Nel 1907, Henri Poincaré pubblicava la dimostrazione del teorema di uniformizzazione. Concludeva così una lunga serie di lavori, sparsi per tutto il XIX secolo, che iniziano per lo meno con Gauss. Nel 2003, Grigori Perelman pubblicava su Internet tre articoli importanti che conducono alla dimostrazione della congettura di geometrizzazione di Thurston, essa stessa una diretta conseguenza del teorema di uniformizzazione. Per questo gli è stato assegnata la medaglia Fields nel 2006 e il Premio Clay poche settimane fa. Vorrei allora abbozzare la storia di questa avventura, cercando di evitare gli aspetti tecnici. Evidentemente, sarò constretto a semplificare al massimo e a tacere su un gran numero di aspetti importanti.
di Étienne Ghys
Directeur de recherche CNRS, École Normale Supérieure de Lyon (page web)
Ipparco et Tolomeo
COMINCIAMO nel secondo secolo … prima di Cristo. Ipparco, e il suo successore Tolomeo, tre secoli dopo, sembra siano tra i primi a porsi il problema della “rappresentazione” più precisa possibile del cielo stellato o della superficie della terra su di un piano. Ecco (una copia di una copia) della carta del mondo di Tolomeo.
È l’inizio della cartografia scientifica. Tra i metodi introdotti in quell’epoca, bisogna ricordare la proiezione stereografica. Qui sotto vedete una sfera gialla: la terra; il polo nord, rosso; e il piano tangente al polo sud, in blu. Ogni punto sulla terra, a eccezione del polo nord, può essere congiunto al polo nord stesso con una retta che taglia il piano blu in un altro punto che si chiama la sua proiezione. Questo permette di rappresentare tutta la sfera, meno il polo nord, sulla superficie di un piano: è la proiezione stereografica.
Evidentemente questa proiezione non rispetta le distanza, ossia la geomtria, la metrica. Vedete qui sotto che l’America del Sud appare molto più piccola dell’America del Nord, per esempio.
Viceversa, se ci si concentra su delle regioni piccole, la forma è rispettata: diremmo oggi che la proiezione è conforme. Più precisamente, questo significa che una regione infinitamente piccola della sfera può essere dilatata o compressa, ma lo è allo stesso modo in tutte le direzioni; la proiezione si comporta come una similitudine al livello infinitesimale. Un cerchio per esempio è proiettato su un cerchio e non su di un ellisse allungata.
Facciamo adesso un salto di una ventina di secoli! Si sarebbe dovuto parlare dell’evoluzione della cartografia, indissociabile dall’evoluzione della geometria. Bisogna ricordare che, etimologicamente, la geo-grafia si propone di disegnare la terra e la geo-metria si propone di misurarla?
Arriviamo dunque a Gauss… Nel 1818, gli viene affidata la missione di cartografare il regno di Hannover. È questa l’occasione per lui di riflettere sugli errori di misura in fisica e di scoprire la famosa curva a campana (che vedete in alto, poco sopra al numero 10, su questo vecchio biglietto di banca tedesco), di inventare il metodo dei minimi quadrati, di perfezionare il metodo delle triangolazioni (en basso a destra la triangolazione del reame di Hannover), di inventare dei nuovi strumenti di misura topografici (in basso, vedete l’eliotropo), ma anche di meditare sulla geometria, sullo spazio, di indovinare l’esistenza di geometrie non euclidee, di utilizzare per la prima volta i numeri complessi in un contesto geometrico. E tutto questo, mentre cavalca per la campagna, assume degli operai, cerca dei finanziamenti. Un lavoro incredibile.
Citerò soltanto un teorema di Gauss, che si chiama oggi il teorema di rappresentazione conforme locale.
Supponiamo di avere adesso una terra la cui forma non è più sferica, ma a priori qualunque. Bisogna ricordare che all’inizio del XIX secolo si sapeva già che la terra non fosse esattamente sferica. E su questa superficie a forma di patatoide, consideriamo un piccolo paese, la Francia per esempio.
Gauss dimostra che è sempre possibile rappresentare questo paese nel piano in modo conforme. Per una terra sferica, la proiezione stereografica è sufficiente, ma per una terra di forma qualunque, è molto più difficile!
Questo teorema di rappresentazione conforme locale resta ancora oggi un teorema difficile. Una delle grandi idee della dimostrazione è quella di utilizzare i numeri complessi ( x y ) con un solo numero complesso z = x + i y. Ma all’inizio del XIX secolo, i numeri complessi erano ancora misteriosi, immaginari, come si dice ancora adesso, quasi mistici, e in tutti i casi ben lontani dal reale. Per riassumere questo teorema locale di Gauss, si può dire che ’’permette di individuare localmente un punto su una superficie qualunque usando un numero complesso “geometricamente per descrivere un punto nel piano. È una cosa evidente al giorno d’oggi (addirittura per molti liceali): si può individuare un punto, di coordinate
Così, la superficie di dimensione due può essere descritta da un solo numero, certo complesso, ma ugualmente un solo numero!
