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Corinna Ulcigrai ha vinto quest’estate uno dei 10 Premi EMS che vanno ad altrettanti matematici europei sotto i 35 anni che si siano distinti per le loro ricerche negli ultimi quattro anni. Corinna, che ha da poco avuto un figlio, Victor, approfitta di un momento di pausa per rispondere alle nostre domande. Intervista raccolta da Roberto Natalini.

Apparso originariamente l’8 gennaio 2013

Corinna Ulcigrai ha vinto quest’estate uno dei 10 Premi EMS che vanno ad altrettanti matematici europei sotto ai 35 anni che si siano distinti per le loro ricerche negli ultimi quattro anni (ne abbiamo parlato qui). Corinna, che ha da poco avuto un figlio, Victor, approfitta di un momento di pausa per rispondere alle nostre domande.

C.: Ciao.

R.: Ciao, come va? Allora questo bambino vi fa dormire?
C.: Guarda, oggi Victor era un po’ nervoso perché gli abbiamo cambiato la culla, e si è svegliato spesso, per cui abbiamo tutti gli orari sballati.
R.: Capisco, va bene, se si sveglia vediamo come fare…. Senti allora partiamo dall’inizio. Quando hai capito che volevi essere una matematica?
C.: Beh, guarda, già da bambina mi ero appassionata di “problem solving”, compravo questi libri di quiz e problemi di logica matematica. E insomma mi divertivo a risolvere questi quesiti. Alle medie poi avevo un’insegnante di matematica molto brava, che ci proponeva una prospettiva inusuale della materia, più basata su problemi da risolvere in modo creativo. Poi al liceo invece, anche se pure li’ ho avuto un’ottima insegnante, il programma di matematica era abbastanza convenzionale. La matematica del liceo non è che ispiri particolaremente, essendo veramente molto diversa da quello che fai poi nella ricerca. Quello che mi ha veramente convinto a scegliere di fare matematica all’università sono state le Olimpiadi della Matematica. Ho partecipato a queste gare negli ultimi anni del liceo. Ci sono vari tipi di premi, e ho preso il premio di prima donna classificata. È un po’ triste che esista, ma insomma. Comunque dopo ho fatto gli stages di preparazione a Cortona. E come forse saprai c’è un’alta correlazione tra i vincitori delle olimpiadi di matematica e gli ammessi alla Scuola Normale.
R.: Mi sembra che i test di ammissione siano molto simili ai giochi delle gare, no?
C.: Eh, sì infatti. Le olimpiadi sono la migliore preparazione per entrare in Normale, perché il tipo di approccio è lo stesso: non serve molto background matematico, ma si deve saper usare una buona dose di fantasia e creatività. E insomma, avendo avuto questo successo nei giochi, questo mi ha convinto a provare a entrare in Normale. In realtà se fossi rimasta a Trieste credo avrei studiato Fisica, perché era il corso di laurea dove andavano gli studenti bravi del mio liceo. Invece, mi sono iscritta a matematica avendo avuto la borsa a Pisa.
R.: Insomma all’inizio non avevi un interesse preciso.
C.: Diciamo che al liceo mi piacevano tutte le materie, e non avevo nemmeno una predilezione spiccata per la matematica. Certo, ho fatto il liceo scientifico, cosa che tra l’altro ha scioccato i miei genitori perché in famiglia sono tutti piuttosto letterati di formazione, alla fine il fatto di avere una figlia matematica li ha lasciati molto spaesati, e infatti volevano che facessi il classico. Io invece volevo massimizzare le cose che potevo imparare, e mi ero accorta che allo scientifico si faceva di più rispetto al classico e l’unica cosa che perdevi alla fine era il greco. E pensa che all’inizio mi ero messa in testa di studiarlo da sola, il greco, anche se è durato solo pochi mesi. Ma insomma, mi piacevano anche le materie letterarie, e pensa che a un certo punto vinsi anche un premio in un concorso su Leopardi e mi piaceva molto scrivere. Da bambina pensavo che avrei fatto la scrittrice.

