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Le onde verdi sono situazioni di traffico particolarmente favorevoli in cui si riesce ad attraversare una serie di incroci in successione trovando sempre il semaforo verde. E che non si verificano quasi mai. Perché i semafori non vanno col flusso…

 

Avete presente le onde verdi? No no, non stiamo parlando di mare inquinato ma di quelle situazioni di traffico particolarmente favorevoli in cui si riesce ad attraversare una serie di incroci in successione trovando sempre il semaforo verde. Non si verificano quasi mai, bella scoperta. Ma se pensate che la ragione sia da imputare esclusivamente alla casualità del traffico vi sbagliate: il motivo è che i semafori non vanno col flusso.

Un recente studio, condotto da Dirk Helbing dell’ETH di Zurigo e Stefan Lämmer dell’Università di Dresda, ha mostrato come un sistema di semafori che agiscono localmente in modo coordinato possa migliorare il traffico globalmente. Misurando l’afflusso e il deflusso di veicoli ad incroci regolati da semafori coordinati solo con i loro primi vicini si è notata una certa omogeneità e regolarità del traffico sull’intera rete di incroci.

Dov’è il trucco? Il trucco è che, come i matematici applicati sanno bene, il traffico veicolare su una rete stradale è un “sistema complesso”. Cosa vuol dire? Ecco, questa è una domanda difficile. Un sinonimo più alla mano potrebbe essere “sistema complicato”, ma questa non è una buona caratterizzazione: quale sistema del mondo reale potrebbe definirsi non complicato? La verità è che non esiste una definizione precisa di sistema complesso. L’espressione, nata in tempi relativamente moderni, è spesso usata per riferirsi a sistemi fisici nuovi, che esibiscono fenomenologie non propriamente spiegabili solo con le teorie classiche. In questo senso, i sistemi complessi sono diversi da sistemi standard, quali ad esempio i fluidi e i gas, che appaiono oggi “meno complicati” perché di essi si sa già più o meno tutto l’essenziale, nel senso che si dispone di strumenti di indagine e risultati generali ampiamente consolidati. Spesso i sistemi complessi sono composti di un numero elevato di agenti che, in qualche modo, sono in relazione tra di loro. Allora si usa caratterizzare un sistema complesso dicendo che la dinamica collettiva degli agenti non deriva dalla sovrapposizione delle dinamiche individuali. Il che, tradotto in termini matematici spicci, significa che non vale il principio di sovrapposizione degli effetti, ossia che il sistema è non lineare. Dunque i sistemi complessi sono, in ultima analisi, i sistemi non lineari? Non proprio, o meglio, non solo. Anche perché, di fatto, tutti i sistemi del mondo reale sono non lineari, quindi se le cose stessero in questi termini sarebbe semplicemente ridondante parlare di sistemi complessi. Il discorso è complesso (ehm, appunto…) e sfuggente. Per uscire dall’impasse, una soluzione può essere limitare l’uso dell’espressione “sistema complesso” ad aspetti puramente intuitivi ed evocativi, senza pretendere che essa abbia i connotati di una vera definizione scientifica. Se vogliamo qualificare meglio questi sistemi è più opportuno enfatizzare, anziché la loro problematica complessità, il concetto di interrelazione tra gli agenti. Infatti sono proprio le specifiche relazioni reciproche a determinare le dinamiche nuove osservate, pertanto tali relazioni devono essere il vero oggetto di studio.

Un insieme di veicoli in movimento su una rete stradale rientra sicuramente nella categoria di sistema di agenti in relazione reciproca. Gli agenti sono le auto, i camion, gli autobus, i motorini, …, i quali avrebbero un piano di viaggio ben preciso se potessero muoversi liberamente da soli lungo tutta la rete. Ognuno di essi ha un percorso preferenziale da seguire e una velocità desiderata da mantenere. Tuttavia ogni veicolo deve fare i conti con gli altri veicoli simultaneamente presenti sulla rete, con i quali si innescano inevitabilmente delle interazioni. Se il veicolo davanti a me è più lento, ma il traffico è sufficientemente scorrevole, posso sorpassarlo e mantenere la velocità di marcia che desidero. Se invece la strada è congestionata, sono obbligato a rallentare alla sua stessa velocità e accodarmi. Infine, se è più veloce posso essere invogliato ad accelerare a mia volta, per spirito di emulazione, oppure posso rimanermene tranquillo alla mia velocità. Queste interazioni modificano sensibilmente il programma di viaggio dei singoli veicoli e quindi, veicolo dopo veicolo, l’evoluzione complessiva del traffico sulla rete. Da notare che queste interazioni non esisterebbero se i veicoli non fossero agenti che “vivono in gruppo”. Ecco perché la dinamica complessiva non può essere la sovrapposizione delle dinamiche individuali.