La dimensione due reale è stata così riportata alla dimensione uno complessa. Le superfici diventano di dimensione uno e sono dunque delle curve complesse. Questo perché le curve sono precisamente gli oggetti che possono essere descritti localmente da un solo parametro.
Non vi preoccupate dunque quando vedrete un geometra di fronte a una sfera che vi parla di una … retta! Bisogna scusarlo. La sua retta è una retta complessa, di dimensione uno nei complessi, ossia di dimensione due reale. D’altra parte è anche proiettiva, cioè abbiamo aggiunto al piano complesso un punto detto all’’infinito, ossia nient’altro che il polo Nord. Questo punto di vista sulla sfera è tradizionalmente attibuito all’eroe successivo della nostra storia: il grande Bernhard Riemann. Si parla spesso in effetti della sfera di Riemann.
Due parole su Riemann, che ne meriterebbe milioni. Uno dei suoi contributi, che ha realmente rivoluzionato la geometria algebrica, è stato di far funzionare questa costruzione nel senso inverso: di considerare cioè le curve come superfici.
Una curva algebrica, è una curva del piano che è definita da un’equazione polinomiale. Vedete qui sotto la curva di equazione x 3 y + y 3 + x = 0. Non molto interessante, vero?
Ma se facciamo come Riemann, e pensiamo a x e y come a dei numeri complessi, ciascuno con la sua parte reale immaginaria, allora il piano x y diventa di dimensione quattro e la curva di dimensione due, ossia una superficie. Eccola qui:
Questa superficie è molto più interessante, e ha in particolare una topologia molto ricca. Appare tutta una struttura: in questo caso per esempio, possiede 168 simmetrie (su questo, credetemi sulla parola…). Le curve algebriche, o più precisamente le superfici di Riemann, sono tra i più begli oggetti matematici. Che bello poterli considerare allo stesso tempo come delle curve e come delle superfici!
Gauss … ancora lui!
Siamo arrivati al teorema di uniformizzazione di Poincaré — anzi di Poincaré-Koebe — per rispettare meglio la realtà storica. Ma torniamo innazitutto al grande Gauss. Nelle sue meditazioni sulla geometria della sfera, Gauss sapeva che in un triangolo sferico la somma dei tre angoli non vale 180 gradi, come per i normali triangoli piani, ma che questa somma supera i 180 gradi di una quantità che corrisponde esattamente all’area del triangolo.
Con un’intuizione geniale, Gauss immagina allora l’esistenza di una superficie, in qualche modo duale della sfera, in cui la somma degli angoli di un triangolo è questa volta inferiore a 180 gradi e per cui lo scarto da 180 è ancora uguale alla sua area.
Lo chiamiamo oggi piano non-euclideo, o iperbolico, che è stato immaginato inizialmente com un ente matematico astratto, che poi ha preso un’esistenza concreta grazie a Riemann e Klein. La storia, spesso ingiusta, chiama questo spazio il piano di Poincaré. Così, alla fine dell’800, si hanno tre modelli geometrici: il piano Euclideo, certamente, ma anche la geometria sferica e la geometria iperbolica. Ecco un modo di creare un ricoprimento di questo piano un po’ strano.
Poincaré dimostra che queste tre geometrie sono onnipresenti e che permettono di capire tutte le superfici. Ecco un enunciato molto semplificato del teorema di uniformizzazione di Poincaré.
Teorema : Ogni superficie può essere uniformizzata con una di queste geometrie: euclidea, sferica, o iperbolica.
Va bene, bisogna spiegare che cosa vuol dire uniformizzare.
Cominciamo con un esempio: si può dire che quando si parametrizza un cerchio con seni e coseni, ossia arrotolando una retta intorno a un cerchio, si è uniformizzato il cerchio con una retta.
Allo stesso modo, ecco una superifice che ha la topologia di un toro che è uniformizzata da un piano euclideo.
In generale, per uniformizzare una superficie munita di metrica, bisogna trovare una proiezione, che tecnicamente si chiama un rivestimento, che parta sia dalla sfera, o dal piano euclideo, o dal piano iperbolico, e vada sulla superificie data, e che sia localmente conforme, come lo è per esempio la proiezione stereografica: le forme infinitesimali sono rispettate.
Ed ecco un esempio di una superficie più complicata, la curva algebrica che abbiamo visto precedentemente, che è uniformizzata dal piano iperbolico.
Qui sotto vedete una superficie che ha la topologia di una sfera, senza averne la geometria, che è uniformizzata con una sfera perfetta. In particolare il teorema di uniformizzazione dice molto di più del teorema locale di gauss: ogni “terra a forma di patatoide” può essere cartografata globalmenteda una sfera.
Se questo enunciato non vi pare molto chiaro, tenete a mente soltanto questo fatto, che il teorema di uniformizzazione di Poincaré permette di comprendere la geometria di tutte le superifici usando solo tre modelli: sferico, euclideo e iperbolico. In altri termini, con questo teorema, tutte le superfici sono state geometrizzate.
Se è stato necessario tutto l’800 per comprendere le superfici, ossia gli oggetti bidimensionali, c’è stato bisogno di tutto il XX secolo per capire gli oggetti di dimensione tre: è questa vetta che è stata raggiunta da Grigori Perelman. Qui ancora ci permetteremo di sintetizzare e semplicare al massimo.
