Nicola Ciccoli ci presenta il suo diario di bordo di questi mesi di didattica universitaria a distanza. Un racconto appassionante di come si possa ripensare la propria professione. Questa è la seconda puntata. Tutte le puntate le troverete a questo link.
Organizzazione del corso
Il corso di Geometria IV è un corso del terzo anno della Laurea Triennale di Matematica. Sono 68 ore di lezione, di cui 12 riservate agli esercizi, e gli argomenti da studiare sono veramente tanti. Le prime 12 ore di lezione sono un approfondimento di Topologia. Non essendoci, a Perugia, un vero e proprio corso di Topologia (alcune nozioni di Topologia Generale vengono sviluppate in uno dei corsi di Geometria del I anno) queste ore sono l’occasione per rivedere alcune idee di base ed estenderle un po’. Si passa poi alla Geometria Differenziale delle curve e infine a quella delle superfici regolari nello spazio. Un corso molto classico, che richiede una buona base di Analisi in più variabili e ricordi solidi di Algebra Lineare, ma che sul piano dell’astrazione, Topologia a parte, non rappresenta certo un salto nel vuoto. Gli studenti che seguono il corso, in questi anni, oscillano tra 30 e 40, almeno nelle prime lezioni. Negli anni passati l’esame ha sempre avuto una parte scritta, di circa 3 ore, e una orale nella quale faccio una domanda per ciascuno dei tre argomenti (Topologia, Curve, Superfici) che compongono il corso. Solo l’anno scorso, dopo molte insistenze degli studenti, ho ceduto alla richiesta del compito d’esonero, una modalità di verifica della preparazione che non amo affatto, nonostante la sua popolarità.
Lezioni e regole d’esame
Avendo 6 ore alla settimana divise in tre lezioni da due ore ciascuna ho deciso da subito che avrei riservato le ultime due ore settimanali esclusivamente allo svolgimento di esercizi. Negli anni passati non ero mai stato troppo netto nella divisione tra lezioni teoriche ed esercitazioni, sulla base dell’idea che gli esercizi venivano svolti nel momento della lezione in cui avevano un maggior senso sul piano didattico ed espositivo. Questo, però, oggettivamente (e probabilmente per mio difetto) ha sempre finito per andare a discapito della quantità di esercizi svolti, sempre insufficiente rispetto alle richieste degli studenti. Questo aumento dell’attenzione dedicata agli esercizi non volevo, però, spostasse il fuoco del corso nella direzione del semplice apprendimento di tecniche un po’ ripetitive. Dopotutto, riflettendo sul modo in cui fino a quel momento avevo organizzato, anche in presenza, la valutazione del corso, mi sembrava che questo ne rappresentasse il punto debole. Un compito scritto che contenesse molte domande teoriche o comunque non standard sarebbe risultato troppo difficile per gli studenti: le buone idee non vengono necessariamente con la pressione del tempo. Un compito scritto piuttosto standard era superabile sapendo calcolare le derivate e ricordando cinque formule o poco più e in questa direzione il meglio che si poteva ottenere era la loro capacità di portare in fondo calcoli complicati. Un compito misto, con problemi teorici e questioni meno concettuali veniva sempre affrontato dagli studenti portando la massima attenzione sulla parte più algoritmica. Dovevo, in accordo con quello che avevo ricavato dalle molte discussioni di Luglio, sfruttare l’opportunità dell’epidemia per verificare capacità diverse con metodi diversi.
Ho quindi deciso che al posto di un singolo compito d’esonero avrei richiesto agli studenti tre tipi d’attività, di seguito indicate con E1-E2-E3 il cui superamento avrebbe comportato l’esonero dalla prova scritta. Le attività erano:
- E1: esercizi da svolgere a casa in corso d’anno. Il voto per questi esercizi avrebbe contribuito per 5/10 al voto di esonero.
- E2: diario di bordo da compilare con regolarità settimanale. Il voto per questo diario avrebbe contribuito per 2/10 al voto di esonero.
- E3: progetto da svolgere da soli o in gruppo. Il voto per questo progetto avrebbe contribuito per 3/10 al voto di esonero.
