A molti matematici piace leggere romanzi e racconti, ma a volte ci si dimentica che ci sono opere letterarie in cui la matematica e i matematici occupano un posto importante, molte più di quanto voi possiate immaginare. In questa rubrica “Ho letto un teorema…”, Barbara Fantechi ci presenta quelle che le sono piaciute di più. In questa puntata ci parla di “Notte e giorno” di Virginia Woolf.
Sapete che c’è un romanzo che ha per protagonista una giovane donna che vuole studiare matematica e astronomia, non può farlo perché la famiglia glielo vieta, e allora finisce per studiare di nascosto durante la notte, con i fogli pieni di calcoli nascosti nel vocabolario di greco in modo che nessuno li trovi? Se non lo sapete, quando credete sia stato questo scritto questo libro?
Probabilmente penserete che sia recente, parte delle numerose iniziative per aumentare il numero di donne interessate alle materie STEM; invece no, si tratta di Notte e giorno, il secondo romanzo di Virginia Woolf, pubblicato nel 1919. La protagonista, Katharine Hilbery, è la nipote di un famoso poeta e il suo compito principale nella vita è aiutare la madre, creativa ma disorganizzata, a scrivere la biografia del di lei padre ormai morto da tempo; oltre ovviamente ai normali doveri delle donne non sposate, versare il tè e fare conversazione quando i genitori invitano qualcuno, e leggere ad alta voce dopo cena ai genitori (ah, i bei tempi prima della tecnologia…).
In questa vita che non le si addice e non le dà modo di sfruttare la propria intelligenza, le stelle ed i numeri diventano un sogno di libertà; capire il movimento degli astri è un modo per uscire dalla casa e dalla vita in cui è rinchiusa. Non è un caso che Mary Datchet, la donna che incontra all’inizio del romanzo e che diventa sua amica, sia una volontaria che si batte per il voto alle donne.
Woolf è tornata spesso sul tema del rapporto fra le donne e l’istruzione, sia nel pamphlet Una stanza tutta per sé, sia nel saggio esteso Tre ghinee relativo al problema (anche quello di vecchia data!) dell’accesso all’educazione universitaria e del suo finanziamento. In Tre ghinee, Woolf si autodefinisce “figlia di uomo colto” per sottolineare la differenza fra i fratelli, tutti educati a Cambridge, e lei a cui non fu neppure permesso di andare a scuola: per questo la descrizione degli studi di Katharine non può che restare vaga.
Anche oggi la storia di Katharine è moderna e attuale: famiglia e società scoraggiano le donne dagli studi scientifici, anche se non apertamente come allora. Mi piace però concludere con una citazione da Una stanza tutta per sé in cui Woolf si augura che le sue ascoltatrici, fra le prime studentesse ammesse all’università di Cambridge, “scrivano libri di viaggi ed avventura, di ricerca e didattica, di storia e biografia, e di critica e filosofia e scienza” perché, dichiara, “i romanzi ne trarranno beneficio”: una risposta semplice e chiara al problema delle due culture (scientifica e letteraria).
Barbara Fantechi