Negli anni 1970-1980, W. Thurston si rende conto che molti spazi di dimensione tre possono essere geometrizzati come è stato fatto per le superfici.
Come la geometria eulidea piana ha due sorelle, quella sferica e quella iperbolica; così la geometria euclidea in dimensione tre, la geometria dello spazio, ha anche lei delle sorelle, ma la famiglia è più numerosa. Ci sono la geometria sferica e quella iperbolica, analoghe di quelle in dimensione 2, ma ci sono altre cinque sorelle meno conosciute, che vengono chiamate le geometrie di Thurston, e cha hanno i nomi non molto attraenti di Nil,SL2, Sol o ancora D 2 R et S 2 R. Thurston comincia a studiare un gran numero di esempi di spazi di dimensione tre e si accorge che tutti questi esempi possono essere descritti da una di queste geometrie. Prepara degli atlanti, incoraggia i suoi studenti a realizzare delle banche dati informatiche. Ha un approccio molto concreto, quasi “sperimentale”, per dirlo con una parola raramente utilizzata in matematica.
Nel 1976, formula la sua congettura di geometrizzazione:
Qualsiasi spazio (***) di dimensione 3 può essere munito di una metrica che è localmente isometrica a una delle otto metriche di Thurston.
Bisognerebbe essere più precisi. Le stelline vogliono dire “varietà compatte, asferiche e atoroidali”, ma bisogna semplificare 🙁
La cosa importante da capire è che questa congettura dice che gli spazi a tre dimensioni possono essere geometrizzati. La topologia degli spazi è così ridotta alla geometria.
Ma Thurston non si accontenta di congetturare. Dimostra la sua congettura in molti casi significativi, e questo gli vale la medaglia Fields nel 1983. Thurston è in primo luogo un geometra/topologo; i suoi metodi sono quelli del topologo: gli piace quella che viene chiamatea la chirurgia, tagliare gli spazi in vari pezzi e rincollarli. Tutto sembrava indicare che la dimostrazione di questa congettura avrebbe utilizzato questi metodi topologici: tagliare, incollare.
2003 : Un colpo di tuono nel mondo della topologia. Grigori Perelman, è una specie di eretico, è infatti un analista, uno specialista di equazioni alle derivate parziali, soggetto che molti topologi avevano l’abitudine di considerare come molto lontano. Avevano, perché dopo Perelman hanno dovuto cambiare parere :-).
Che ha fatto Perelman ? Risulta difficile spiegarlo in poche parole. Ci contentiamo di qualche frase abbastanza vaga, e di un esempio semplice che illustra il metodo seguito.
Prendete uno spazio di dimensione tre, e scegliete una metrica in questo spazio. Certamente questa metrica non ha nessun motivo di essere una delle otto metriche di Thurston. Quello che le impedisce di esserlo è, grosso modo, che non è necessariamente omogenea; può essere un po’ più curva da una parte che da un’altra per esempio. Allora, ancora grosso modo, si fa “riscaldare” lo spazio e si lascia “diffondere” la metrica, fino a che non raggiunga una specie di posizione di equilibrio termico che, si spera, sia omogenea: sarà allora una delle otto metriche di Thurston. Questa spiegazione è vaga, molto vaga, e non indica minimamente le notevoli difficoltà tecniche della dimostrazione di Perelman. L’equazione d’evoluzione alle derivate parziali che utilizza si chiama il flusso di Ricci
Una versione non lineare della famosa equazione del calore.
Ecco un teorema recente, di Gage, Grayson e Hamilton, molto più semplice del teorema di Perelman, che può aiutare a capire il metodo. Ecco una curva nel piano. Come possiamo arrotondarla? Un’idea molto semplice è di spingerla nel senso della sua curvatura. Spingete tutti i punti nel senso della convessità, poco o tanto a seconda se sia poco o tanto curva. E fatelo con continuità. Guardate il risultato se partite da una curva molto sinuosa. Diventa rotonda, la curvatura di equlibrio, e tende a diventare un cerchio.
Il flusso di Ricci (in dimensione1)
Il teorema di Gage-Grayson-Hamilton, non è per niente facile e nemmeno intuitivo. Perché per esempio la curva non sviluppa dei punti doppi?
Il teorema di Perelman è nello stesso spirito: prendete una metrica in uno spazio di dimensione 3, e spingetela nel senso della curvatura. Convergerà allora verso una metrica di Thurston. La difficoltà essenziale del teorema consiste in un’analisi precisa dell’apparizione di singolarità.
Un’ultima osservazine e conclusioni
L’osservazione è che la congettura di Thurston implica la famosa congettura di Poincaré, che risale al 1905, che oggi è quindi un teorema. Ancora un esempio del fatto che per risolvere un problema, è qualche volta utile risolverne uno ancora più difficile.
La conclusione è che la matematica è una scienza viva e sana. Questa storia illustra ancora una volta l’unità della matematica, che non finisce mai di sorprendere gli stessi matematici.
P.S. : Grazie a Jos Leys a cui devo alcune delle (migliori) figure.