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László Lovász è un matematico ungherese e un Professore Emerito all’Università Eötvös Loránd di Budapest. Ha ricevuto il Premio SIAM Pólya 1979, il Premio Fulkerson 1982 e 2012, il Premio Wolf 1999, il Premio Knuth 1999, il Premio Gödel 2001, il Premio John von Neumann Theory 2006, il Premio Creativo János Bolyai 2007, il Premio Széchenyi 2008, il Premio Kyoto 2010 e, in particolare, il Premio Abel 2021, che molti considerano il Premio Nobel per la Matematica. È stato Presidente dell’Unione Matematica Internazionale ed è stato Presidente dell’Accademia delle Scienze Ungherese. È stato anche uno dei principali collaboratori di Paul Erdős. Raffaella Mulas lo ha intervistato nel giugno 2023, durante una visita all’Alfréd Rényi Institute of Mathematics a Budapest.

Grazie per aver dedicato del tempo per incontrarmi! È un incredibile onore e un privilegio, per me, intervistare uno dei matematici che ammiro di più. Vorrei partire dall’inizio. Da adolescente, hai vinto tre medaglie d’oro alle Olimpiadi internazionali di matematica. Hai anche vinto un programma televisivo ungherese in cui gli studenti venivano messi dentro gabbie di vetro e invitati a risolvere problemi di matematica. È giusto?

Sì!

È qui che è iniziata la tua passione per la matematica? E cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla matematica in così giovane età?

Beh, è iniziata un po’ prima, forse nell’ottavo anno di scuola elementare [terza media], quando mi sono iscritto al circolo di matematica della mia scuola. Mi piaceva molto lavorare sui problemi che venivano posti lì, e l’insegnante del circolo di matematica, che era anche direttore della scuola elementare, ci raccomandò di abbonarci a una rivista ungherese di matematica per studenti delle scuole superiori. La rivista è stata fondata nel 1893 e penso che sia la più antica al mondo ancora funzionante. E questa è stata un’esperienza grandiosa! Anche Paul Erdős scriveva per la rivista. Gli piaceva porporre alcuni problemi aperti, facili da formulare ma difficili da risolvere, e li presentava sempre insieme a qualche osservazione storica. Per me è stato davvero molto stimolante!

Quindi eri ancora alle elementari quando hai letto per la prima volta qualcosa scritto da Erdős per questo giornale, giusto?

Penso di sì! Uno dei primi numeri che ho letto conteneva un articolo di Erdős sulla geometria combinatorica. Ad ogni modo, l’insegnante del club di matematica mi ha anche consigliato di iscrivermi al Fazekas Mihály Gimnázium, una scuola superiore che stava iniziando un corso specializzato in matematica. Il Fazekas Mihály Gimnázium è diventato poi piuttosto famoso proprio per le sue lezioni di matematica, ma ha attirato anche altri studenti eccellenti in altre aree. Ad esempio, mentre ero lì, in una classe parallela c’era Éva Kondorosi: è una biologa ed è una Chief Scientific Advisor della Commissione Europea. Quindi, è un’ottima scuola superiore, in generale.

Lì ho incontrato molti altri giovani che sono stati presi per la stessa classe, e si è rivelata essere un’ottima comunità in cui imparare e fare matematica. I quattro anni che ho trascorso lì sono stati davvero fantastici nella mia vita! E siccome la classe di matematica era stata istituita di recente quando mi sono iscritto io, i matematici sia dell’università che di questo istituto [Alfréd Rényi Institute of Mathematics] erano molto interessati a ciò che stava accadendo lì. Erano soliti tenere lezioni pomeridiane nella nostra scuola, e alcuni di noi hanno iniziato a visitare regolarmente alcuni dei professori, dai quali ricevevamo nuove teorie da studiare o problemi a cui pensare. Quindi, molti di noi hanno iniziato a fare ricerca durante il liceo.

Wow! Beh, ha funzionato tutto molto bene! Facciamo un salto in avanti: il tuo lavoro abbraccia molte aree della matematica e dell’informatica teorica. Qual è stato il progetto di ricerca più entusiasmante per te, finora, nella tua carriera?

