Daniele Di Pietro è nato a Messina nel 1979 ed è dal 2012 ordinario di Analisi Numerica all’Istituto di Matematica e Modellizzazione di Montpellier (Francia). Dal 2014 dirige il gruppo di Analisi, Calcolo Scientifico Industriale ed Ottimizzazione di Montpellier (ACSIOM).
Per quale motivo hai deciso di fare matematica?
La matematica fornisce potenti strumenti di comprensione e di sintesi, che servono per descrivere e formalizzare un problema. Saper descrivere quello che si cerca è il primo passo per trovarlo. Vorrei insistere, però, sul fatto che la matematica è un linguaggio che, personalmente, mi interessa soprattutto in funzione di ciò che permette di esprimere. In questo senso, non mi considero un matematico… Anche se, per smentirmi nel giro di poche righe, devo ammettere che spesso mi faccio guidare da un bisogno estetico più che concreto.
Qual è il tuo campo di studi?
Mi occupo di analisi numerica applicata alla risoluzione delle equazioni alle derivate parziali. Questo tipo di equazioni permette di descrivere, per esempio, il moto dell’aria intorno all’ala di un aereo o la deformazione di un oggetto sottoposto a una forza esterna. Si tratta di equazioni che, salvo casi molto particolari e molto poco interessanti, non sappiamo risolvere in modo esatto. Una possibilità consiste, allora, nel ricorrere alla forza bruta dei calcolatori. Per poterlo fare, è però necessario scriverne delle versioni “approssimate”, che possano essere risolte tramite semplici operazioni aritmetiche. Il ruolo dell’analisi numerica è concepire dei metodi per scrivere queste versioni “approssimate” e assicurarsi che la soluzione ottenuta sia rappresentativa di quella “vera”. Vogliamo, per esempio, che aumentando il numero di conti che facciamo fare al calcolatore, si ottenga una soluzione più precisa (analisi di convergenza a priori). O ancora, data una soluzione “approssimata”, vogliamo poter stimare l’errore di discretizzazione rispetto a quella “vera” (analisi d’errore a posteriori).
Come sei finito in Francia, a Montpellier?
Sono arrivato in Francia esattamente nove anni fa (avevo lasciato l’Italia per la Svizzera l’anno precedente). Dopo sette anni a Parigi, all’Ecole des Ponts prima e all’Istituto Francese del Petrolio poi, avevo voglia di spostarmi verso climi meno capricciosi. Tra le varie possibilità, Montpellier mi è sembrata subito un’ottima scelta: una città dall’antichissima tradizione universitaria, con un pittoresco centro medievale e a pochi minuti dalla spiaggia.
Montpellier: come non pensare ad Alexander Grothendieck scomparso poco tempo fa. Un tuo pensiero? Cosa ne farà l’Università di Montpellier della sua eredità scientifica?
Alexander Grothendieck è sicuramente la figura più rappresentativa dell’I3M. I suoi scritti (si parla di migliaia di pagine inedite) sono stati donati all’Università di Montpellier, che si sta mobilitando per recuperarli. Al livello dell’istituto, sono in preparazione varie iniziative importanti per commemorarlo, tra cui una conferenza che riunirà i matematici più illustri nella sua linea di discendenza scientifica. In occasione della conferenza, ci sarà anche una sorpresa che cementerà ulteriormente il legame tra i matematici montpellierini e il nome di Alexander Grothendieck (per adesso non posso svelare di più…).
Hai moltissimi lavori al tuo attivo, qual è il risultato che ti ha dato più soddisfazioni?
Ti do la risposta più scontata: gli ultimi. In questo momento, c’è grande fervore nel mondo dell’analisi numerica. Si ha la sensazione che sarà presto possibile un aggiornamento epocale dei paradigmi che hanno dominato gli ultimi cinquant’anni. La comprensione dei problemi e dei metodi avanza rapidamente e le applicazioni si moltiplicano. Nei miei ultimi lavori, ho studiato dei metodi di discretizzazione “scheletrici discontinui” che permettono di superare molti dei limiti delle tecniche di discretizzazione tradizionali. Alla base di questi metodi, ci sono delle ricostruzioni di operatori differenziali concepite per riprodurre al livello discreto le caratteristiche delle controparti continue (nuclei, simmetrie, proprietà di conservazione locale, formule di integrazione per parti,…). Per usare una metafora, si prendono accuratamente le misure del problema, per poi confezionare un metodo di discretizzazione “sartoriale”. Questo permette, per esempio, di utilizzare discretizzazioni del dominio molto più “fantasiose” di quelle tradizionali, ma anche di garantire la robustezza rispetto alle variazioni dei coefficienti fisici (un punto chiave nelle applicazioni).
C’è un risultato scientifico a cui stai puntando in questo momento?
In questo momento lavoro su più fronti in parallelo. Un problema che mi sta molto divertendo è la poromeccanica, di cui tratto aspetti differenti nel quadro di due collaborazioni industriali con EDF e il BRGM. La poromeccanica si occupa di flussi in mezzi porosi deformabili, ed è centrale nello studio di pratiche come il deposito sotterraneo di scorie nucleari o il sequestro geologico del carbonio. L’obiettivo è, in questo caso, di sviluppare metodi di discretizzazione “scheletrici discontinui” ed algoritmi di risoluzione interamente adattativi. Visto che dei primi ho già parlato, ti spiego rapidamente cosa sono questi ultimi. Classicamente, il termine “adattativo” fa riferimento alla possibilità di raffinare o deraffinare localmente la griglia di calcolo o il passo di tempo. Alla base della scelta c’é, solitamente, una stima a posteriori dell’errore di discretizzazione. Grazie a strumenti matematici recenti e sofisticati, è adesso possibile stimare separatamente le differenti componenti dell’errore di discretizzazione: in spazio e in tempo, di linearizzazione, algebrico, etc. Grazie a questa informazione, si possono utilizzare in maniera “ottimale” le risorse di calcolo ed ottenere i risultati cercati in un tempo più breve.
Quali sono i tuoi “dream problems”?
Per la verità, non ho “dream problems”. Un aspetto che mi piace molto dell’analisi numerica è il fatto di essere a cavallo tra più discipline (matematica, meccanica, fisica, informatica). Questo permette di fissarsi degli obiettivi legati a problemi concreti e sviluppare collaborazioni multidisciplinari. Ed è anche un antidoto contro la noia e la frustrazione: si possono alternare lavori teorici ad altri più pratici e, quando non si riesce a concludere una dimostrazione, si troverà sicuramente un’esperimento numerico interessante da lanciare!
…a parte la matematica, come passi il tempo? Cosa fai quando non fai matematica?
Il tempo passa, io (arrancando) inseguo…
Non si trovano tue foto sul web. Come mai? Puoi svelarci il segreto?
Timidezza? Riservatezza? Dismorfofobia? Supercazzola? Mah…
[Intervista raccolta da Maya Briani]