Nel 2022 l’Unione Matematica Italiana compie 100 anni. Nell’attesa delle candeline, che verranno spente il prossimo 31 marzo a Bologna e poi le più estese celebrazioni con il convegno di maggio a Padova, MaddMaths! inizia a festeggiare dando la parola ad alcuni dei personaggi che, di questo primo secolo, ci aiuteranno a ricostruire la storia. Oggi è il turno di … Giuseppe Anichini, intervistato da Silvia Benvenuti.
Segretario per ben 27 anni dell’Unione Matematica Italiana, Giuseppe – per tutti Beppe – Anichini è la persona giusta da cui iniziare il nostro viaggio nei primi 100 anni dell’Unione. Attualmente dipendente Inps, come ama definirsi, Beppe ha affiancato nel loro mandato ben 5 presidenti Umi (Alessandro Figà Talamanca, Alberto Conte, Carlo Sbordone, Franco Brezzi e Ciro Ciliberto), alcuni dei quali l’hanno voluto al loro fianco come condizione necessaria per l’accettazione di un ruolo così impegnativo.
«Diventai segretario che non me lo aspettavo. Andai a salutare Carlo Pucci [presidente Umi dal 1977 al 1982] nelle vacanze di Natale nell’87. Quando mi vide disse, rivolto alla sua segretaria: “Signora, abbiamo trovato il nuovo segretario dell’Umi”. Io non sapevo che Papini [precedente segretario], il giorno prima gli aveva detto che non aveva intenzione di fare il secondo mandato. Si stette a discorrere due ore e poi mi convinse», anche usando l’argomento logistico: Beppe andava alle riunioni dell’Umi già da diversi anni e aveva partecipato saltuariamente, affiancando Papini, alla stesura del Notiziario; da un paio d’anni era professore a Modena, e in un’epoca in cui treno e telefono (fisso) erano i principali mezzi di comunicazione era quasi inevitabile sentirsi dire “Ah, sei fortunato, vai a Modena e ti puoi fermare a Bologna [da sempre sede Umi] quando vuoi!”
«Da notare che tutti i segretari prima» dice col suo inconfondibile accento fiorentino «sono stati in carica 3 anni. E anche quelli dopo, per la verità. Io un po’ di più. Ma in fondo una volta imparato il mestiere…» Gli impliciti puntini di sospensione stimolano una domanda ovvia: quali sono i compiti del segretario dell’Unione Matematica Italiana?! «Be’, praticamente fai tutto quello che non fanno presidente e tesoriere» [e che scopriremo nelle prossime puntate].
Il segretario è per esempio colui che redige i verbali delle riunioni degli uffici di presidenza e della commissione scientifica. Il che, oggi, sembra un compito quasi banale, ma facendo un passo indietro ai primi mandati di Beppe «a quei tempi voleva dire scriverli a macchina, mandarli in giro per avere l’accettazione dei 18 membri della commissione scientifica – e quindi fare le fotocopie, preparare le buste, affrancarle, spedirle; poi me li mandavano indietro con le correzioni, io le rimettevo in bella copia e a quel punto il verbale era pronto». E pare di vederlo, il nostro segretario, quando negli anni della sua permanenza a Modena faceva la mezzanotte a imbustare fotocopie su un tavolone, nella solitudine di un dipartimento deserto.
Il segretario è poi quello che, più di altri, dei presidenti conosce vizi e virtù. E ti racconta che ce ne sono diversi «calcisticamente molto robusti: uno che sul suo sito si presenta come born in 1945, since then fan of Juventus [che nei rapporti con un fiorentino sarebbe un problema serio, non fosse che la comune condizione di tifosi sfegatati, pur di opposti schieramenti, ha cementato un rapporto bellissimo, ndr]; un altro che va a pranzo con l’ipad per vedere la partita del Napoli». C’è quello che il venerdì sera, tra la riunione dell’ufficio di presidenza e quella della commissione scientifica, pretende la soddisfazione di una cena coi fiocchi in uno dei migliori ristoranti di Bologna la Ghiotta; un altro che invece, essendo «il meno epicureo di tutti», ovunque lo porti prenderà sempre e comunque una caprese – anche se, va detto, a casa di questo presidente (Carlo Sbordone, per chi non l’avesse riconosciuto), la caprese è una cosa seria, difficile trovarne all’altezza. Aneddoti che accogliamo con piacere come testimonianza del fatto che l’idea del matematico con la testa tra le nuvole, a siderale distanza dalle umane passioni, è soprattutto una costruzione dei media. «Anche Figà Talamanca» precisa Anichini «che credo proprio non sapesse nemmeno se la palla era quadrata o rotonda, viveva in un mondo tutt’altro che parallelo, anzi era talmente attivo, con i suoi contributi di politica universitaria su Repubblica o il Riformista, da meritare l’appellativo di “quello che scrive sui giornali”».
Al segretario spetta spesso la delega a rappresentare il presidente alle riunioni dei consorzi di cui Umi è membro. Beppe racconta per esempio le sue avventure in Vespa per raggiungere la vecchia sede fiorentina del Giardino di Archimede, quando «regolarmente sbagliavo strada perché c’era tutti sensi unici, però poi alla fine arrivavo. Andavo una volta l’anno, perché l’Umi era membro del consorzio del Giardino di Archimede, e quindi ero sempre delegato dal Presidente ad andare alle riunioni del bilancio. Si chiacchierava, si votava, ma il bilancio era talmente ridotto che non si poteva cambiare nulla, ecco».