Penso che questo sia cambiato nel tempo. Guardando indietro, probabilmente il mio più grande progetto è stato la teoria dei limiti dei grafi, iniziata nei primi anni 2000. Quando lavoravo alla Microsoft, molti di noi hanno iniziato a lavorarci, tra cui mia moglie Kati [Katalin Vesztergombi], Balázs Szegedy, Vera Sós, che purtroppo è morta pochi mesi fa, Jennifer Chayes, Christian Borgs e Lex Schrijver, che forse hai incontrato o incontrerai ad Amsterdam. E anche altri hanno svolto un ruolo o contribuito in varie fasi. Penso che questo sia stato il mio progetto più grande. Mi sono sempre piaciute le teorie che collegano aree diverse della matematica, e il nome “limiti di grafi” già indica che esiste una connessione tra grafi e limiti.

Ma mi sono appassionato molto anche quando, soprattutto negli anni ’70 e ’80, si stava sviluppando la teoria dell’informatica. Per me era chiaro che si trattava di una teoria matematica, e quello è stato un periodo molto entusiasmente. Non sono sicuro di aver contribuito così tanto in questo ambito, ma mi sono interessato e ho scritto articoli. Un’altra cosa entusiasmante è che ha portato ad alcuni nuovi problemi di teoria dei grafi. Ci ho lavorato anche insieme a Tibor Gallai, che è stato il mio mentore durante l’università. All’epoca non esisteva un relatore ufficiale del dottorato, ma lui ha dedicato molto tempo ed energie per aiutarmi ad andare avanti. Ricordo che disse: “Guardate questi due problemi: il problema del ciclo Hamiltoniano e il problema del matching. Il problema del matching è stato risolto in quasi tutti i sensi possibili, e il problema del ciclo Hamiltoniano è molto simile. Perché, allora, è così difficile?”. E così, molti di noi hanno iniziato a pensare che forse c’era una ragione dietro a questo. Abbiamo iniziato a pensarci in termini di complessità computazionale, ma non è stato l’approccio giusto. Abbiamo quindi provato a lavorarci in termini di complessità di Kolmogorov, per vedere se c’era qualche differenza, ma anche questo non ha funzionato.

Poi, nel 1972-73, ho fatto quello che oggi chiameremmo un postdoc. Sono andato negli Stati Uniti, alla Vanderbilt University, per un anno, mentre il mio amico Peter Gacs, che ugualmente era interessato a questo argomento, è andato a Mosca. Lì lui ha lavorato con Kolmogorov e con Leonid Levin, uno studente di Kolmogorov e che ha sviluppato la teoria P e NP essenzialmente nello stesso modo in cui (in occidente) l’hanno sviluppata Stephen Cook e Richard Karp. Peter Gacs ed io abbiamo entrambi trascorso un anno all’estero, e quando ci siamo incontrati di nuovo, ci siamo subito detti a vicenda che finalmente riuscivamo a vedere la differenza tra il problema del matching e il problema del ciclo Hamiltoniano. Eravamo felicissimi! E più avanti, per due settimane abbiamo anche pensato di poter dimostrare che P non è uguale a NP. La nostra dimostrazione era bella, ma alla fine non funzionava, perché dimostrava qualcosa di più debole. Ma comunque, abbiamo continuato a lavorare su quest’area, abbiamo organizzato un seminario qui [all’Alfréd Rényi Institute of Mathematics] e abbiamo continuato a provare a vedere come la complessità computazionale potesse essere studiata matematicamente.

Fantastico! Qual è il tuo processo creativo? Come prendono forma le tue idee matematiche?

Beh, ovviamente c’è sempre un avanti e indietro tra il tentativo di risolvere un problema e il tentativo di applicare le idee. Una cosa che probabilmente mi piace fare un po’ più della maggior parte dei miei colleghi è, in un certo senso, ripulire una dimostrazione. Non mi piace scrivere una dimostrazione finché non arrivo alla sua forma più essenziale, e questo a volte è utile perché può portare a una migliore comprensione della situazione. Ti faccio un esempio: quando ero ancora al liceo, non ero soddisfatto del fatto che la teoria dei grafi fosse in qualche modo molto elementare e quindi fosse disprezzata da molti matematici. E ho pensato che la teoria dei grafi avrebbe dovuto avere una sorta di lato algebrico. Ho inventato allora un nuovo tipo di moltiplicazione fra grafi, e ho pensato: “Okay, è facile verificare che questo prodotto è commutativo e associativo; ma abbiamo la legge di cancellazione? Se A x C è isomorfo a B x C, posso dire che A è isomorfo a B?”. Ho cominciato a pensarci e alla fine, verso la fine del liceo, ho trovato una dimostrazione. Ma era piuttosto complicata, quindi non ero soddisfatto. E ricordo ancora quando mi sono reso conto che, se nella dimostrazione conto gli omomorfismi anziché contare i sottografi, allora tutto si semplifica. Questo ha rafforzato la mia idea che devi capire cosa muove una dimostrazione, e non basta trovare la dimostrazione. E penso che sia qualcosa che mi piace fare fino in fondo. Se dimostro un risultato, cerco di capire qual è il punto di vista migliore con cui guardarlo.