corinna2R.: Su questo non si sa mai…
C.: … Insomma la passione per la matematica mi è venuta veramente molto tardi.
R.: Ma insomma, e scusa la domanda un po’ stupida, ma alla fine tu ti senti di aver scelto di fare matematica, oppure che è la matematica ad averti scelto, nel senso che al di fuori della matematica non avresti voluto fare nulla?
C.: Ehi, mi piace questa storia della matematica che ti sceglie! Sì, alla fine credo che alla fine la matematica ti richiama e sceglie te.
R.: Un po’ come i Pokemon…
C.: …
R.: E con chi ti sei laureata?
C.: Con Stefano Marmi, forse lo conosci.
R.: Sì, diciamo di nome.
C.: È professore in Normale e quell’anno era appena arrivato. E con lui ho cominciato a lavorare in sistemi dinamici.
R.: Ma lui non lavorava e lavora con Yoccoz? [NdR.: famoso matematico francese, vincitore della Medaglia Fields nel 1994].
C.: Esatto, difatti ho incominciato già nella tesi di laurea a imparare delle tecniche che poi ho usato anche dopo. In realtà lavoro su cose molto vicine a quelle di Yoccoz, tipo scambi di intervallo e “translation surfaces”. Non so se conosci queste cose.
R.: No, in realtà non ne so nulla, ma se me lo spieghi lentamente cerchiamo di tradurlo per i nostri lettori.
C.: Una delle aree in cui lavoro, e di cui uso molti strumenti, si chiama “dinamica di Teichmüller”, che è un nome che spaventa tutti quando lo dico, anche i matematici…
R.: Vero, infatti…
C.: E  sembra pomposo, mentre invece. Ma insomma, supponiamo di voler studiare le proprietà caotiche di un flusso su superficie. Ossia, hai un flusso, che e’ ad esempio dato dalla soluzione di un sistema di equazioni. Un flusso è un sistema dinamico, cioe’ una trasformazione che evolve nel tempo e che fa muovere tutti i punti del tuo spazio in nuovi punti, e lo fa in modo invertibile, ossia puoi muoverti se vuoi avanti e indietro nel tempo. Ora prendi un flusso su una superficie: le superfici possono essere semplicemente delle sfere, o dei tori [NdR.: ossia delle ciambelle], o dei tori con un numero maggiore di buchi (o per meglio dire, “manici”) e così via. Per inciso, il numero di “manici” di una superficie e’  una delle proprietà topologiche fondamentali di una superficie, nota come “genere”. La sfera ha genere 0 (non ci sono manici), il toro(=ciambella) (o una tazza!) ha genere 1 (un buco al centro, o un manico), un doppio toro(=pretzel??) ha genere 2 etc… Ora, io mi sono interessata alle trasformazioni che conservano l’area (ossia una regione della superficie verrà trasformata in una regione diversa, ma con la stessa area) in genere maggiore a due e alle loro proprietà caotiche. Una di queste è la proprietà che chiamiamo “mixing”, ossia la proprietà di “mescolamento”. Ora cerco di spiegartela. Prendiamo per esempio una sfera o una ciambella. Su questa superficie immaginiamo di avere uno strato fluido, tipo l’atmosfera della terra, a cui applicchiamo un flusso, che sarebbe come un vento che trasporta tutte le particelle dell’aria da una parte all’altra. In pratica ogni regione della superficie, dopo un certo tempo, sarà stata trasportata da qualche altra parte, sempre conservando la sua area. Se al tempo 0 abbiamo una macchia d’inchiostro sulla nostra sfera o ciambella, e il sistema e’ caotico, ad un certo tempo T successivo troveremo la macchia spalmata un po’ dappertutto, come se l’avessimo mescolata. L’immagine che viene usata spesso quando si parla di “mixing” e’ quella di mettere una goccia di latte nel caffè…. e’ chiaro finora?
R.: Beh, sì, mi sembra.

