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A inizio settembre 2019, Nicola Arcozzi, analista dell’Università di Bologna, ha iniziato a pubblicare su Facebook una serie di post pubblici, dal titolo Psico-Analisi. Il sottotitolo del primo post recitava Appunti per una “Psicopatologia del tuo docente di analisi matematica”, rivolto agli studenti del primo anno dei corsi STEM. I vari post, via via più elaborati, psicoanalizzano le idiosincrasie del docente di analisi (ma più in generale di matematica) così come appare agli studenti delle materie scientifiche. In questo modo Nicola Arcozzi, in maniera molto auto-ironica, spiega tutti i retroscena che spesso portano noi docenti di matematica a comportarci in un certo modo.

Ho trovato molto spassosa (e molto veritiera) questa psico-analisi del docente di matematica e ho chiesto a Nicola il permesso di pubblicarla qui su Madd:Maths! Spero faccia sorridere (e riflettere) anche voi.

Per vedere tutte le puntate vai alla sottosezione Psico-Analisi del sito.

Psico-Analisi 7a

L’esame è una particolare forma di malafede: una domanda viene fatta da chi ne sa la risposta a chi quella risposta non la sa. Pensa a un bolognese che molesti i turisti tedeschi in Piazza Maggiore chiedendo loro come si arriva a Piazza S. Stefano.
Michel Foucault avrebbe voluto che qualcuno scrivesse una “storia dell’esame”, da mettere assieme alle sue opere che trattavano dei sistemi di punizione, reclusione e tortura. Alcuni esami rientrano appieno tra gli archetipi della psiche occidentale, al punto da funestare periodicamente l’attività onirica di chi li ha sostenuti in gioventù.
Tra gli esami che più segnano chi ha la ventura di sostenerli sono l’esame di maturità, quello della patente e quello di analisi uno.

Il mito eziologico dell’esame si trova nell’Edipo Re di Sofocle. Un mostro esamina i viandanti con domande-trabocchetto e, se questi non rispondono, o rispondono non correttamente, li divora. Il mito, soddisfacendo un’ovvia pulsione alla gratificazione, dice che il mostro, se rispondi bene, si autoelimina gettandosi nell’abisso.
Nessun docente di analisi si è mai, non dico suicidato, ma nemmeno lasciato andare al minimo atto di autolesionismo per il fatto che l’esaminanda o l’esaminando abbiano risposto correttamente alle sue domande. Questa soddisfazione non ti verrà mai data: sappilo.

Psico-Analisi 7b

Il tipico esame di analisi si compone di scritto e orale. La forma dialogica dello scritto è questa: c’è un docente che crea dei problemi, ci sei tu che crei delle soluzioni e il prodotto completo si chiama “esame scritto”. Se viene bene, può persino diventare un piccolo oggetto scientifico, una cosa che val la pena di essere conservata negli anni.
Non illuderti: il tuo analista non vede l’ora di mandare al riciclo il lavoro che ti è costato ore di tempo, tutta la tua attenzione, il tuo spirito artistico e innovativo, e che adesso gli sta intasando la scrivania assieme a centinaia di altri.

Chi scrive sostenne l’esame di analisi nel lontano 1983. Il testo veniva preparato da giovani ricercatori freschi di PhD americano, che si ponevano (ci si immaginava) dei quesiti l’un l’altro.
“E questo?”
“Facile, lo si risolve in due passaggi.”
“Quest’altro?”
“Solo questione di qualche paginata di conti.”
“Allora questo?”
“… Questo non so proprio da dove partire. Ci devo pensare su..”
“Bene, allora lo mettiamo nello scritto della prossima settimana.”
Gli stessi ricercatori dovevano poi passare lunghi pomeriggi a correggere esami scritti che, chissà perché, passavano in pochi. Venne allora l’idea di fare un pre-scritto: una decina di domande a risposta veloce (molti controesempi), alla cui metà almeno bisognava rispondere correttamente per accedere allo scritto. Per una elementare legge numerica (il prodotto di due numeri inferiori all’unità è minore di ciascuno dei due fattori), il pre-scritto ridusse ulteriormente il numero di coloro che passavano l’esame.
A un certo punto apparve anche un pre-orale. Noi studenti ci chiedevamo perché non mettere anche la lotta a mani nude col drago, a chiudere in bellezza il percorso iniziatico.
I docenti del secondo biennio iniziarono a lamentare la scarsità degli studenti in aula e gli esami di analisi furono di conseguenza riformati.

Ti consoli sapere che oggi gli esami di analisi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, alquanto più prevedibili. Quasi nessun analista pensa più che essi debbano selezionare un’élite destinata alla matematica pura. Più realisticamente, la prova scritta ha lo scopo di aiutare ad apprendere la teoria, al modo in cui non si può imparare nulla di serio sui circuiti elettrici senza averne costruito uno, anche semplicissimo, con le proprie mani.
Tra le cose che sono cambiate negli ultimi decenni, e non solo in analisi, non solo in matematica, è il fatto che molte attività che una volta richiedevano un notevole impiego di ingegno ed esperienza, sono svolte da software sempre più sofisticati e affidabili. Non ha quindi più gran valore sapere trovare gli integrali indefiniti di funzioni impestatissime, poiché vi sono efficacissimi algoritmi che ripercorrono a ritroso e a gran velocità il grafo delle derivate.
Molto più significato ha sapere cosa è un integrale e cosa possiamo farcene, dove potremmo trovarcelo davanti.. Però non è che queste cose si imparino ascoltando silenti e a gambe incrociate un analista-guru che ci spieghi tutto ciò. Bisogna che ci mettiamo le mani dentro. La prova scritta serve proprio a questo.

[continua]

Nicola Arcozzi

Alberto Saracco

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