Questo è un ottimo consiglio! Perché Budapest è la città natale della maggior parte dei più grandi matematici della storia in combinatorica e teoria dei grafi, incluso te stesso? C’è qualcosa nell’acqua qui?

Ahah! Beh, ci sono varie spiegazioni. Per un fatto storico che penso sia molto importante, devo tornare indietro di molto tempo. L’Ungheria aveva stretto un accordo con l’Austria, nel 1867, per ottenere un certo grado di indipendenza. C’era un governo liberale in Ungheria, sono state fatte molte cose importanti, e due di queste sono rilevanti. La prima è che hanno stabilito l’istruzione pubblica generale per tutti. L’altro è che hanno dato uguali diritti agli ebrei. Questo ha portato a una grande immigrazione ebraica in Ungheria verso la fine del 19° secolo e l’inizio del 20° secolo, e il popolo ebraico ha in qualche modo creato una vita cittadina e una vita scientifica. Non sto dicendo che l’Ungheria fosse impreparata: c’erano già scienziati di prima classe in Ungheria, compreso János Bolyai in matematica. Ma comunque, all’improvviso, questa vita matematica ha cominciato ad avere luogo, ed è allora che, per esempio, è stata istituita la rivista di matematica per le scuole superiori di cui ti ho parlato. Anche le Olimpiadi nazionali ungheresi di matematica sono state istituite nello stesso periodo, negli anni ’90 dell’Ottocento. Così sono stati scoperti tanti giovani di talento, e questo ha dato una spinta importante.

Ora, perché combinatorica e teoria dei grafi? È iniziato con Dénes Kőnig, il cui padre era anche un matematico; ma il Teorema di Kőnig nella teoria dei grafi prende il nome dal figlio. Alcune versioni di questo teorema sono emerse dallo studio dei determinanti di Frobenius. Esiste una famosa teoria di Perron-Frobenius sulle matrici non negative, e Frobenius era interessato a sapere, per una matrice le cui entrate sono variabili e alcune di esse sono nulle, se il determinante è un polinomio irriducibile delle variabili. Quindi, Kőnig ha scritto un articolo in cui ha sostanzialmente mostrato che questo è, di fattom un problema combinatorio in cui si deve capire quale variabile va dove, e ha usato i grafi bipartiti per illustrare la sua idea. La cosa interessante è che non ha dimostrato “il” Teorema di Kőnig (che in questo caso particolare equivale a caratterizzare quando il determinante è nullo), ma ha semplicemente riformulato la dimostrazione di Frobenius usando i grafi. Frobenius ha poi scritto un altro articolo in cui non ha detto cose molto carine su Kőnig, poiché era decisamente contrario a tradurre il problema in teoria dei grafi; anche se questo è un esempio in cui devi sbarazzarti di segni, somme, ecc. che non sono necessari, e si tratta solo di trovare i matching perfetti. In ogni caso, Kőnig si interessò così ai grafi, poi scrisse un libro sull’argomento nel 1937, e aveva almeno due studenti, Paul Erdős e il mio mentore Tibor Gallai. Loro hanno portato avanti la teoria, e di conseguenza molti altri matematici ungheresi si sono interessati alla teoria dei grafi.

Beh, per sicurezza, porterò comunque con me ad Amsterdam un barile di acqua da Budapest! Ora, hai già citato più volte Paul Erdős, e sei stato uno dei suoi principali collaboratori. Come lo descriveresti?

Era una persona molto insolita. A differenza del quadro generale che viene spesso dipinto di lui, era molto attento agli altri. Sapeva di tutti, cosa stavano facendo, e aiutava ogni volta che qualcuno aveva bisogno di un po’ di soldi, di qualche lettera di raccomandazione o qualcosa del genere. Ma non si prendeva cura di se stesso.