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C.: Ecco, allora diciamo che un certo flusso è mescolante se, dopo un certo tempo, presa una qualsiasi regione della superficie, la probabilità di trovare pezzi della macchia originale dipende solo dall’area della regione stessa. Ossia, insomma, la macchia si è spalmata in modo omogeneo dappertutto.
R.: Come se, buttando un bicchiere di inchiostro nel mare, dopo un po’ potessi trovare con eguale probabilità la stessa concentrazione di inchiostro in tutti i mari del mondo…
C.: Sì, ecco, una cosa del genere. Un altro esempio è la trasformazione del fornaio. Prendi l’impasto del pane e aggiungi dell’uvetta. Che movimento fa il fornaio per distribuire uniformemente l’uvetta? Prima piega l’impasto e poi lo stira, poi lo ripiega e poi lo ristira. E questo movimento di piegamento e stiramento è uno dei modi migliori per mescolare l’uvetta in tempi molto rapidi. Matematicamente questo si chiama “diffeomorfismo di Anosov”.
R.: Ripartiamo con i nomi difficili…
C.: Ma no, pensa sempre al fornaio.
R.: Ok.
C.: Insomma, il mescolamento è la cosa principale che ho studiato nei lavori per cui ho ricevuto il premio.
R.: E riesci a spiegare perché è una proprietà interessante?
C.: Il problema del mescolamento dei flussi che preservano l’area nasceva da una vecchia congettura di Arnold [NdR.: Vladimir Arnold è un famosissimo matematico russo, morto nel 2010]…
R.: E questo mi dovrebbe bastare, no?
C.: Beh, per un matematico direi di sì :-D, ma in realtà il mescolamento e’ una proprieta’ che ha anche applicazioni. Per esempio un matematico francese che conosco, Jean-Luc Thiffeault, ha usato l’idea della dinamica del fornaio per studiare la produzione industriale di vetri. Devi pensare che il vetro in fase di lavorazione è semiliquido.
R.: Infatti.
C.: E nella lavorazione industriale il vetro è mescolato con due pistoni che ruotano ed è possibile utilizzare questo tipo di dinamiche di tipo Anosov (chiamate in questo caso “pseudo-Anosov”) per ottimizzarne il mescolamento. E questo è solo un piccolo esempio. Ma il messaggio “ridotto” è che dato un flusso è naturale chiedersi se ha la proprieta’ di mescolare in modo rapido le cose.
R.: Aspetta che ora te lo chiedo meglio. Ma ad Arnold come era venuto in testa il problema?
C.: Diciamo che la sua motivazione era di tipo fisico-matematico, e questa è facile da spiegare. Pensa al moto di un elettrone in un metallo, sottoposto ad un campo magnetico. Nell’approssimazione “semi-classica” [NdR.: in cui solo una parte del sistema è trattata usando la Meccanica Quantistica, il resto è trattato con la fisica classica], l’elettrone si muove sulla cosiddetta superficie di Fermi in cui l’energia è costante, che in un metallo è  una superficie periodica. Ma allo stesso tempo, a causa della presenza del campo magnetico, l’elettrone deve anche muoversi su un piano.
R.: Insomma, hai un doppio vincolo.
C.: Esatto. Ora, se uno interpreta il moto dell’elettrone come la traiettoria di una particella su di una superficie chiusa, e lo si fa passando al quoziente sulle celle periodiche, ti accorgi che sta seguendo esattamente il tipo di dinamica che ho studiato io.
R.: Ma ad Arnold cosa interessava capire? La probabilità di trovare l’elettrone da qualche parte?