Complessivamente ci sarebbero stati due tipi di esonero. Quello completo esonerava dallo scritto e permetteva di scegliere una parte del programma da non dover portare all’orale e si poteva ottenere con un voto complessivo maggiore o uguale a 8. Quello parziale permetteva semplicemente di non fare lo scritto e si otteneva con un voto complessivo maggiore o uguale a 6. La ratio dei due tipi di esonero stava nel fatto che era praticamente impossibile ottenere l’esonero con due attività su 3 e volevo qualcosa che tenesse gli studenti più motivati possibile a provare a fare tutte e 3 le attività. In particolare temevo che il diario di bordo, essendo per loro cosa nuova, potesse venire snobbato e volevo dargli delle motivazioni extra.
Descrivo un po’ meglio il tipo di attività.
E1: Esercizi in corso
Il classico compito di esonero a metà corso l’ho escluso da subito. Considerato che in generale non ne ho una impressione positiva, il fatto che quest’anno si sarebbe svolto a distanza lo rendeva ancora più sconsigliato. Questo, però, mi metteva davanti a un problema. Spesso la presenza del compito d’esonero costituisce per gli studenti un incentivo a studiare durante il corso, cosa positiva perché permette di chiarirsi alcuni punti critici della comprensione molto prima dell’esame e perché permette di organizzare meglio il tempo dedicato allo studio. Inoltre essere l’unico corso senza un compito d’esonero spesso è un incentivo per gli studenti a individuare il corso come quello che verrà affrontato più tardi, quindi a seguirlo con meno attenzione. Ho quindi optato per un certo numero di esercizi da svolgere, a casa, durante il corso, in maniera simile a ciò che si fa abitualmente in molti corsi negli USA. La cosa poneva due ordini di problemi collegati. Anzitutto quello legato alla possibile comparsa di fenomeni di cheating. Poi quello legato a cosa volevo che imparassero dallo svolgimento degli esercizi. Ho cercato di seguire da subito l’idea che la soluzione passasse dal tipo di esercizi e dal tipo di valutazione che avrei scelto e comunicato ai miei studenti. Gli esercizi dovevano essere non standard: niente che si risolvesse con una ricerca su Wikipedia, quindi pochi calcoli e molta comprensione. Ho sperato che questo, da solo, scoraggiasse un ricorso eccessivo al ricopiare e condividere, e per il resto ho cercato di enfatizzare la loro responsabilità etica in proposito. Affiancato a questo c’era il versante della valutazione. Al di là della componente sommativa, il voto, necessario ai fini dell’esonero, doveva comparire una corposa componente formativa. Quindi ciascun esercizio non sarebbe stato accompagnato solo da un voto ma da un commento sui principali errori commessi e indicazioni aggiuntive su come migliorare lo svolgimento.
Volevo che gli esercizi fossero difficili e che gli studenti fossero incoraggiati a riflettere sulle difficoltà che incontravano. Di correggere i calcoli di studenti al terzo anno di matematica e che avrebbero potuto in ogni istante trovare il risultato corretto con un software online, dopotutto, mi interessava poco.
Gli esercizi di puro calcolo li avrei svolti io durante le esercitazioni per mostrare loro come procedere in linea di principio. Niente più, per loro, lunghe formule con seni e coseni da semplificare.
E2: Diario di bordo
Questa voleva essere la novità più corposa e più conseguente alle osservazioni di Francis Su. Visto che tra i miei obiettivi per il corso volevo che ci fossero: stimolare la comprensione del rapporto tra matematica e realtà, sviluppare un senso estetico nei confronti della matematica, far crescere la consapevolezza nelle proprie strategie di apprendimento (e visto che non mi era ben chiaro come ottenere questi obiettivi in altro modo) ho chiesto ai ragazzi di redigere un diario di bordo che contenesse proprio questi dati. Cosa avevano trovato facile e cosa difficile e come si erano comportati davanti alle difficoltà? Cosa avevano trovato stimolante e cosa noioso? Qual era il loro argomento preferito e quale quello che avrebbero fatto carte false per evitare? In quali altri corsi avevano trovato concetti simili e che differenze di presentazione avevano notato? Quali aspetti delle applicazioni avrebbero voluto approfondire? Praticamente la regola era chiara: almeno una pagina entro la scadenza (all’incirca settimanale). L’implicita promessa che non c’erano un giusto e uno sbagliato ma che ciò che sarebbe stato valutato era la profondità delle considerazioni. Un invito a sbizzarrirsi sia nel formato che nei contenuti. Ma scrivere sempre: una versione matematica del nulla dies sine linea. In rete avevo messo un breve vademecum che ricordasse quali erano gli obiettivi del diario di bordo e un file Tex predisposto, nel caso loro volessero usare l’occasione anche per imparare a usare il Tex, proprio a questo scopo.
