Daniele Gouthier è un matematico che si occupa di comunicazione e insegnamento della matematica. Di seguito propone di istituire una specie di certificazione per le conoscenze matematiche: prima un breve testo e più sotto una vera e propria lettera aperta (un pdf da scaricare e leggere con attenzione). Come MaddMaths! vogliamo aprire la discussione su questa proposta e ci impegniamo a pubblicare eventuali lettere di risposta, anche di possibile dissenso. Sono temi delicati, ma crediamo sia utile iniziare a parlarne. Come al solito scriveteci all’indirizzo maddmaths@gmail.com
Abbiamo un problema. Viviamo in un’epoca e in una società che ci richiedono sempre più di essere consapevoli di che cosa la matematica sia e di saperci orientare in essa, e al tempo stesso in un’epoca e in una società nelle quali la matematica non gode certo di accettazione sociale. Ci sarebbe accettazione sociale se i cittadini si rendessero conto che la matematica è cruciale per prendere decisioni ai livelli globale, collettivo, professionale e personale. Invece i segni di una scarsa accettazione sono intorno a noi: intellettuali e opinion leader ostentano la propria ignoranza matematica quasi fosse meritoria o, al meno, trascurabile; i più fraintendono e squalificano la matematica e il suo ruolo nella cultura (“ma a che cosa serve davvero?”) o si abbandonano a stereotipi (“sono solo calcoli”); altri ostentano una visione utilitaristica come se la cultura non fosse composta anche da pensieri, teorie, idee e visioni.
La conseguenza è che molti cittadini non si curano del proprio capitale matematico; e altrettanti non capiscono il valore di questo capitale in chi l’ha coltivato. Tutto questo contribuisce a rendere la matematica periferica nella cultura, debole nelle dinamiche economiche e professionali, trascurabile nelle decisioni. Reagiamo a questa situazione, e cerchiamo di prevenirla, agiamo sul piano educativo con l’insegnamento (scolastico e universitario, formale e informale) e su quello culturale (con divulgazione, intrattenimento, informazione, riflessione).
Con la “Lettera ai matematici intorno a una proposta di certificazione”, che trovate qui sotto, pongo in discussione una terza linea di azione che punta sul mondo del lavoro e su competenze professionali che sono tanto necessarie quanto sottaciute o fraintese. Senza voler diminuire l’impegno, individuale, collettivo e istituzionale, per insegnamento e avanzamento culturale, vorrei accendere un faro sul mondo del lavoro, sulle figure professionali vecchie e nuove, sui dipendenti pubblici e privati.
Per quanti di loro le competenze matematiche sono cruciali? Per quanti sono valutate e valorizzate dal contesto lavorativo? Quanti sono consapevoli del livello di competenza a cui si collocano? Nella “Lettera” racconto a grandi linee la storia delle certificazioni linguistiche nate, in una fase storica in cui il Regno Unito stava perdendo la presa coloniale su molti paesi e in cui il ministero degli esteri capì di dover spostare l’attenzione sul commercio e sul lavoro attraverso l’accresciuta accettazione della lingua inglese.
Il problema è diverso, la soluzione simile. La via scelta dagli inglesi è di porre l’accento sulla dimensione professionale: avere una certificazione – A2, B1 o C1 che sia – diventa un indicatore qualificante in un curriculum, un elemento di scelta per un datore di lavoro, una carta in più per il lavoratore e per il professionista. È una visione squisitamente utilitaristica: descrivere e certificare le competenze, nello scrivere, ascoltare, leggere e parlare, che servono per chi lavora. Se concordiamo che la società e il mondo del lavoro richiedono sempre più competenze matematiche, perché non mettere in moto una macchina analoga? Perché non puntare in modo utilitaristico sui “nostri” scrivere, ascoltare, leggere e parlare e farli diventare una carta qualificante per chi lavora? Molti datori di lavoro e molti lavoratori non l’hanno ancora messo bene a fuoco ma noi sappiamo che leggere un grafico, comprendere un testo matematico, riconoscere un problema, esprimersi in modo rigoroso e pulito… sono competenze sempre più necessarie al giorno d’oggi. Anche per lavorare.
Vogliamo parlarne?
Daniele Gouthier
La lettera
Immagine di copertina di sandid da Pixabay
Leggendo l’articolo di Daniele Gouthier ho ricordato la scuola che feci negli anni cinquanta e sessanta del XX secolo. Quella era e sarebbe ancora la scuola adatta ai tempi perché il latino e greco servono per formare uno studente e possono servire per affrontare bene l’informatica e l’IA. La matematica e fisica che si faceva al liceo classico poneva le basi logiche per affrontare l’università. Oggi, purtroppo, siamo troppo infatuati da teorie psicopedagogiche che danneggiano gli alunni e non li aiutano a crescere. Si cresce con le difficoltà non con le parabole buoniste.
