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Quello che vedo della matematica è molto diverso da quello che appare agli altri, ognuno ne ha una visione radicalmente diversa e a volte mi sembra che anche la mia, alla fine, sia solo frutto di un’esperienza parziale… di Roberto Natalini.

 

Un re possedeva un elefante e invitò alcuni ciechi a cercare di scoprire come era fatto. I ciechi incominciarono allora a toccarlo per farsene un’idea. Dopo averlo esaminato, colui che aveva toccato l’orecchio disse: “Si tratta di una cosa grande, ruvida, larga e lunga, come un tappeto”. Colui che aveva toccato la proboscide disse: “So io di che si tratta: somiglia a un tubo dritto e vuoto, orribile e distruttivo”. Colui che ne aveva toccato una zampa disse: “È possente e stabile come un pilastro”. Ognuno di loro aveva toccato una delle tante parti dell’elefante. Nessuno lo conosceva nella sua totalità.

(storia tradizionale buddista).

 

E’ da quando mi sono iscritto a matematica (ormai tanti, tanti anni fa) che quando qualcuno mi chiede di cosa mi occupo, mi sembra di ritrovarmi a parlare dell’elefante della storia. Quello che vedo della matematica è molto diverso da quello che appare agli altri, ognuno ne ha una visione radicalmente diversa e a volte mi sembra che anche la mia, alla fine, sia solo frutto di un’esperienza parziale.

È vero che la matematica ha a che fare con l’arte e la musica? Che è fredda e priva di poesia? Che ha profondi legami con la letteratura? Che è un’attività noiosa basata sulla memoria?

Però, come per l’elefante, alla base delle tante rappresentazioni esistenti della matematica, un fondamento reale forse c’è, anche se poi può prendere cammini imprevedibili.

Prendiamo per esempio l’astrazione, uno degli strumenti più potenti e basilari del pensiero matematico. È grazie all’astrazione che possiamo applicare le stesse idee in domini apparentemente lontani come la struttura delle galassie, i semiconduttori e le colonie di batteri. In molti evoca però solo sensazioni negative, paure giovanili, rappresentando per antonomasia il simbolo di qualche cosa di incomprensibile e associato a un senso di inutilità.

La frontiera tra chi ha paura della matematica e chi la coltiva si colloca forse allora nello spazio tra chi ha bisogno di tagliare una torta per fare le frazioni e chi no.

La parola “teorema”, che in senso stretto indica un enunciato astratto dimostrato nell’ambito di una teoria formale, ossia derivabile dagli assiomi mediante un procedimento dimostrativo, e che in conclusione rappresenta il massimo grado possibile per una “verità accertata”, in sede di giornalismo giudiziario diventa un sinonimo di costruzione astratta, slegata dalla realtà, un’accusa formulata senza prove. Insomma, due punti di vista opposti che usano gli stessi termini. In realtà chi usa la parola teorema riferendosi ai processi sta implicitamente dicendo che l’impianto giudiziario si basa su falsi assiomi, per cui, anche se la dimostrazione fosse giusta, la premessa sarebbe falsa. Ma la memoria di questo ragionamento si perde poi strada facendo, e quel che rimane a livello giornalistico è solo l’equazione“teorema=affermazione infondata”:

C’è poi l’esattezza, che al matematico permette di definire in modo preciso il proprio linguaggio e il suo ambito, e che invece evoca in altri qualcosa di freddo, riduttivo, che sottintende una realtà circoscritta e già in qualche modo artificiale, una specie di aridità spirituale.

Ma è anche la qualità tipica, quasi l’essenza del matematico. Si dice“con precisione matematica”. Però poi questo come si concilia con il matematico disordinato e pasticcione?

E poi c’è l’ambito sportivo. Leggo su Google News inserendo la parolamatematica: “LA SCAFATESE BRINDA ALLA SALVEZZA INSIEME ALLAMATEMATICA” e poi “2^ DIV. GIR.C: NOICATTARO SPUNTATO CERCA LAMATEMATICAAD AVERSA”. A parte la comicità involontaria di queste espressioni, forse enigmatiche per il lettore non abituato al giornalismo sportivo, vorrei registrare questo modo di “usare” la matematica, che qui viene vista come la scienza capace di enumerare e contemplare tutte le differenti possibilità e quindi capace da sola di decretare la legittimità o meno del persistere delle speranze. IL MILAN SI AGGRAPPA ALLA MATEMATICA, vuol dire che la matematica da sola è in grado di stabilire cosa è possibile o meno. Beh, siamo già nei dintorni del concetto di modello, per cui la smetterei di sorridere pensando alla Scafatese (come molti di voi staranno già facendo), perché questo ci permette di parlare della matematica che funziona, del mito positivo del genio matematico, forse distratto e non con tutte le rotelle al loro posto, ma capace di risolvere problemi intricati in modo sorprendente. (Insomma, ci deve essere stata pure una prima volta in cui una qualche squadra lottava ancora per vincere il campionato, e qualcuno avrà fatto notare che anche vincendo tutte le partite non avrebbe mai potuto colmare la distanza con il primo in classifica, magari perché le squadre in lotta per il primato erano tre e il conto, considerando gli scontri diretti, era leggermente più complicato).