C.: Sì, e il mescolamento dipende da certe caratteristiche del flusso considerato, come il tipo di punti fissi. Certo, non so nemmeno se ad un fisico adesso questo tipo di considerazioni possano interessare più di tanto, ma per un matematico questa è una domanda molto naturale.
R.: Capisco. E quando hai cominciato a studiare questo problema, quali erano i risultati conosciuti? Che cosa si sapeva esattamente?
C.: Non si sapeva quasi niente!
R.: Ah, brava! :-). Insomma, Arnold l’aveva formulato, qualcuno ci aveva riflettutto, ma in pratica c’era poco o nulla.
C.: C’erano dei risultati solo per la ciambella (quella classica, non i pretzel con piu’ manici…).  Ma aspetta. In realtà ci sono un sacco di strumenti che sono stati sviluppati negli ultimi anni usando la dinamica di Teichmüller e che io ho usato per studiare il miscelamento. Un’idea, sviluppata già negli anni ’80, è quella di vedere il tuo flusso su superficie come un punto in uno spazio astratto, che si chiama proprio “spazio di Teichmüller”, o meglio nello “spazio dei moduli”. E l’idea è di deformare questo punto piano piano, sempre rimanendo nello spazio astratto. E il comportamento dell’orbita della deformazione ti da informazioni sulle proprietà ergodiche del flusso di partenza [NdR.: ossai informazioni sulle medie statistiche delle orbite]. Insomma, per sapere quello che fa il tuo elettrone sulla tua superficie, ti metti in uno spazio astratto e incominci a deformare… Ovviamente la cosa sembra diventare molto più complicata, ci sono connessioni con la geometria algebrica e la teoria dei numeri, ma alla fine questa idea si è rivelata vincente. E su queste cose, sulla dinamica nello spazio di Teichmüller, molti risultati sono stati ottenuti da persone come Yoccoz, e anche altri vincitori di medaglie Fields hanno lavorato su queste cose. Una delle idee chiave che ho sfruttato è per esempio la rinormalizzazione, che è data da una delle possibili deformazioni. È come avere un microscopio che ti permette di “zoommare”, ossia guardare su scale diverse, sempre da piu’ lontano, il tuo flusso. E un’orbita che era molto lunga nello spazio di partenza, dopo la corretta rinormalizzazione diventa molto corta. E io ho applicato queste idee ai miei flussi miscelanti.
R.: E questo dipende però dalla superficie che stai studiando, immagino. Se hai un toro succede una cosa, se hai un toro con due buchi ne succede un’altra e così via, no?
C.: Sì. In realtà il toro è un caso che era già stato considerato da Sinai, il mio relatore di Tesi di Dottorato a Princeton [NdR.: Yakov Sinai è un matematico di origine russa, molto famoso per i suoi studi sui sui sistemi dinamici e sulla fisica matematica] in un lavoro precedente in collaborazione con Khanin che diciamo, a livello tecnico, era molto più semplice. In pratica una classe importante dei flussi studiati da lui si riduce allo studio delle rotazioni, che sono meno complesse delle mappe che ho studiato io in seguito. Per esempio, un flusso sul toro e’ sistema che si dice ellittico, ossia se prendi il moto di due palline che partono vicine, queste rimarranno vicine per tutto il moto. E qui, ovviamente, sto ipersemplificando. All’estremo opposto ci sono i cosiddetti sistemi iperbolici, che sono quelli più caotici in assoluto, in cui in generale due traiettorie vicine si allontanano a velocità esponenziale. Io invece ho studiato flussi che sono  sistemi parabolici, in cui traiettorie inizialmente vicine finiscono per allontanarsi, ma questa volta più lentamente. Insomma sono caotici in maniera lenta.