E3: Progetto
Mancava un aspetto: la collaborazione tra studenti. Mancava anche qualcosa che, a mio giudizio, li mettesse a contatto con la grande varietà di esempi di curve e superfici particolari studiate nella storia e che costituiscono uno degli aspetti più affascinanti di questo corso. Cercavo qualcosa che li incoraggiasse a lavorare assieme e che, al tempo stesso, li portasse ad approfondire almeno un aspetto della questione. Così ho deciso che ci sarebbe stata anche l’attività di progetto. Un elenco di curve e di concetti teorici sulle curve tra cui approfondirne uno, avendo circa tre settimane tra la scelta e la data di consegna del progetto, potendo fare la cosa da soli o in gruppo, con un gruppo di massimo tre persone (l’idea era che una collaborazione a distanza di più di tre persone avrebbe portato facilmente a gruppi dentro i quali qualcuno si limitasse a nascondersi) che andava dichiarato in partenza. Ciascun progetto avrebbe avuto un controllo in corso d’opera: una riunione online tra me e i partecipanti al progetto per chiarire la direzione che la cosa aveva preso, correggere eventualmente il tiro e anche un modo per me per verificare che i partecipanti fossero tutti effettivamente coinvolti. Avrei poi dato, a fine progetto, quindici ulteriori giorni per eventuali modifiche.
Le attività per l’esonero, però, non sarebbero state le uniche novità che avevo in mente…
Musica, maestro
Avevo letto, un mese prima dell’inizio delle lezioni, l’esperienza riportata da Federico Ardila, professore di Algebra a San Francisco State University, in cui il docente aveva introdotto il suo corso, in presenza, con l’ascolto di un pezzo musicale tratto dalla sua ampia collezione di vinili (Ardila-Mantilla ha svolto anche attività di DJ) e legato questo ascolto a una riflessione sui suoi aspetti matematici. Lo scopo però non era matematico ma puntava a realizzare una atmosfera in cui tutti si sentissero accolti.
Non sono molto avvezzo a copiare esperienze fatte da altri, soprattutto quando sono di natura così personale, abitualmente, ma di questa mi aveva colpito, nel racconto, il fatto che a giudizio del docente quei 3-4 minuti di musica avessero contribuito molto nello stabilire un forte legame tra i partecipanti al corso. Non era, dopotutto, questo uno degli obiettivi che avevo in mente: far sentire gli studenti come parte di una comunità educativa a dispetto della distanza fisica imposta dal Covid? Per cui mi sono baloccato con questa idea fino a cinque minuti prima del corso. La parte razionale di me la considerava una cosa infantile, forse una captatio benevolentiae neanche troppo mascherata, ma anche qualcosa che mi poteva rendere ridicolo ai loro occhi, che poteva distrarre, confondere, anche allontanare qualcuno. A far pendere la bilancia a favore della scelta è stato il pensiero che in fondo, se chiedevo a loro di espormi anche pensieri personali, se chiedevo a loro di non aver paura del giudizio, dovevo ben dare io il buon esempio. Far vedere che non avevo timore nel fare una attività così particolare forse poteva aiutare loro ad aver meno timore nel farsi giudicare da me. Così, cinque minuti prima della prima lezione mi sono deciso e ho scelto. Alle 11.00 iniziava la prima lezione del corso e alle 11.05 gli studenti erano già praticamente tutti collegati. E’ stato in quel momento che ho premuto click e dal mio microfono aperto si sono diffuse nei loro altoparlanti le note di Smells like teen spirit dei Nirvana; se musica doveva essere che almeno iniziassimo il corso con un po’ di energia.
