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Non è sempre facile determinare qual è il minimo percorso per andare da un punto a un altro, sottostando a certi vincoli. La luce, sorprendentemente, riesce sempre a risolvere questi “problemi di minimo”

Immaginiamo questa situazione. Baywatch: un bagnino (o bagnina a seconda dei gusti) mentre osserva il mare si accorge di una persona che sta annegando. A questo punto ha solo un assoluto: andarla a salvare. E farlo nel minor tempo possibile. Quindi deve decidere il percorso da seguire. Il bagnino è un bagnino serio: sa che sulla sabbia si muove più rapidamente di quanto non faccia in acqua. Perciò non gli conviene (in termini di tempo) scegliere come percorso quello determinato dalla retta che congiunge la sua posizione con quella dell’annegando. Dovrà invece scegliere un punto di immersione che gli permetta di percorrere un tratto un po’ più lungo sulla sabbia e un po’ più breve in acqua. Ecco la tipica struttura di un problema di minimo. Si hanno tante strategie diverse e si vuole scegliere quella che permette di minimizzare una certa quantità (tempo, lunghezza, denaro, altro…). Problemi di minimo, ispirati da situazioni simili a quella che vi ho raccontato, sono estremamente ricorrenti in matematica .

Ad esempio, nello studio della propagazione della luce c’è un principio che è alla base dell’ottica geometrica: il principio di Fermat. Come si propaga la luce? Secondo Fermat la luce ragiona, grosso modo, come il bagnino. Per andare da un punto ad un altro sceglie il percorso che gli permette di impiegare meno tempo. Dato che in mezzi diversi, la luce ha velocità diverse, in generale la luce non viaggia in linea retta. Con questo principio, ad esempio, si spiega il fenomeno della rifrazione. Cosa succede ad un raggio di luce che passa… non so… dall’aria all’acqua? Si flette. Proprio per questo motivo se immergiamo un oggetto dritto in acqua lo vedremo “piegato”. La piegatura non è dell’oggetto ma dei raggi di luce. Ecco quindi una tipica situazione in cui l’aver intuito un principio fisico (grazie Fermat!) insieme al saper risolvere il problema matematico che questo principio determina permette di “prevedere” quel che succederà. E regolarsi di conseguenza. Rimanendo nell’ambito dell’ottica, costruire lenti con proprietà opportune è, in qualche modo, un problema di minimo. Quindi costruire macchine fotografiche, telescopi, occhiali, telecamere, è possibile proprio grazie all’aver capito qual è il problema di minimo da risolvere, e, ovviamente, il saperlo risolvere.

brits_turn_up_noses_at_baywatchI problemi di minimo, infatti, possono a volte essere molto difficili da risolvere. Un elemento che può complicare il tutto è il numero dei parametri liberi che sono in gioco, cioè il numero dei parametri da determinare. Nel caso di Baywatch, ce n’era uno solo: il punto in cui il bagnino deve tuffare. In generale, spesso sono più di uno, e possono persino essere infiniti (problemi finito dimensionali e infinito dimensionali). Per esempio, se vogliamo seguire la traiettoria di un raggio luminoso che passa attraverso un certo numero di materiali con diversa velocità di propagazione della luce, serve un parametro per ognuno delle transizioni. In questo caso sarebbe come avere un bagnino che, per arrivare a salvare il malcapitato, debba attraversare, in sequenza: una striscia di sabbie mobili, una piscina di acqua bassa, una zona completamente ricoperta di gente che sta tranquilla a prendere il sole, una striscia di sabbia bollente, il bagnasciuga e, finalmente, l’acqua. il suo percorso sarà dato da un’unione di segmenti di cui occorre determinare le collocazioni degli estremi.

 

 

Corrado Mascia

 

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