Non poteva visitare l’Ungheria durante il periodo stalinista, quindi è solo verso la fine degli anni ’50 che è tornato in Ungheria per la prima volta dopo la guerra o dopo la fine del regime stalinista. Ricordo che quando io ero giovane, forse uno studente universitario o forse addirittura uno studente delle superiori, lui soggiornava in un albergo durante le sue visite a Budapest. Stava seduto tutto il giorno nella hall dell’albergo, circondato da giovani, che avevano tra i 18 ei 35 anni, o qualcosa del genere, e lavoraca contemporaneamente con diverse persone su diversi problemi. “Hai idee su come risolverlo? Oh, ho anche questa domanda, forse è più facile, ma forse è comunque interessante.” E a volte, all’ora di pranzo, invitava in ristorante tutti quelli che erano lì. Questo per me è stato molto stimolante e ho imparato molte cose da lui; non solo matematicamente, ovviamente, ma anche dal lato umano.

Ha sempre pensato che la matematica dovesse essere condivisa con tutti. Pensava che, se hai un’idea o hai un nuovo risultato, non dovresti aver paura di condividerlo con altre persone, perché se altri contribuiscono o lo portano avanti, allora sarà solo un risultato migliore, quindi tu non dovresti cercare di tenerlo per te! È sempre stato molto altruista, e in almeno due occasioni, quando ero giovane, mi ha dato crediti che non erano ingiustificati, ma forse più di quanto meritassi. Il primo caso è stato quando ho incontrato per la prima volta Erdős, mentre lui stava già lavorando con Lajos Pósa; probabilmente conosci il nome. Avevano quasi finito un articolo. Pósa era un mio compagno di classe e un buon amico, e mi ha chiesto se potevo dimostrare uno dei risultati sul giornale. Allora ci ho pensato e, dopo un paio di giorni, sono stato in grado di dimostrare la loro affermazione. Ora, ovviamente, se sai che una cosa è vera, allora è molto più facile dimostrarla. Ma comunque, Erdős ha aggiunto una nota a piè di pagina nel loro articolo, in cui diceva che questo risultato è stato dimostrato in modo indipendente da László Lovász, anche se non era del tutto vero.

L’altro caso riguardava (quello che si chiama ancora) il Lemma Locale di Lovász, che appare in un articolo che abbiamo scritto insieme. Erdős ha sottolineato che questo particolare lemma era mio, poiché si è reso conto che aveva implicazioni più ampie rispetto al resto dell’articolo, e quindi ha dato il mio nome al lemma. Ma è apparso in un articolo che abbiamo scritto insieme, quindi, secondo le regole standard, il lemma dovrebbe essere chiamato Erdős-Lovász Lemma, se è necessario un nome. Insomma, era una persona molto interessante!

E da quello che descrivi, sembra che fosse anche molto generoso, sia come persona che come matematico.

Era molto generoso, sì!

Quanti anni avevi quando lo hai incontrato per la prima volta?

Ero al liceo e penso che il mio amico Lajos Pósa ci abbia presentati. Non ricordo in realtà dove sia successo, ma probabilmente durante una visita di Erdős alla mia scuola. Era solito visitare la scuola una volta all’anno, per tenere una lezione per gli studenti.

Quindi è stato anche un mentore molto attivo per i giovani.

Sì!

Hai qualche altro ricordo particolare di Erdős che vorresti condividere?

Ci sono state diverse occasioni in cui eravamo negli Stati Uniti o lui visitiva Budapest e rimaneva con noi per una settimana o due. Questo era spesso un po’ faticoso, perché dormiva molto poco e gli piaceva lavorare per il resto della giornata. Ma ovviamente noi avevamo obblighi di insegnamento, figli e la vita di tutti i giorni, e lui lo capiva, ma era chiaro che era piuttosto impaziente e voleva sedersi con noi per lavorare il più possibile. Era molto più grande di noi, quindi era davvero un po’ imbarazzante dire: “Scusa, siamo già stanchi!”

Un vincitore del Premio Abel ha mai delle difficoltà?

Beh, sto insegnando un corso e ora ho molti più studenti iscritti rispetto a prima, perché vogliono vedere com’è fatto un vincitore del Premio Abel. E ovviamente, come tutti, anche i vincitori del Premio Abel soffrono per le difficoltà burocratiche. Queste contano come difficoltà?

Sì, certamente! E quando dimostri teoremi, a volte ti capita ancora di sentirti bloccato?

Ovviamente! In matematica, il 90% delle volte sei sulla strada sbagliata. Voglio dire, non puoi vedere la fine del percorso, quindi devi provare! È importante anche saper tornare indietro.

