pattuglie.

I gendarmi lo fermano, gli chiedono i documenti, gli fanno domande e il matematico è ovviamente preoccupato. La storia vuole che arrivino a perquisirlo, controllando anche la borsa che porta con sé. E lì, trovano qualcosa che li stupisce.

Quel qualcosa è il reprint di un articolo pubblicato su un giornale sovietico risalente a prima della guerra. La scoperta sorprende e intimidisce a tal punto i soldati, che decidono di lasciarlo subito libero.
Appena arriva a casa, Turán scrive una lettera a Erdős che inzia così: “Ho appena trovato una nuova e sorprendente applicazione della teoria dei numeri…”

 

 

(si ringrazia Nicola Ciccoli)

(1) [P Erdős, Some personal reminiscences of the mathematical work of Paul Turán. Acta Arith. 37 (1980), 4-8.]

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