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Guido De Philippis, classe 1985, è attualmente Professore Associato alla SISSA di Trieste e si occupa di Calcolo Delle Variazioni, Equazioni alle Derivare Parziali e Teoria Geometrica della Misura. Nel 2016 ha vinto il premio EMS (European Congress of Mathematics)  ed è di pochi giorni fa la notizia che è stato invitato a tenere una conferenza di sessione al prossimo Convegno Internazionale dei Matematici ICM2018 di Rio di Janeiro.

Per quale motivo hai deciso di fare matematica? Ci racconti un po’ il tuo percorso di studi?

Devo ammettere che uno dei motivi che mi ha attirato verso la matematica è la pigrizia :D… siccome mi riusciva più facile delle altre materie e la dovevo studiare meno (all’inizio), è diventata da subito la materia più simpatica! Inoltre mi colpì fin da bambino la sua capacità di sintesi, con pochi simboli si esprimevano un sacco di concetti e quindi, rispetto a un esercizio di italiano, bisognava scrivere molto meno (in effetti ricordo con odio gli esercizi alle elementari in cui bisognava scrivere in lettere i numeri, mi sembravano un controsenso).

Poi piano piano mi sono appassionato e mi sono trovato a studiare un po’ di cose da solo, complice anche mio zio ingegnere con la passione della matematica che mi ha regalato per anni libri a temi scientifici. Infine, per gli ultimi tre anni di superiori ho avuto una professoressa di matematica bravissima, che faceva penare tutti, ma che ha avuto sicuramente una grande influenza sulla mia passione. Insomma alla fine verso la metà della quinta superiore, anche per merito (o colpa) di un amico più grande di un anno e iscritto a fisica, trovai abbastanza naturale iscrivermi a matematica.

Iniziata a scoprire la matematica dei “grandi” ho iniziato ad appassionarmi sempre di più e alla fine dell’università non avevo alcun dubbio che avrei voluto fare il dottorato. Per caso ho scoperto che c’era la possibilità di farlo alla Scuola Normale di Pisa. Provai l’esame senza eccessiva convinzione (nemmeno ero riuscito ad ottenere i testi degli anni precedenti) e alla fine sono entrato. A quel punto ho chiesto a Luigi Ambrosio se potesse farmi da relatore e da lì è iniziato un po’ tutto …

Ricordi qualcuno che è stato importante nella tua formazione?

Intanto devo dire che sono sempre stato fortunato con gli insegnanti di matematica.

Già ho menzionato la mia professoressa di matematica del liceo, Roberta Rigato, con la quale sono rimasto sempre in contatto negli anni, con quello che mi ha insegnato lei sono riuscito ad andare avanti quasi senza studiare almeno per i primi esami di analisi e geometria all’università!

Poi Luigi Ambrosio, uno dei miei due relatori di dottorato (l’altro è Luis Caffarelli). Come ho detto più volte anche a lui, bussare alla sua porta è di gran lunga la cosa migliore che ho fatto e che potrò fare in matematica! Penso che Luigi si possa definire il relatore perfetto!

Infine ho avuto il piacere di poter lavorare con un sacco di persone che oltre che bravissimi matematici sono anche diventati degli amici, tutti loro sono stati sicuramente importanti e tra loro posso menzionare i miei advisor “ombra” (sia da un punto di vista matematico che da un punto di vista umano) Alessio Figalli, Camillo De Lellis e Francesco Maggi.

Qual è il tuo principale interesse in matematica, la direzione principale della tua ricerca?

Io mi occupo di Analisi Matematica e più precisamente di Calcolo Delle Variazioni, Equazioni alle Derivare Parziali e Teoria Geometrica della Misura. In generale mi interessano tutti i problemi che mi danno la scusa di studiare qualcosa di nuovo (ma purtroppo poi spesso non riesco a risolverli).

Uno dei temi principali di cui mi sono occupato fino ad ora sono stati la regolarità delle soluzioni di problemi variazionali geometrici.

Si tratta di cercare di capire il comportamento di oggetti che rendono minime alcune energie spesso di tipo geometrico. L’esempio più tipico potrebbe essere il problema isoperimetrico in cui si cerca di trovare la figura che a parità di perimetro include più area, oppure lo studio delle bolle di sapone (il così detto problema di Plateau) in cui in genere data una curva nello spazio si cerca di trovare la superficie che la ha come bordo e che ha area minima tra tutte quelle che la hanno come bordo (questo é quello che i fisici immaginano sia il comportamento delle bolle di sapone).