Un ruolo parecchio più incisivo l’ha invece avuto a seguito di altre deleghe, da parte di quei presidenti che preferivano che fosse lui a occuparsi delle questioni legate alla didattica: «per Figà Talamanca la matematica era quella dell’Università; Alberto Conte oltre che presidente Umi era una grande personalità sabauda, aveva un sacco di cariche – vice presidente del Teatro Regio, vice sindaco – e sulla didattica delegava; Franco Brezzi disse a me e a Gabriele Anzellotti “occupatevi voi della didattica, io non ci capisco niente. Mi fido di voi e vi do carta bianca”. Il che non è poco».
Non è poco soprattutto perché da queste deleghe e da questo “fate voi” sono nate esperienze significative quali quella di M@t.abel e dei tre volumi di Matematica per il cittadino (2001,2003 e 2004), sviluppate in seno alla CIIM, la Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica, validamente guidata da Ferdinando Arzarello. «Nella quale entrai nel 1993 per un motivo contingente, ovvero perché secondo Carlo Pucci la CIIM spendeva troppi soldi nelle pubblicazioni, e quindi mi misero lì per controllare le spese. Invece poi ho capito che la parte didattica è una delle più importanti nell’Unione Matematica Italiana. E molti matematici di enorme valore che ho conosciuto si sono dedicati alla didattica, due nomi su tutti: Giovanni Prodi e Vinicio Villani, una persona incredibile, modesta ma bravissima».
Di fatto, nelle indicazioni nazionali dei vari tipi di scuola sono andate a confluire molte delle risultanze del progetto M@t.abel, tra cui per esempio l’idea dell’errore come ricchezza e non come punizione: «come dice Marco Malvaldi nella prefazione di un libro di Colin Dexter, impari a camminare a suon di culate, e non certo perché la tua mamma ti ha descritto in tutti i dettagli la teoria». E forse anche, sotto traccia, qualcuno degli “sconsigli” dei tre volumi della matematica per il cittadino: no alle espressioni a due piani, ai radicali doppi, alle formule di prostaferesi. No a esercizi e problemi che sputano solo numeri “belli” – fotografati da Gaber nella sua bellissima Equazione
Dell’esperienza alla CIIM Beppe ricorda con particolare fervore gli anni attorno al 2000, quando «nei rapporti col Ministero dette una grossissima mano Lucia Ciarrapico, ispettrice ministeriale che era stata assistente di geometria di Bompiani. Si lavorava molto bene, si stette tre giorni a Fiuggi con l’allora ministro dell’istruzione Tullio De Mauro, elaborando una riforma che venne mandata avanti, approvata dalla Corte dei Conti e poi bocciata, cambiato ministro, dalla Moratti. C’era un disguido su 600000 lire sul bilancio: lei non rispose e saltò tutto».
Naturalmente anche il segretariato Anichini ha visto presidenti convintamente interessati alla didattica: «Carlo Sbordone e Ciro Ciliberto ci hanno entrambi creduto, investendo con convinzione le loro forze, con ottime intuizioni ma purtroppo entrambi con qualche delusione», dovuta allo «sbattere la testa contro un ministero che credevano efficiente». E che evidentemente non lo era abbastanza.
In conclusione, il bilancio dell’esperienza come segretario è decisamente positivo, specie perché la militanza ai vertici dell’Umi «mi ha permesso di conoscere quelli che, negli ultimi 40/50 anni sono stati probabilmente i più grandi matematici italiani». Il più grande rimpianto è che «forse per la didattica si poteva spingere di più, ma se non c’è la componente istituzionale nelle varie cose che fai, poi le cose muoiono subito. Il miglior ministro è stata la Falcucci, anni 80 – era una preside di scuola di Agrigento, che però aveva buon senso. Ognuno dei ministri che sono venuti dopo voleva fare a modo suo, la rivoluzione, l’informatica, ecc, e c’è stato sempre poco colloquio».
Timidamente azzardiamo che forse, alla luce dell’esperienza Covid, d’ora in poi le cose andranno diversamente, visto quanto è diventato evidente che la padronanza delle basi della matematica sia condizione necessaria per essere cittadini consapevoli. «Su questo sono scettico. Luciano Modica, allora sottosegretario all’istruzione, raccontò quando un senatore chiese la sospensione di mezz’ora delle attività perché, testuali parole “visto che volete passare da 3/4 a 4/5 del bilancio di… voglio sapere se si aumenta o si diminuisce”. Pensa anche a quando Maroni si vantò di dire che con lui l’immigrazione era calata del 243 %». L’analfabetismo matematico è tanto diffuso (e purtroppo tanto percepito come socialmente accettabile) che la strada verso un approccio diverso sembra lunga e disseminata di problemi». Non sarebbe male, come suggeriva Enrico Giusti in risposta alla gaffe di Maroni, suggerire di levargli il 243% dello stipendio…chissà che non sia una soluzione ragionevole.
Intervista a cura di Silvia Benvenuti
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