A questo punto inizia una conversazione piuttosto tecnica sui punti di sella e le orbite caotiche, che se siete matematici forse potrebbe anche interessarvi, ma altrimenti rischiereste di confondervi le poche idee chiare che vi siete formati fino a qui e che decido unilateralmente di cassare. Inoltre, al minuto 49:25 dell’intervista (sic! e siamo solo  a metà. Forse è questo il momento migliore per prendersi una pausa e andare alla toilette) un inconfondibile rumore nel sottofondo annuncia il risveglio del piccolo Victor, 4 mesi, che fino a questo momento dormiva ignaro nella stanza accanto. Corinna interrompe la conversazione e la riprende pochi minuti dopo, avendo però nel frattempo avuto cura di unire il nostro nuovo ospite, piccolo, ma con le idee chiare, alla nostra conversazione. Da qui in poi la conversazione procede a tre, peraltro con scarsi interventi sonori dell’ospite più giovane.

C.: Eccolo qua! Speriamo stia buono.
R.: Per ora direi di sì.
C.: Insomma non è facile questo periodo. Quando mi chiedono perché non ci sono tante matematiche donne, la prima cosa che rispondo è che non è facile conciliare il lavoro con la famiglia. Ossia, tante persone ci riescono, ma insomma, quando viaggi tanto, e viaggiare è importante, è difficile farlo con un bambino piccolo. E poi ho una seconda risposta che mi piace molto.
R.: E quale sarebbe?
C.: Sinai ha avuto un sacco di studenti, sia maschi che femmine. L’unica differenza che ha riscontrato è la seguente. Quando lui dava un problema a uno studente maschio, lui tipicamente rispondeva che aveva già un’idea di come risolverlo e che non c’era problema, e poi dopo due settimane tornava, ma senza la soluzione. Mentre quando dava il problema ad una sua allieva, lei cominciava dicendo che era impossibile e che non ci sarebbe mai riuscita, ma dopo due settimane magari tornava con la soluzione.
R.: :-D. Sì coincide con la mia esperienza.
C.: Ovviamente è un esagerazione, ma insomma, gli uomini in generale sono più ottimisti, e a volte questo li aiuta, mentre le donne devono superare una specie di soglia psicologica iniziale dovuta all’insicurezza.
R.: Ok, mi sembra interessante. I relatori di dottorato dovrebbero saperlo… Senti, ma a parte le proprietà di mescolamento, a cosa ti sei dedicata?
C.: Beh, a tante altre cose. La cosa più facile da spiegare sono i biliardi poligonali. Non sono proprio biliardi. Quelli classici sono rettangoli. Questi invece sono poligoni di forma varia, ma il principio è sempre lo stesso. Una pallina si muove finché non incontra un lato del poligono su cui rimbalza utilizzando le leggi dell’ottica geometrica, per cui l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione. Chiaramente siamo in un caso ideale, la tua palla è un punto e non c’è attrito. per cui la palla potrebbe rimbalzare per sempre. E non ti interessa mandare la palla in buca, perché non stai giocando, ma sono modelli di sistemi fisici e cerchi di di capire le proprietà caotiche delle traiettorie, ossia di nuovo, come piccole perturbazioni nelle condizioni iniziali possano cambiare il risultato finale. E questo è ancora legato agli studi preceenti perché siamo ancora nel regime delle dinamiche di caos lento di cui si parlava prima.
R.: Ma dimmi, proiettandoti nel futuro cosa pensi di fare? Pensi di rimanere a studiare questo tipo di problemi, oppure trovare nuovi argomenti?
C.: Non so. Da una parte mi piacerebbe affrontare nuovi settori della matematica. Dall’altra i sistemi dinamici sono veramente un campo affascinante, a cavallo tra tanti settori classici della matematica, analisi, geometria e anche teoria dei numeri. E per esempio adesso in questa dinamica di Teichmüller, c’è molta geometria algebrica che interviene, che conosco poco, e insomma credo ci sia ancora tanto da fare. E poi è sempre difficile prevedere cosa studierai domani. Uno si espande, andando però in primo luogo in aree adiacenti ed è sempre divertente avere nuove sfide e imparare cose nuove. Ma non è che ti svegli la mattina e cambi settore.
R.: No, infatti, ho capito. Ma dimmi, il rapporto con Sinai come è stato? Lui è un po’ un personaggio mitico.