Uomini e caporali
Sempre da Francis Su avevo letto di un corso in cui ogni lezione era iniziata con una pillola di matematica: il racconto, in cinque minuti, di una singola idea matematica non necessariamente correlata al corso ma che avesse lo scopo di mettere in contatto gli studenti con la realtà della nostra disciplina come sapere in movimento, intercorrelato, con uno sviluppo storico. Anche con questa idea ho giocherellato un po’, all’inizio pensando di metterla in pratica allo stesso modo. Ma che diamine: questa era l’idea pensata per un corso di Calculus, in cui serviva a staccare gli animi dalla ripetitività del calcolo di derivate di funzioni goniometriche, integrali di razionali fratte e cose così. Io, dovendo parlare di Topologia, Curve, Superfici avevo tutto a disposizione per affascinare, approfondire, incuriosire, lanciare ponti all’interno del corso, senza dovermi porre il problema di pindarici slanci in avanti (anzi, al contrario, dovendo pormi il problema di non perdere troppo il filo). Non avevo il timore di un corso noioso. Eppure era soprattutto l’idea della geometria differenziale come una cosa viva, con una storia e una attualità matematica a sembrarmi essenziale. Non trovando una soluzione, come spesso capita, l’idea messa da parte ha continuato a ronzarmi per la testa.
È stata la realtà, purtroppo, a cristallizzare l’idea in una forma. Dico purtroppo perché c’è voluta la morte di Vaughan Jones, avvenuta a Settembre, a darmi la spinta. Così, fedele all’idea che parta della comunicazione della matematica come scienza umana passi anche attraverso il racconto dei matematici (ne ho parlato anche all’ultimo congresso UMI e a Camerino, ultimi convegni prima del Covid) ho deciso di inserire qua e là nel corso alcune notizie biografiche sulle vite di alcuni matematici legati in misura diretta ma non immediata ad alcuni degli argomenti trattati. Abbiamo così parlato di Maryam Mirzakhani parlando di geodetiche e di Jones e della teoria dei nodi ma anche di Penrose che ha vinto il Nobel: un misto di attualità e legami con gli argomenti del corso.
Miscellanea
Altre piccole attività di contorno sono state organizzate per il corso. Anzitutto le slide. L’intera parte di topologia e un paio di argomenti per ciascuna delle altre sezioni sono state coperte da miei appunti preparati in Tex in forma completa, con dimostrazioni, esercizi svolti, ecc… Non sono un devoto degli appunti forniti dal docente, considero preparare i propri appunti una delle tecniche di studio più efficaci, ma la situazione eccezionale mi sembrava richiedere scelte eccezionali. Una seconda parte è stata supportata da appunti presi a mano su un tablet e condivisi in formato PDF. Di ogni lezione è stato fornito il link alla lavagna online, scaricabile in formato PNG.
Sulla pagina Web del corso sono stati anche condivisi alcuni materiali aggiuntivi, preparati negli anni precedenti. Inoltre ho preparato due brevi video. Uno intitolato Come si studia un teorema, dove, commentando alcune slide, si danno alcune indicazioni sul metodo che reputo più utile nell’affrontare lo studio dell’enunciato e dimostrazione di un teorema di topologia. Un secondo intitolato Come prendere appunti in cui vengono spiegate le indicazioni di massima sul cosiddetto metodo Cornell per prendere appunti. Non che si tratti di un metodo particolarmente illuminante. Ma ragionare un minimo su come si prendono gli appunti mi sembra tutto sommato stimolante. Ci sarebbero, nelle intenzioni, dovuti essere anche un video su come studiare le definizioni e uno sullo svolgimento degli esercizi, chissà che non valga la pena prepararli per l’anno prossimo.
Infine mi ero ripromesso di fissare verso fine Ottobre un incontro, in presenza, all’aperto. Semplicemente per vedere visi e corpi, per permettere a me e loro di dare sostanza a nomi e voci. Questo pensavo, ottimisticamente, a metà Settembre. L’epidemia molto semplicemente non lo ha permesso. Ma come vedremo non mi sono fatto scoraggiare del tutto.
2 – continua
Nicola Ciccoli