Il punto chiave, che rende l’approccio di Helbing e Lämmer vincente, è che le interazioni sono mediamente le stesse per ogni veicolo e, per ciascuno di essi, sono localizzate in porzioni molto ridotte di strada rispetto all’estensione globale della rete. Ogni veicolo interagisce con due, forse al più tre, veicoli che lo precedono e solo se questi non sono troppo lontani davanti a lui. In altre parole, esistono delle semplici “regole comportamentali” comuni (almeno parlando per categorie omogenee di veicoli), che vengono applicate localmente allo stesso modo da ciascun veicolo. Non c’è una strategia globale che coinvolge tutti i veicoli contemporaneamente, al punto che i singoli veicoli non hanno neppure la percezione di far parte di un gruppo esteso.

L’idea di Helbing e Lämmer di coordinare il funzionamento dei semafori agli incroci con quello dei loro primi vicini sfrutta precisamente la località delle interazioni. Ogni semaforo comunica le condizioni locali del traffico ai semafori immediatamente vicini, in modo che questi si adeguino e rispondano, ad esempio, con luce verde all’informazione “sta arrivando un treno di auto”. Infatti, quello che sappiamo fare è predire le interazioni dei veicoli su brevi distanze, per cui se gli incroci sono sufficientemente vicini possiamo aspettarci che il treno di auto in transito attraverso uno di essi rimarrà tale (ossia non si estenderà di più né si ridurrà significativamente) anche quando transiterà attraverso incroci vicini. In questo modo si evita di bloccare ad un incrocio un gruppo di veicoli, che rischierebbe di estendersi rapidamente fino a riempire tutta la strada. Gli intervalli di tempo tra il passaggio di un treno di veicoli e l’altro in una certa direzione possono poi essere utilizzati per consentire il transito di veicoli in altre direzioni, sempre grazie al meccanismo di coordinazione tra semafori vicini. Ciò minimizza le situazioni paradossali in cui i veicoli sono costretti a rimanere fermi per alcuni minuti ad un semaforo rosso benché nella direzione perpendicolare non sopraggiunga nessun veicolo in grado di sfruttare il verde.

I metodi tradizionali di controllo del traffico sono basati su cicli “ottimali” di luce rossa e verde ai semafori, calibrati nell’intento di massimizzare il flusso di traffico atteso in particolari momenti della giornata. Si tratta di un controllo “dall’alto” del sistema, che obbliga le auto ad adeguarsi ad una regola globale prestabilita (quella dettata dai semafori). E’ un dato di fatto che, tipicamente, questo metodo non riesce ad evitare la formazione di tratti di strade congestionati, i quali possono deteriorare in modo significativo la fluidità del traffico su larghe porzioni della rete. Ciò è dovuto in parte a ragioni statistiche: il controllo ottimale col quale vengono programmati i semafori si riferisce ad una situazione di traffico medio, che in pratica non si verifica mai a causa dell’estrema variabilità del numero di veicoli ad ogni semaforo e della direzione che ciascuno di essi prende agli incroci. Ma è anche una conseguenza della natura stessa del sistema traffico, il quale non funziona per  comportamenti globali coordinati bensì per azioni locali individuali.

Simulazioni numeriche del traffico nel centro di Dresda, effettuate risolvendo al calcolatore le equazioni di specifici modelli matematici, hanno mostrato che l’approccio di Helbing e Lämmer permette di ridurre i tempi di attesa ai semafori mediamente del 56% per tram e autobus, del 9% per auto e camion e del 36% per i pedoni che attraversano agli incroci. Dresda è prossima ad implementare realmente questo nuovo sistema e anche Zurigo sta considerando la possibilità di adottarlo. Si prevedono onde verdi in Germania e Svizzera nel prossimo futuro.

 

di Andrea Tosin

 

Per saperne di più: R. Ehrenberg. To tame traffic, go with the flow. ScienceNews, 178(9), p. 8, 2010.

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