Spesso per trovare un minimo lo si cerca in una classe molto più grande di quello in cui il problema è originariamente posto (secondo il principio che nell’oceano è più facile trovare un pesce che in una vasca da bagno). Per esempio per risolvere il problema di Plateau o il problema isoperimetrico uno potrebbe in prima battuta non limitarsi a cercare il minimo tra curve o superfici lisce ma ammettere anche oggetti più singolari (con angoli o peggio con strutture frattali).

Una volta trovato il minimo si cerca di mostrare che ha proprietà di regolarità migliori di quelle che a priori li competono per il solo fatto di stare in una classe di competitori generalizzato. In effetti nel caso delle bolle di sapone si può mostrare che il minimo si compone di una superficie liscia con l’eccezione di alcune curve singolari in cui si possono incontrare a 120 gradi tre superficie, quattro di queste curve possono poi incontrarsi in un punto seguendo una struttura singolare bene precisa, esattamentee quello che si osserva in natura! (Questa serie di risultati spettacolari è dovuta al lavoro di vari matematici negli anni 60/70 tra cui De Giorgi, Federer, Almgren, Allard, Jean Taylor).

Potresti individuare il tuo miglior risultato finora, la cosa di cui sei veramente fiero?

Uno dei risultati che ritengo più interessanti lo abbiamo ottenuto circa un anno fa in collaborazione con un collega di Warwick, Filip Rindler. Nel 2012 mi aveva proposto una sua congettura su la struttura della parte singolare di misure che soddisfano un’equazione differenziale. Circa quattro anni dopo siamo riusciti a dimostrare la sua congetture e la cosa si è rivelata avere conseguenze in vari campi dando risposta a problemi che erano aperti da un po’ di tempo (ammetto anche con una certa sorpresa da parte nostra).

Poi siccome ogni “scaraffone è bello a mamma sua” ci sono vari altri risultati a cui sono affezionato, anche meno noti.

Quali sono i tuoi “dream problems”?

Non ho dei veri dream problems, come ho detto prima in genere mi interesso a problemi che mi danno l’opportunità di studiare cose nuove. Quello di cui mi sono accorto è che anche se spesso (anzi direi quasi sempre) poi uno non li risolve le tecniche imparate si rivelano utili per lo studio di problemi in altri campi. Per esempio nel lavoro con Filip citato sopra siamo risuscitai combinare tecniche di Teoria Geometrica della Misura (più familiari a noi) con tecniche di Analisi Armonica.

Come passi il tuo tempo quando non lavori?

Niente di particolare in effetti, leggo, esco con gli amici, se posso cerco di fare qualche viaggetto a trovare gli amici sparsi per il mondo. Quest’anno a Trieste sono riuscito a fare un corso di sci alpinismo che volevo fare da tempo, molto bello! Poi ovviamente siccome i matematici sono sempre un po’ nerd, un po’ del tempo libero lo passo anche a studiare matematica e o materie affini non direttamente collegate al mio campo.

E i tuoi scrittori preferiti?

Forse uno dei miei scrittori preferiti è Stefano Benni, credo di aver letto ogni suo libro. Poi ho una certa passione per gli scrittori di gialli italiani, in particolare Camilleri, Manzini e Malvaldi. Quest’ultimo fra l’altro nonostante sia un chimico ha spesso dei matematici tra i protagonisti dei suoi romanzi e devo dire che ha una capacità incredibile di descriverli in tutti i loro (molti) pregi e (pochi) difetti, poi è toscano come me.

Infine, un’ultima domanda di carattere generale. Cosa ti auguri per la matematica nei prossimi anni?

Uh, domanda difficile … credo la matematica se la cavi bene sempre essendo stata presente essenzialmente per tutta la storia dell’umanità. Per quanto riguarda i matematici mi auguro che ritornino un po’ di più a studiare le cose per l’interesse di capirle piuttosto che per il fatto che si sa come risolverle (che è un po’ il risvolto negativo del fatto che la scienza è diventata un lavoro in cui bisogna “produrre”). Per quanto riguarda la matematica italiana, almeno quella che riguarda i temi che più conosco, invece mi auguro che si apra un po’ di più a problemi che vengono da altri campi e comunità, ma devo dire che sta comunque succedendo abbastanza.

(intervista raccolta da Maya Briani)

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