Molti spunti interessanti che si integrano con la mia proposta e che dovremmo far evolvere con un dibattito. Certamente io non ho in mente la scuola, ma questo non vuol dire che la scuola debba essere esclusa da questo processo di certificazione, tutt’altro.
Il punto su cui meriterà studiare è proprio come definire gli assi portanti (che per me sono comprensione/espressione, scritta/orale e cioè comprensione scritta, comprensione orale, espressione scritta, espressione orale) i quali dal mio punto di vista devono ruotare attorno alla comunicazione.
E soprattutto come definire i livelli (A1, A2… B1, B2… C1, C2…) in modo da andare dalle esigenze “del datore di lavoro” a quelle “del ricercatore”.
La distinzione tra vissuto ed esperti mi pare interessante e ricca di spunti, ma non so se è necessariamente centrale nella definizione di una certificazione.
Sull’esistenza di datori di lavoro che oggi accolgano una certificazione matematica, la mia risposte è un “no”. Ma non potrebbe essere altrimenti dato che questa certificazione non esiste e soprattutto dato che l’accettazione sociale della disciplina è carente. Se invece mi chiedeste se esisteranno datori di lavoro che valorizzeranno una certificazione matematica una volta che questa esisterà, la mia risposta sarebbe un “sì” e che nel tempo questo potrebbe diventare un parametro dirimente nel mondo del lavoro.
Che dire invece sulla certificazione in biologia (o in fisica, in storia, letteratura, diritto ecc. ecc.)? Con moltissimo rispetto per tutti i saperi, io vedo che in una società della conoscenza quale quella in cui, volenti o nolenti, siamo non si può esimersi dal “comunicare bene”. E in questo la matematica (con la lettura di dati e grafici, con la rappresentazione e visualizzazione di situazioni e problemi, con le relazioni spaziali e molto altro) è sullo stesso piano delle lingue: uno strumento di cittadinanza, e di lavoro, ineludibile.
Condivido l’importanza di una riflessione nella prospettiva di una Certificazione per le conoscenze matematiche. Condivido l’intento di agire sull’accettazione sociale della disciplina. Vorrei fare solo un inciso dettato dalla mia lunga esperienza di insegnante, che si è anche occupato di diffusione della cultura matematica o della storia della matematica tra i giovani e più in generale nella società: il punto di vista di Gouthier lo considero il modo migliore per delineare orientamenti nelle scelte in educazione matematica, soprattutto per il ciclo di base, anche se evidentemente non è questa la finalizzazione della sua proposta. Confesso di aver riflettuto sull’idea di una certificazione delle competenze matematiche anni addietro. Avevo pensato ad un’esperienza che riguardasse gli studenti, ad un corso di formazione oltre l’orario scolastico che coinvolgesse alcune scuole della mia città e alla realizzazione di un parternariato con realtà locali, come la rete delle Banche di credito cooperativo. Avevo condiviso l’idea con un illustre collega, non della mia città, ma poi la cosa è finita lì.
Condivido l’importanza di coinvolgere nella riflessione anche non specialisti della disciplina, che usano la matematica nella professione con livelli di consapevolezza diversi (tecnici, amministratori, ecc. ma anche artigiani, agricoltori ecc.) oppure semplici cittadini per aiutare a capire le “ragioni del fallimento” o gli “elementi di curiosità” ancora presenti in loro rispetto alla matematica. Queste persone identificheranno la matematica con la matematica scolastica o avranno raccolto altre sollecitazioni per un’immagine diversa della disciplina?
Rispetto alle certificazioni linguistiche, è evidente che la certificazione delle competenze matematiche si scontra con il problema di far capire la sua importanza: se un basso livello di padronanza di una lingua palesemente condiziona la possibilità di interazione fra persone – un fatto facilmente riscontrabile – quali limitazioni si hanno con un basso livello di competenza matematica? Nella lettera di Gouthier ci sono già varie risposte ma ritengo che si possa aggiungere qualcosa mettendosi ad esempio dal punto di vista delle scelte professionali di un giovane studente.
Un’ulteriore riflessione e una perplessità sull’accostamento lingue/matematica: la specializzazione e l’iperspecializzazione in matematica creano ampi settori (per lo meno tutta la ricerca in corso) sostanzialmente inaccessibili. Le lingue nascono e si evolvono dentro il vissuto delle persone mentre nel caso della matematica c’è anzitutto il lavoro degli specialisti. Pensando al merito della proposta di Gouthier, ritengo che questo aspetto introduca il problema della scelta delle competenze da valutare, discriminando quelle che un matematico “puro” considera irrinunciabili da quelle che lo sono per un datore di lavoro. Si potrà trovare in quest’ultimo un aiuto in questa scelta o si dovrà far leva esclusivamente sul parere di chi della matematica ha fatto il focus della propria attività intellettuale?
