Continua la rubrica di MaddMaths “Spazio agli Spazi!”, a cura di Sandra Lucente, che si occupa di dimensioni. Ogni mese un piccolo racconto per visitare mondi dimensionalmente diversi. Chiunque voglia collaborare è benvenuto!
DIMENSIONE 1: LA LINEA (SPESSO MA NON SPESSA)
di Sandra Lucente
“Nel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.”
Padre Dante distingue il “cammino” generico dalla “diritta via” e nel mezzo cita la “selva oscura” fatta di tante linee, di forme diverse, così addensate da chiudere spazio alla luce. Cosa è un cammino? Una retta? Una linea? L’infittirsi di linee è ancora una linea?
Richiamiamo la solita guida geometrica: Euclide (Virgilio ha già il suo da fare).
Per Euclide il cammino è un concetto primitivo: “Linea è lunghezza senza larghezza”. Il punto è fondamentale per parlare di linea “gli estremi di una linea sono punti”. Infine, per la diritta via, il vate della geometria precisa che “La retta è quella linea che giace sui suoi punti in modo uniforme.”
Come per il punto (ciò che non ha parti), il fondatore della geometria per descrivere la linea sta usando una negazione. Ma stavolta sta guardando la situazione dall’esterno: chi vive sulla linea non ha motivo di parlare di larghezza.
Dall’interno per “lunghezza senza larghezza” si intende probabilmente che un punto in una linea può muoversi sono in avanti e indietro ma in una sola direzione. Questa unica possibilità di movimento del punto è nella mente di alcuni (i fisici ad esempio) il segreto della dimensione 1 della linea. Se però la linea si autointerseca tantissime volte, come in una selva oscura, siamo certi che al punto non appaia una qualche possibilità di muoversi in altre direzioni?
In questa prima visione abbiamo introdotto la più basilare idea di linea: la linea è la traiettoria di un punto che si muove. Quando abbiamo iniziato a disegnare abbiamo prima tracciato una linea e poi mosso la matita per scrivere un punto. In matematica invece il punto precede la linea: la punta della matita astratta disegna una linea astratta.
Se scendiamo un po’ nell’ottavo girone dell’inferno, troviamo gli indovini per i quali le linee della mano sono significative del nostro cammino vitale. Non senza timore della punizione divina, dobbiamo affermare che per il matematico come per il chiromante, la linea e il cammino sono concetti correlati in particolare dalla preoccupazione per un punto che dovesse interrompere una linea. Se sulla mano cammina una formica che vuole andare dall’indice al polso, se a questa formica non piace il nero e se sulla nostra mano c’è un punto nero, la formica non avrà problemi a scansarlo. Se però la formica può camminare solo sulla linea della vita interrotta dal punto nero, il povero animaletto non potrà più procedere. Alcuni (i topologi algebrici ad esempio) dicono che la linea ha dimensione 1 perchè si rompe sottraendole un punto, che ha dimensione zero. Putroppo, se siamo finiti in una fitta rete di linee potrebbe accadere che togliendo un punto si rompano piu rami, allora la selva oscura non ha, secondo questa definizione, dimensione 1.
La definizione euclidea chiamava in causa, senza definirla, la lunghezza. È facile misurare con un righello la lunghezza di un pezzo di retta, ma di un cammino generico? Se Dante avesse avuto la mountain bike avrebbe tagliato le curve e sarebbe giunto prima da Caronte. Invece nel suo percorso umanissimo ha fatto una spezzata di tanti segmenti ciascuno lungo quanto il suo passo. La lunghezza percorsa a piedi è più grande della lunghezza percorsa in bici, ma non è ancora la vera lunghezza del sentiero. Se Dante avesse voluto ritardare il suo arrivo all’Acheronte avrebbe potuto far passi piccoli avvicinandosi così alla lunghezza del sentiero. Un matematico fa passi infinitesimi e se è fortunato chiama lunghezza il termine di questo processo. Vi sono linee matematiche che salvano dalla nave dei dannati perché questo processo di “rettificazione” non ha termine. Per taluni (ad esempio i frattalisti) la dimensione 1 corrisponde ad un sentiero non troppo complicato, in cui possiamo misurare la lunghezza e che abbia la seguente bella proprietà: ogni volta che si divide un tratto con N-1 punti si hanno esattamente N pezzi: il fattore di divisione elevato alla 1 mi dà il numero di pezzi. Questo passaggio è troppo chiaro oppure oscurissimo, ma sarà utile nei prossimi racconti. Come direbbe Virgilio “volsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.
Per fortuna il matematico ascolta Euclide e non Virgilio e continua a interrogarsi. In particolare vorrebbe capire meglio la strana proprietà della retta: giacere uniformemente rispetto ai suoi punti … cioè? È di nuovo il passaggio dall’interno all’esterno. Mettiamo due punti sul piano e disegniamo tanti percorsi con questi punti come estremi (Euclide lo consente). La retta vista nel piano euclideo si comporta come un raggio di luce, le sue particelle (i punti di Euclide, che però non conosceva la teoria corpuscolare della luce) percorrono la via più breve (Euclide non sapeva nemmeno questo). Ma se il piano si deforma possiamo immaginare che la linea di percorso più breve non sia più la stessa. Sono incantesimi matematici, anche noi come le fattucchiere dantesche facciamo “malie con l’imago”.
La linea è il luogo dell’immaginazione. In musica, per dar voce al sentire del compositore, servono cinque segmenti per appoggiare le note, i punti sonori, direbbe Kandinsky. In Wildwasser di Klee tante linee ondulate delimitano lo spazio del colore e mentre le rettifichiamo ci lasciano intravedere il mare. Nella ricostruzione della basilica paleocristiana di Siponto un numero enorme di linee sottilissime si accostano per mandarci indietro nei secoli e comprendere che la selva oscura in casi fortunati è solo un piano. Nella mente del matematico questa numerosità è sovrabbondante: basta un punto fuori da una retta (una sorta di nota sfuggita), a porre domande con cui giocare per secoli sfidando un mare di dubbi. Le colonne d’Ercole sono linee parallele solo in alcune situazioni e attraversandole abbiamo scoperto altri mondi, come capita sempre quando si vuole “seguir virtute e conoscenza”.
In copertina: Paul Klee: Acqua Selvaggia/ Edoardo Tresoldi: ricostruzione basilica paleocristiana Siponto