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Un modello matematico descrive un fenomeno in accordo ad alcuni principi osservati. Tuttavia un altro modello può aiutare a capire il perché di una violazione degli stessi principi in altre situazione. È il caso del principio di esclusione competitiva. Ce ne parla Marco Menale.

La matematica tenta di descrivere fenomeni con modelli. In generale questi sono definiti da una o più equazioni differenziali (ordinarie o alle derivate parziali), dipendenti da alcuni parametri del sistema in esame. Questo è possibile partendo dai principi fondamentali del fenomeno considerato. Tuttavia in alcuni casi si osservano delle violazioni di uno o più principi, e i modelli matematici possono spiegarne il perché. È il caso dell’ecologia con il principio di esclusione competitiva.

La sua formulazione è semplice. Per un ecosistema all’equilibrio il numero di specie diverse non può superare quello delle diverse risorse disponibili al suo interno. Lo descrive per la prima volta il biologo americano Joseph Grinnell nell’articolo “The Origin and Distribution of the Chestnut-Backed Chickadee”. Questo principio è anche noto come Legge di Gause, dal nome del biologo sovietivo Gregory Frantsevich Gause. Gause lo osserva sperimentalmente studiando due specie di Paramecium.

Il principio di esclusione competitiva è confermato anche da alcuni modelli matematici che descrivono la dinamica delle popolazioni. Come nel caso delle equazioni di Lotka-Volterra con competizione tra le specie. Vediamo da vicino questo modello. Siano \(N_1\) e \(N_2\) due specie di uno stesso ambiente, ciascuna a crescita logistica in assenza dell’altra. L’evoluzione delle due specie è descritta dal seguente sistema di equazioni differenziali non-lineari del primo ordine

\[
\begin{align*}
N’_1(t)&=r_1N_1(1-N_1/K_1-b_{12}N_2/K_1)\\
N’_2(t)&=r_2N_2(1-N_2/K_2-b_{21}N_1/K_2).
\end{align*}
\]

Sono i sei parametri \(r_1, r_2, K_1, K_2, b_{12}, b_{21}\) a determinare l’evoluzione. In particolare \(r_1\) e \(r_2\) sono il tasso di crescita lineare di ciascuna popolazione. Mentre \(K_1\) e \(K_2\) la capacità portante dell’ambiente, ossia il numero massimo di individui per ciascuna specie che l’ambiente può sostenere con le sue risorse. Il parametro \(b_{12}\) misura l’effetto della competizione della specie \(N_2\) sulla specie \(N_1\); allo stesso modo \(b_{21}\).

Il sistema precedente non conserva il numero totale di individui delle due specie, rispetto alle equazioni di Lotka-Volterra in assenza di competizione. Studiando gli equilibri (qui per i dettagli) si osserva che, per diversi valori dei parametri,  \((N_1(t),N_2(t))\to (0,N_2^*)\) oppure \((N_1(t),N_2(t))\to (N_1^*,0)\), ossia una delle due specie soccombe in favore dell’altra. Detto in altre parole, le equazioni confermano il principio di esclusione competitiva.

Ma la storia non finisce qui. Ci sono situazioni in natura di violazione di questo principio. È il caso del plancton, che sembra sfuggirvi. Infatti si osservano tante specie di plancton rispetto al numero limitato di risorse, tra le altre la luce, l’azoto, il fosforo, il silicio e il ferro. Ed è così singolare la sua situazione che si parla di paradosso del plancton.

Così come un modello spiega questo principio, un altro ne spiega il perché di una sua violazione. Infatti nel 1999 Jef Huisman e Franz J. Weissing sviluppano un nuovo modello proprio per la dinamica del plancton, nell’articolo “Biodiversity of plankton by species oscillations and chaos”. Con tre o più risorse le equazioni di questo modello possono dar luogo a oscillazioni e fenomeni caotici tali da garantire la sopravvivenza di un numero di specie di plancton superiore a quello delle stesse risorse. Ossia è violato il principio di esclusione competitiva.

 

Marco Menale

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