Hai citato tua moglie Katalin Vesztergombi, alla quale dedichi tutti i tuoi libri, e se non sbaglio hai anche tanti figli e nipoti…

Sì, abbiamo quattro figli, se questo conta come tanti, e finora abbiamo sette nipoti. Ma nostro figlio si è appena sposato sei mesi fa, quindi speriamo ancora di averne ancora di più!

Oltre alla matematica, ai tuoi grandi grafi e alla tua (grande) famiglia, cosa ti rende felice?

Non c’è sicuramente niente di paragonabile a questi! Ma mi piace camminare nella natura e guardarmi intorno, e questa è una cosa che cerco di fare regolarmente con mia moglie.

Bello! Che cosa ti aspetti dal futuro?

Beh, se hai 75 anni devi renderti conto che, matematicamente, non puoi davvero aspettarti di cambiare carriera. Ma ci sono alcune aree che mi interessa vedere se portano da qualche parte, principalmente all’interno e intorno alla teoria dei limiti dei grafi. Sono interessato a provare a sviluppare la teoria dei limiti per grafi che non sono né molto sparsi né molto densi, ma sono una sorta di via di mezzo. Ci sono alcuni articoli, ma tutto è ancora piuttosto lontano dal poter essere definito una teoria o qualcosa del genere. Ho anche pensato di sviluppare una teoria di limiti per matroidi, o almeno di generalizzare parte di questa teoria dei matroidi a una sorta di continuous rank function, nello spirito della geometria continua di John von Neumann. Quindi sì, ci sono domande interessanti in tutte le aree, ma in questo momento sto esaminando seriamente queste due direzioni. Ora ho anche più tempo per fare matematica, e ci sono delle ottime persone con cui lavoro qui, quindi mi diverto molto.

Bene, non vedo l’ora di leggere i tuoi risultati futuri! Che consiglio daresti ai giovani matematici?

Durante i miei anni universitari, ho sempre trovato molto bello interessarmi a tutte le aree della matematica e non solo alla mia area di ricerca. Penso che questo si sia rivelato molto utile nella mia vita, nella mia ricerca. Il mio consiglio è di non specializzarsi troppo presto, se possibile. Ma so anche che il nostro sistema attuale è diverso ora e gli studenti devono specializzarsi prima. Parte di questo deriva semplicemente dal fatto che le materie stanno crescendo, quindi inevitabilmente finisci in un ramo che è già abbastanza difficile da imparare. Ad esempio, quando ero giovane, la teoria dei grafi consisteva in uno o due libri e la maggior parte del contenuto, leggendolo oggi, sarebbe considerato molto elementare. E altre aree stanno, ovviamente, crescendo altrettanto velocemente. Quindi, è difficile, ma penso che sia comunque buono, avere un’idea di che tipo di obiettivi hanno le altre aree. Qual è la cosa principale che cercano di dire? Che tipo di obiettivi hanno? Qual è il vantaggio di guardare le cose in un modo e non in un altro? Ci sono grandi aree della matematica in cui ho solo una vaga idea di cosa stia succedendo, ma cerco comunque di capirne un po’.

Mi piace questo consiglio. La mia ultima domanda è: perché pensi che sia importante continuare a studiare i grafi oggi?

Erdős aveva questa idea che, se ci sono domande, devi farle. E, specialmente nella teoria dei grafi, era bravissimo a trovare ottime domande, domande che portavano ad altre domande. Alla fine, questo ha portato a molti rami della teoria dei grafi che sono stati sviluppati sulla base delle sue domande e congetture. Al giorno d’oggi, l’uso di grandi grafi e grandi reti in varie parti di altre scienze sembra essere inevitabile. Ne abbiamo visto un esempio con la pandemia: se dobbiamo pensare a chi incontra chi, allora capire le proprietà della rete è fondamentale per poter dire qualcosa sulla diffusione di una pandemia. Le reti e quindi i grafi sono necessarie, ovviamente, anche nella ricerca sul cervello e nella ricerca ecologica, ad esempio. Quindi, con o senza limiti, lo studio di grafi molto grandi e le loro proprietà, il problema di come modellarli e studiarli, è molto importante. E queste sono tutte domande molto difficili, quindi penso che lo studio dei grandi grafi sia una nuova entusiasmante area.

Sono completamente d’accordo con te, ovviamente. Grazie mille per questa intervista interessantissima e stimolante!

Intervista a cura di Raffaella Mulas

Immagine di copertina: László Lovász @Hungary today

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