Nelle certificazioni linguistiche – penso all’inglese – si fa riferimento a Speaking, Writing, Listening, Reading e Use of English. È avvenuto che quest’ultimo abbia avuto un ruolo variabile nel tempo e che sia stato oggetto di accertamento, per un periodo attraverso una prova specifica, ora in combinazione con il Reading. Questo ritengo possa suggerire una certa elasticità anche per quanto riguarda il collegamento fra la certificazione matematica e quella delle lingue, se non altro per i pesi da attribuire alle quattro/cinque abilità nella loro valutazione.
Le certificazioni linguistiche sono titoli preferenziali in concorsi e assunzioni. Esistono datori di lavoro disposti a considerare allo stesso modo una certificazione di competenze matematiche? Se sì, di chi si tratta? Ritengo che sia indispensabile partire da qualcuno di loro per dare valore anche a questa certificazione sapendo preliminarmente dove poter “spenderla”.
Cosa si potrebbe rispondere, ad esempio, a un biologo che auspicasse l’istituzione di una certificazione di competenze biologiche? Anche la biologia è pur sempre una scienza indispensabile per la lettura della realtà nei suoi aspetti basilari, della quotidianità di un cittadino e di un lavoratore (si consideri la gestione della pandemia). Se a proposito delle certificazioni linguistiche l’oggetto/il contenuto, riguardo al quale legge, scrive, ascolta o conversa, il candidato lo conosce, per la matematica quali oggetti/contenuti specifici si sceglieranno? In una certificazione linguistica è consentito affermare, ad esempio, cose false su di sé; per contro, nel caso della matematica il problema della verità delle affermazioni è stringente.
Vedrei importante fare un tentativo e lavorare, ad esempio, sul Livello base per preparare una bozza relativa alle prime tre tappe, da valutare criticamente e perfezionare, come punto di partenza anche per gli altri livelli. Quali soggetti coinvolgere?
Grazie di questi primi commenti. Sono lieto che la discussione si apra anche qui.
Sicuramente il tema dell’armonizzazione con l’esistente, in Italia, Europa e all’estero, è essenziale.
Sicuramente andrà prevista una fase di ricerca in comunicazione (non in didattica) della matematica per capire come definire i livelli A1, A2… B1, B2… C1 ecc.
Dico in comunicazione perché il fuoco della mia attenzione non è sull’apprendimento (per il quale ci sono la scuola e l’università con i relativi titoli di studio), ma l’accettazione sociale della matematica e il riconoscimento del valore del capitale matematico di ciascuno.
In questo senso metto al centro della proposta il mondo del lavoro: è cruciale che chi offre lavoro inizi a dare un valore anche alle competenze matematiche che io vedo suddivise in quattro aree (leggere matematica; scriverla; comprendere un testo, un problema, matematico; saperlo esporre).
Vedo questo come “necessario” non tanto per chi ha una formazione ad alto contenuto matematico ma per chi fa professioni e mestieri che inevitabilmente hanno a che fare con aspetti e fattispecie della nostra disciplina: giornalisti, medici e infermieri, commercianti, geometri, tecnici ecc. ecc.
Se loro inizieranno a dare valore e a veder riconosciuto il valore della matematica, questo avrà un inevitabile impatto sociale (di medio lungo periodo, non certo domani).
La proposta è interessante, grazie.
Tenuto conto che esiste la certificazione delle competenze fornita al termine del primo e secondo ciclo di istruzione (tra cui sono ricomprese le competenze logico-matematiche e scientifiche), propongo un’armonizzazione con quanto già esistente.
La proposta di Gauthier potrebbe molto interessare sia i cittadini (“So la matematica? So utilizzare strumenti matematici nella vita quotidiana e in quanto cittadino?” Ecc.), che le imprese e le organizzazioni che erogano servizi. Esistono esperimenti pilota che, pur tenendo conto dello scopo particolare per cui sono stati concepiti, possono fornire un bagaglio di esperienze pregresse. Per esempio il GRE americano (Graduate Record Examinations). O anche i test di ammissione o di autovalutazione all’ingresso delle università italiane.
Come sempre in questi casi, bisogna anticipare le possibili retroazioni di sistema. Per esempio, se questa certificazione diventasse nella prassi un requisito per essere assunti da un’azienda a un certo livello, si produrrebbe una spinta di sistema a insegnare in maniera di avere un buon esito nella certificazione.
Leggerò con interesse la discussione.