Riprendiamo dal sito Scienza in Rete un intervento di Ciro Ciliberto, professore ordinario di geometria superiore all’Università di Tor Vergata e presidente dell’UMI sul recente congresso internazionale dei matematici di Seoul.
Sono sull’aereo che mi riporta in Italia dopo aver partecipato, come membro della delegazione italiana, all’Assemblea Generale della International Mathematical Union e ai primi giorni dell’International Congress of Mathematicians, che si tiene ogni quattro anni. Ho quindi avuto il piacere di assistere da una posizione privilegiata alla cerimonia inaugurale del Congresso, durante la quale son state assegnate le Medaglie Fields 2014. Si è trattato di una cerimonia molto bella e di un evento certamente straordinario. L’eccezionalità del quale, rispetto al passato, è dovuta a due fatti. Il primo, da molti, me compreso, considerato il più rilevante, è stato l’attribuzione del prestigioso riconoscimento, per la prima volta in ottanta anni di storia del premio, a una donna, Maryam Mirzakhani. Si tratta di una giovane, brillantissima matematica nata e cresciuta in Iran, un paese alla cui secolare cultura la storia di questa disciplina deve moltissimo, ma che mai era stato in corsa con un suo esponente per una Medaglia Fields. Il secondo eccezionale evento è che una delle Medaglie è stata attribuita ad un sudamericano, il brasiliano Artur Avila, che ha anche da non molto tempo la nazionalità francese. Mai finora ad un matematico nato e cresciuto nel sud del mondo era stato attribuito un così prestigioso riconoscimento. Si farebbe però torto agli altri due premiati, Manjul Bhargava (di origine indiana, nato in Canada e cresciuto negli Stati Uniti) e Martin Hairer (austriaco che lavora in Gran Bretagna), a non sottolineare anche i loro importanti meriti.
Tutti e quattro i premiati lavorano in ambiti classici della matematica e in essi hanno dato di recente contributi fondamentali. Avila si occupa di sistemi dinamici, il settore che studia, con raffinati strumenti analitici e geometrici, modelli matematici in grado di descrivere l’evoluzione nel tempo di sistemi che sottostanno a leggi che legano lo stato presente a quello futuro e/o passato. Bhargava è un teorico dei numeri: la teoria dei numeri è uno dei settori più antichi della matematica che, ciò nonostante, propone ancora e sempre nuovi, affascinanti e difficili problemi teorici. Non si tratta però solo di una mera sfida intellettuale: la teoria dei numeri, è diventata infatti in tempi recenti cruciale per le applicazioni, ad esempio, ai sistemi crittografici che, inconsapevolmente, usiamo ogni giorno quando ritiriamo i soldi col bancomat, inviamo un sms col telefono cellulare, guardiamo una TV a pagamento, ecc. Hairer si occupa di calcolo delle probabilità, una disciplina antica ma sempre più attuale, che ci consente di effettuare previsioni riguardo a fenomeni in cui gioca un ruolo essenziale il caso. Mirzakhani infine, studia, con metodi innovativi problemi che sono centrali nella matematica da più di centocinquanta anni, e cioè la struttura algebrica e geometrica del cosiddetto spazio dei moduli delle curve, un oggetto, introdotto da B. Riemann a metà del 1800, che racchiude in sé innumerevoli informazioni sulle proprietà di infiniti oggetti quali tutte le curve algebriche che condividono uno stesso invariante, detto il genere.
Mai come nella società dell’informazione in cui viviamo la matematica, proprio con i suoi apporti più teorici, incide in maniera decisiva sulla nostra vita quotidiana, sulle comodità e i benefici di cui godiamo. Ciò nonostante, i mezzi di informazione italiani, da sempre non molto attenti a questa disciplina, hanno per lo più ignorato l’assegnazione delle Medaglie Fields, tranne pochissime eccezioni che lo hanno però fatto trattando i premi attribuiti a Mirzakhani e Avila un po’ come la famosa notizia dell’uomo che morde il cane. Certo, non vi è dubbio che siamo di fronte ad un evento storico. Ma tacere del tutto, come qualcuno ha fatto, i nomi ed i meriti degli altri due vincitori porta a sottostimare i meriti degli stessi Mirzakhani e Avila, che sono innanzitutto, così come Bhargava e Hairer, dei matematici di primissimo piano, i quali hanno ottenuto risultati importantissimi, che aprono nuove strade alla ricerca matematica.
Venendo più specificamente a Maryam Mirzakhani, e in rapporto al ruolo e alla posizione della donna nella scienza, si è fatto da qualcuno riferimento alla più vieta e triste aneddotica con scarsissimi fondamenti storici, e a non documentate ipotesi sulle capacità intellettuali delle donne, sul presunto funzionamento del loro cervello, su media e varianza delle loro prestazioni intellettuali. Non sono un neurofisiologo, e non intendo inoltrarmi su un territorio che non è il mio. Ho però un’esperienza di più di quaranta anni di insegnamento e di attività di ricerca matematica. Ho conosciuto migliaia di studenti. Non pochi, quelli che ho seguito per la tesi di laurea o durante il
loro corso di dottorato e di cui ho diretto la ricerca, li ho conosciuti a fondo. Ho inoltre interagito e collaborato con decine di colleghi, di ogni età e nazione. Ebbene la mia esperienza è che, a fronte di grandi diversità e varietà di carattere e rendimento individuale, mai mi è stato dato di rilevare la benché minima differenza attribuibile al genere nelle capacità e attitudini matematiche. Quel che invece mi è parso sempre evidente, è che vi sono ancora pesanti pregiudizi e forti condizionamenti sociali e culturali che spesso richiedono alle donne grandi sacrifici aggiuntivi rispetto a quelli richiesti ai maschi per esprimersi al meglio. Nella nostra società occidentale cosiddetta evoluta questi pregiudizi e condizionamenti assumono forme talvolta grossolane, ma più spesso sottili e insidiose, e pertanto difficili da combattere. In altri contesti, da noi più lontani, si manifestano purtroppo in maniera più pesante e drammatica.
È compito di ciascuno di noi, e specialmente di coloro che rivestono posizioni di responsabilità, aiutare in tutti i modi a contrastare ogni fattore che impedisca agli individui di realizzarsi al meglio a prescindere da differenze di genere, razza, nazionalità, religione, convinzione politica, stile di vita. Solo quando avremo realizzato questo arduo compito (e di strada da fare ne abbiamo tanta!), potremo forse discettare di media e varianza delle prestazioni intellettuali di gruppi di individui.
Sarebbe infine bello che di matematica si parlasse un po’ più spesso che ogni quattro anni, con maggiore interesse, rispetto e competenza. Si tratta della disciplina scientifica più antica della storia dell’umanità, che ne ha accompagnato e segnato profondamente lo sviluppo nel corso dei millenni, che ha aspetti affascinanti e nasconde segreti e sfide intellettuali alla portata di tutti. Una disciplina che, contrariamente a quel che si crede, è tutt’altro che un arido esercizio di applicazione di regole mnemoniche, ma che invece richiede fantasia, coraggio intellettuale e grande apertura mentale e duttilità. Soprattutto, senza matematica, la scienza e la cultura di un paese sono destinati prima all’asfissia e infine alla morte.
Ciro Ciliberto
Professore Ordinario di Geometria Superiore all’Università di Roma Tor Vergata
Presidente dell’Unione Matematica Italiana