C.: Sinai è un grande direttore di tesi di Dottorato. Una persona di una squisitezza e di una gentilezza incredibili, un vero gentleman, come si dice. Con me è sempre stato molto paterno, anche se sul suo conto si raccontavano storie terribili. Forse a Princeteon è diventato più buono. Chi aveva lavorato con lui quando era in Russia raccontava che gli capitva di telefonare ai suoi studenti alle 4 del mattino per sapere a che punto erano, ma queste cose con me non le ha mai fatte. Ed è sempre pieno di idee e ogni giorno arrivava con un’idea nuova, e mi ha insegnato tanto. Però è anche vero che essere studente con lui vuol dire essere molto indipendenti e fare parecchie cose da soli. E in particolare, trattare i problemi di mescolamento dei flussi che preservano l’area con tecniche che venivano dalla dinamica di Teichmüller, beh, questo era un patrimonio mio, che veniva dal mio lavoro di tesi a Pisa con Marmi, e che lui non conosceva molto.
R.: È interessante che abbiate avuto questa complementarità.
C.: Diciamo che lui pensava sempre in termini di teoria della probabilità, che è il suo background principale. Ma entrambi abbiamo una visione abbastanza geometrica dei sistemi dinamici.
R.: E dopo la tesi hai preso questo posto qui a Bristol dove stai da cinque anni. Come mai hai scelto di venire qui?
C.: Mi hanno dato una posizione qui con una RCUK Research Fellowship [NdR.: RCUK=Research Council of the United Kingdom, una specie di CNR britannico] in cui c’è pochissimo insegnamento, e quindi molto tempo per fare ricerca. Fino ad ora avevo un solo corso all’anno e interi semestri liberi per viaggiare e visitare un sacco di posti. Insomma, ho lavorato veramente bene. E poi il dipartimento e’ molto giovane… siamo in tanti trentenni e quando mi hanno assunta stavano creando un nuovo gruppo di sistemi dinamici.
R.: Ma pensi un giorno di tornare in Italia?
C.: Quando sono partita per andare all’estero, pensavo assolutamente di voler tornare, anche se sapevo che per molti questo non era stato possibile. Adesso ti confesso che non lo so più. Mio marito è di origine ucraina, di Kiev, ed è un matematico come me, anzi lavora anche lui in sistemi dinamici, e credo sia difficile riuscire a trovare una sistemazione conveniente per entrambi in Italia. In questo senso per ora siamo stati molto fortunati, perché siamo stati assunti dall’Università di Bristol nello stesso momento, qunado ancora non ci conoscevamo, e abbiamo iniziato a frequentarci proprio a Bristol. E sappiamo quanto sia difficile muoversi in coppia su nuove posizioni. Per questo, per ora non ci stiamo molto pensando, anzi abbiamo appena comprato casa ed è nato il bimbo… Certo negli Stati Uniti sarebbe magari possibile, ma devo confessare che sul piano umano, della vita di tutti i giorni, preferisco ancora vivere in Europa.
R.: Ma insomma, in Italia ci tornerai qualche volta?
C.: Sì certamente, ci sono stata anche nel giugno scorso che c’era una grande conferenza di sistemi dinamici proprio a Trieste, per cui ne ho approfittato per far conoscere Victor ai miei genitori. E comunque l’Italia ha molte persone di alto livello nel settore, e poi sono sempre in contatto con Marmi a Pisa.
R.: E dimmi, questa improvvisa celebrità non ti fa un po’ paura?
C.: Insomma, è stata un po’ una sorpresa, sia il premio che poi tutto questo riscontro sui media italiani, la radio [NdR.: qui potete ascoltare l’intervista a Radio3 Scienza con Corinna e Alessio Figalli], i giornali. Mi fa un po’ paura che quello dico venga poi distorto. E poi a volte mi sembra che sia un po’ casuale che si parli di una persona piuttosto che di un’altra. Però, alla fin fine, credo che non ci si possa sottrarre a questo compito. È importante che si parli in ogni modo della matematica, e anzi credo sia una parte importante del nostro lavoro.
R.: Senti, per finire, vorrei chiederti cosa pensi del sistema educativo italiano, specie in confronto agli altri paesi in cui hai vissuto.
C.: A me sembra che l’università mi abbia dato una preparazione ottima, specie se confrontata rispetto a quella di studenti americani o inglesi. Si faceva un sacco di matematica in profondità e con una preparazione dettagliata. Certo, magari a Princeton ci sono anche studenti con un’ottima preparazione, ma ripeto, in media uno studente americano sa molta meno matematica di uno studente italiano.
R.: E parlando degli altri livelli scolastici, qual è la tua impressione?
C.: La stessa, ossia che abbiamo un’ottima scuola e credo sarebbe importante tenerne conto per i futuri cambiamenti.

corinna4

 

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