A chi fa scienza, piacciono le spiegazioni semplici. E quando si scrivono equazioni, c’è poco di più semplice di una regola di proporzionalità. Come in macelleria: il prezzo è un tanto al chilo. Basta un solo numero per sapere il prezzo di ogni quantità si desideri. Una legge di questo genere, viene chiamata “lineare”. Come, tra le altre, la legge di Ohm (utile per il seguito) che afferma che il flusso di corrente elettrica è proporzionale alla differenza di potenziale. Ma, prima di tutto, a chi fa scienza, piacciono le spiegazioni efficaci, quelle che sanno dire come vanno le cose del mondo, per lo meno in maniera approssimativa. E, dato che non sempre le cose vanno in modo lineare, occorre adattarsi a trattare regole di tipo diverso, cioè “nonlineari” (quale sorprendente coerenza!).
In termini geometrici, un’equazione lineare è come una retta ed una nonlineare corrisponde ad una curva qualsiasi, purché non si tratti di una retta. Una circonferenza, una parabola o uno sgorbio quale che esso sia, rientrano tutti in questa enorme sconfinata categoria del nonlineare. Una strategia diffusa è quella di descrivere gli sgorbi in maniera locale, cioè in prossimità di un loro punto, scoprendo che, spesso e volentieri, se vista al microscopio, una curva nonlineare ha un andamento lineare in una sua parte specifica. Si tratta del principio della linearizzazione, di cui si è detto altrove. In termini di descrizione del reale, l’idea consiste nell’analizzare cosa preveda un modello nonlineare quando si effettuino piccole perturbazioni di un equilibrio specifico, facendo forza sul fatto che, vicino a tale equilibrio, l’equazione nonlineare si comporta in maniera non troppo dissimile dall’equazione lineare che la approssima.
Occorre però sapere andare oltre il lineare. Prima di tutto, può capitare che l’oggetto che si guarda, anche se visto da vicino, abbia ben poco di rettilineo. Esistono strutture che riproducono su scale sempre più piccole sempre la stessa forma zigrinata e frastagliata, proponendo panorami che, per quanto si aumenti il fattore di ingrandimento, non si semplificano mai. Si tratta di quelli che sono detti “oggetti frattali”, con terminologia mutuata dal latino, i quali possiedono una forma di autosimilarità, analoga a quella delle rette, ma basata su una struttura elementare più complessa.
Ma non solo. Anche per gli oggetti che da vicino sembrano rette, la vista da lontano è in grado di proporre scenari mozzafiato. Allontanandosi, della curva che corrisponde all’equazione nonlineare si ritrovano le anse e le pieghe che da vicino sembravano scomparse. E nessuna descrizione di tipo lineare è in grado di raccontare tutte le evoluzioni ed i contorsionismi dell’oggetto nonlineare di turno. Un esempio specifico è il modello di Hodgkin-Huxley che ambisce a descrivere la maniera con cui si propagano gli impulsi elettrici nelle cellule del nostro cervello. La risposta ad un segnale esterno segue una regola precisa: se l’intensità del segnale è piccola, il segnale non viene trasmesso; se l’intensità è sufficientemente elevata, il segnale viene ricondotto ad una taglia ed una forma più o meno standard e, successivamente, trasmesso di neurone in neurone. Non c’è nulla di lineare che sia in grado di realizzare questo “fenomeno di soglia”. La strategia del tanto al chilo prevede che o tutto viene smorzato o tutto viene amplificato. Tutto in funzione del prezzo. Qui, invece, la risposta dipende dalla taglia del segnale. E, in effetti, il modello più fedele possibile agli esperimenti di laboratorio è di tipo nonlineare e presuppone alcune modifiche alla legge di Ohm basate sulla richiesta che il coefficiente di proporzionalità non sia costante, ma dipenda in maniera sostanziale da un preciso meccanismo di apertura e chiusura di canali, collocati nella membrana cellulare. La qual cosa, tradotta in formule, introduce una dose precisa di nonlinearità all’interno delle equazioni, come controparte matematica di quello che accade esattamente in questo momento all’interno della vostra scatola cranica.
Corrado Mascia