Esistono degli elementi di ‘regolarità’ nei fenomeni sismici, che magari sono comuni a tutti i terremoti? E cosa c’entra la Luna con i terremoti? Uno studio matematico-statistico del terremoto dell’Aquila compiuto da un ricercatore del CNR
Parafrasando un mio collega: “A guardare il cielo e dire che tempo farà son buoni tutti. Ma vai a sapere cosa succede veramente sotto i nostri piedi…”. Quello di cui si lamentava questo spiritoso ricercatore è che, a dirla un poco più rigorosamente, mentre per i fenomeni meteorologici esistono modelli matematici in grado di effettuare previsioni che, seppure a breve termine, sono molto attendibili, per i fenomeni sismici non siamo purtroppo in una situazione altrettanto favorevole. E uno dei principali motivi di questa differenza è la diversa natura dei dati a disposizione. Al contrario dei dati meteorologici, i dati sismici sono misurati sulla superficie terrestre, mentre i fenomeni che determinano le scosse telluriche avvengono all’interno della Terra a chilometri o decine di chilometri di profondità dalla superficie. Inoltre, le caratteristiche del sottosuolo influenzano molto l’evoluzione dei fenomeni sismici e quasi sempre non sono note con sufficiente dettaglio.
Anche la semplice determinazione dell’epicentro di una singola scossa, per tirare in ballo un concetto piuttosto comune, si presenta come un problema che in linea di principio è risolubile a partire dai tempi in cui la scossa è rivelata da almeno tre sismografi situati sulla superficie terrestre, facendo però l’ipotesi, non sempre verificata, che l’onda tellurica si propaghi dall’epicentro con velocità costante e identica in ogni direzione.
Se poi è una fortuna che eventi sismici di drammatica intensità accadano poco frequentemente, ai fini della ricerca questo non è però del tutto positivo, perché significa avere a disposizione dati per un numero molto limitato di casi di maggiore interesse (e che tra l’altro presentano una grande etereogeneità).
Tutti conosciamo bene, purtroppo, gli esiti del tragico evento sismico che ha colpito l’Aquila nell’aprile del 2009. Scosse sismiche che si erano verificate in quella zona dalla fine del 2008, avevano indotto a installare diverse stazioni di rilevamento nella zona, ed ora è a disposizione di tutti una grande quantità di dati. L’analisi matematica e statistica di questi dati ha messo in evidenza due caratteristiche interessanti del fenomeno sismico dell’Aquila.
Una di queste riguarda l’andamento nel tempo del numero totale di eventi avvenuti nell’arco delle ventiquattro ore. Nella Figura 1, è rappresentato questo andamento a partire dal 1 dicembre 2008. Come si può vedere, prima dell’evento del 6 aprile del 2009, c’è stata un’attività tellurica bassa ma significativa nell’ultima parte del mese di gennaio e nel mese di febbraio precedenti. Inoltre è evidente un andamento periodico di questa attività, meglio osservabile nella Figura 2. La modellizzazione matematica dell’attività sismica in questa fase precedente l’evento catastrofico ha permesso di quantificarne la periodicità: in particolare, il periodo ottenuto è stato pari a circa sette giorni.
Questa componente periodica è anche presente nella fase successiva all’evento del 6 aprile. Infatti, dopo aver modellizzato in prima approssimazione l’attività in questa fase con un opportuno modello matematico di Omori modificato, è stata analizzata l’attività residua, non spiegata dal modello. Tale residuo è stato analizzato sia modellizzandolo con un modello parametrico che, alternativamente, considerando la sua densità spettrale. In entrambi i casi, si è arrivati a concludere che anche in questa fase successiva all’evento del 6 aprile è presente una componente periodica con periodo pari a circa sette giorni, come illustrato nelle Figura 3.
La seconda caratteristica riguarda invece la localizzazione spaziale dell’attività periodica precedente l’evento principale del 6 aprile. In particolare, si è suddivisa una regione di interesse quadrata con lato pari a circa quaranta chilometri contenente l’epicentro dell’evento del 6 aprile in un numero opportuno di quadratini tutti uguali di circa ottocento metri di lato. Si è quindi considerato, per ogni quadratino, il numero totale di eventi accaduti nel periodo antecedente al 6 aprile in cui si è verificata l’attività periodica. Tramite la Morfologia Matematica, è stato possibile localizzare la regione dove tale attività è aggregata nello spazio. Questa regione è mostrata nella Figura 4. Nella stessa figura è anche mostrato il quadratino contenente l’epicentro della scossa del 6 aprile. Come si può osservare, la regione dove è presente l’aggregazione dell’attività periodica nella fase precedente alla scossa del 6 aprile è molto vicina all’epicentro di tale scossa.
L’analisi matematica che abbiamo appena brevemente descritto, è stata effettuata anche sui dati sismici relativi al terremoto di Colfiorito del 1997. La cosa molto interessante è che anche in questo caso i risultati dell’analisi hanno messo in evidenza le stesse due caratteristiche. Infatti anche in questo caso è presente una componente periodica, sia nella fase antecedente che in quella successiva all’evento catastrofico, con un periodo di circa sette giorni. Inoltre, la regione dove l’attività periodica precedente l’evento catastrofico è aggregata spazialmente, è molto vicina all’epicentro di tale evento.
C’è infine da osservare che il comportamento analogo osservato nei due casi può essere dovuto al fatto che i due fenomeni sono avvenuti a piccola distanza spaziale e temporale tra loro. Allo scopo di stabilire quanto queste caratteristiche siano generali o specifiche di alcuni tipi di eventi sismici, sarebbe ancora necessario effettuare l’analisi su di un numero sufficientemente alto di fenomeni. Naturalmente, se confermata, la caratteristica che coinvolge la localizzazione spaziale potrebbe avere un grande impatto pratico. Per quanto riguarda le possibili cause della presenza della componente periodica di sette giorni, è da osservare, che i massimi dell’attività sismica periodica, sono sempre avvenuti tre giorni circa prima di una delle quattro fasi lunari. Una prima ipotesi potrebbe quindi essere quella della variazione relativa delle posizioni della Luna, del Sole e della Terra. L’ipotesi che la forza di attrazione della Luna possa avere un’influenza sull’attività sismica terrestre non è nuova e ed è dibattuta. Negli ultimissimi anni sono però apparsi nella letteratura scientifica diversi lavori che forniscono chiare evidenze a favore di questa ipotesi.