È il mito di Archimede, di Leonardo, di Galileo, di figure geniali come Galois, Poincaré, von Neumann, Turing, Nash, che hanno alimentato l’entusiasmo verso la matematica, rispecchiandosi poi in personaggi da romanzo più o meno popolari, da Auguste Dupin, a Sherlock Holmes, a Hari Seldon (inventore della psicostoriografia nel ciclo della fondazione di Asimov e forse il più grande matematico di tutti i tempi…futuri) fino ai vari matematici da film, da Jurassic park, a Will Hunting, a “A beautiful mind” (ancora Nash!), fino a Numb3ers (che in fondo non è niente male…).

Una matematica capace di capire tutto e quindi anche, creando grandi aspettative, di deludere. All’indomani dei recenti crolli borsistici, in molti hanno infatti indicato nella matematica la principale colpevole, incapace con la sua “astrattezza” (sic!) di cogliere la complessità dei mercati finanziari. In realtà, a guardare bene, almeno in questo caso, la responsabilità principale si sarebbe dovuta ricercare piuttosto in coloro che avevano ruoli decisionali.

Qualcuno d’altra parte ha detto che gli strumenti matematici usati nelle banche sono come delle Ferrari date a dei bambini di 3 anni. Forse anche questa è un’esagerazione, ma se il coefficiente di rischio di un mutuo viene sottovalutato sistematicamente per anni e la gente comincia a non pagare i mutui, beh, non è il modello a fare acqua, ma l’onestà di chi lo usa.

La storia dell’elefante è di solito usata per alimentare lo scetticismo verso la conoscenza scientifica. In realtà a pensarci bene può anche essere vista come un primo passo per tentare di capire cosa sia la conoscenza, a suo modo un modello epistemologico per rappresentarcela. Come procediamo quando cerchiamo di scoprire le proprietà di oggetti multi-dimensionali o peggio infinito-dimensionali? Di oggetti inaccessibili o difficilmente rappresentabili? Come i ciechi, andiamo a tastoni e scopriamo qualche cosa di qua e di là, piccole informazioni che si connettono e ci danno un quadro fatto di carte locali, che insieme formano l’atlante della nostra comprensione. È come una specie di TAC, possiamo fare tante sezioni parziali di un oggetto, ma poi dobbiamo usare la trasformata di Radon per ricostruirlo al computer nella sua globalità, magari in modo approssimato, ma speso sufficiente per i nostri scopi.

Insomma, come tutte le cose complesse, la matematica appare diversa da un osservatore all’altro perché ha tante facce e per averne un’idea realistica e utilizzabile è bene avere il massimo delle fonti. Può essere questa la missione della didattica. Rendere viva e sfaccettata la nostra immagine della matematica. Se studiando la pittura vi parlassero di Picasso senza mai farvi vedere un suo quadro, probabilmente non potreste imparare ad amarlo. Così in matematica, se vi venisse insegnato che in una proporzione il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi, senza capire perché è così e anche a cosa possa servire (ehi, ma le proporzioni sono solo divisioni, e allora, perché non dirlo?) probabilmente tutto vi rimarrebbe molto confuso e ne uscireste convinti che per fare matematica occorra molta …memoria! Ma non ci sono solo le proporzioni, dovrete sentire parlare anche di cammini più brevi, di traiettorie di satelliti, di grafica al computer, di previsioni meteorologiche, di pagamenti con il bancomat, di terapie mediche ottimizzate, per cominciare a farvi un’idea di che cosa si tratti veramente. Questo è lo scopo di questo sito, raccontare aspetti poco conosciuti o nuovi della matematica, suscitare la curiosità dei non matematici e magari informare anche gli esperti di novità in settori meno conosciuti. Un sito per disegnare insieme una mappa della matematica (applicata) moderna e cercare insomma di evitare di scambiare ancora una volta una proboscide con un tubo.

Roberto Natalini

 

 

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