Qual è l’effettiva probabilità di avere un disastro nucleare in Italia nei prossimi 25 anni? Per scoprirlo, proviamo a giocare un ambo…
di Roberto Natalini
L’argomento principale usato dai fautori del nucleare è il seguente: non abbiamo scelta. La nostra società ha bisogno di energia. Quella prodotta da combustibili fossili non è abbastanza e quella prodotta da energie alternative non è ancora disponibile (e secondo loro non può superare una frazione piccola del fabbisogno totale). Quindi: bisogna investire nel nucleare, le nuove centrali sono a rischio zero e il costo dell’energia nucleare è inferiore alle altre.
Lo so, sembra facile non essere d’accordo ORA. Ma parlarne dopo la tragedia giapponese non vuol dire speculare sul dolore o essere offuscati dall’emozione. Intanto perché non ci sarebbe nulla di male ad essere almeno turbati, come testimoniano su Internet le testate giornalistiche di paesi storicamente pro-nucleari come USA, Francia (sic!) o Gran Bretagna (senza parlare dei ripensamenti di Svizzera e Germania). E poi, perché solo dall’esperienza nasce la possibilità di capire di cosa si sta parlando, e stimare veramente i costi e i rischi delle nostre scelte.
Per prima cosa: cosa vuol dire che le centrali di tipo nuovo sono a rischio zero? Ovviamente non vuol dire che i rischi non esistono, ma che si ritengono quantificati al di sotto di altri eventi improbabili con i quali conviviamo tranquillamente. Per esempio si potrebbe osservare che il fatto che ci siano ogni anno circa 4.000 morti in incidenti d’auto in Italia, ossia ogni anno ogni guidatore ha una probabilità su 10.000 di morire, non scoraggia la gente a usare l’automobile. Forse perché ci sembra di avere più controllo su quello che ci può capitare.
Ma cosa vuol dire sicurezza nel caso di centrali nucleari? Secondo me dovrebbe voler dire che ogni passaggio della catena ha una bassa percentuale di rischio, tale che il rischio totale di incidente nel periodo di vita della centrale (stimato intorno ai 30 anni), sia tollerabile. In ambito legale si definisce rischio tollerabile quello a fronte del quale, chi mette in atto l’operazione a rischio, può sostenerne gli oneri di riparazione e risarcitori per eventuali danni a cose e soprattutto persone. Ora, i costi di un incidente nucleare possono essere molto pesanti e difficilmente sono realmente sostenuti da chi fa le scelte. Vediamo allora le stime di rischio. Una commissione di ricerca del MIT ha stimato nel 2003, utilizzando stime probabilistiche, che il rischio di incidente al nocciolo dei reattori nucleari è di 1/10000 per reattore e per anno negli Stati Uniti. Per i reattori di tipo nuovo un’altra ricerca ha diminuito questa probabilità di un fattore 10, ossia 1/100000.
Personalmente, non vedo su quali esperienze si possa basare una stima di questo genere. Abbiamo l’energia nucleare da pochi decenni. Abbiamo avuto 3 incidenti “seri”, altri 16 importanti e un’ottantina di incidenti minori, e anche nel super-tecnologico Giappone ci sono stati vari allarmi in precedenza. Ci sono circa 400 centrali nel mondo, e questo vorrebbe dire, assumendo la stima di 1/100000 all’anno, 1/250 di probabilità ogni anno di avere almeno un incidente grave nel mondo, ossia su 25 anni circa 1/10(*). Se fosse vera la stima del MIT, saremmo stati abbastanza sfortunati. Sì è vero, abbiamo imparato da questi incidenti, ma il disastro giapponese ci ha fatto vedere come in realtà non sappiamo stimare per nulla la frequenza degli eventi. Cosa vuol dire che un materiale resiste a un terremoto del grado 8 della scala Richter? Nessun materiale può dare garanzie di questo genere. Sarebbe come calcolare la probabilità di un attacco terroristico con aerei lanciati su un grattacielo prima dell’11 settembre. Insomma, per stimare il rischio, sembra che abbiamo ben poche informazioni. Inoltre non è ancora ben conosciuto l’effetto a lungo termine delle radiazioni sui materiali di protezione, cemento e acciaio, che circondano il reattore.
Parliamo dei costi. Quando se ne parla, sarebbe bene parlare di TUTTI i costi. Montaggio, smontaggio, sicurezza della centrale e soprattutto smaltimento dei rifiuti. Secondo una ricerca americana, di cui si è parlato sul New York Times, l’estate scorsa il prezzo dell’energia fotovoltaica sul mercato americano è diventato inferiore a quello dell’energia prodotta negli impianti nucleari di nuova generazione. E non richiederebbe i massicci investimenti che richiede il nucleare, e che spesso rischiano di non essere assorbiti nemmeno nel lungo periodo. In Inghilterra per esempio, un’altra ricerca ha messo in evidenza che se i costi del trattamento completo dei rifiuti nucleari fossero messi in conto, la redditività economica delle centrali sarebbe messa seriamente a rischio. E ancora non capisco bene di cosa stiano parlando. I rifiuti nucleari saranno pericolosi per migliaia, se non per milioni di anni. Come si calcola il costo della loro manutenzione? Come si fa a dire che i costi totali del trattamento dei rifiuti e dello smantellamento della centrale sono coperti, come dichiarato qui, proprio non riesco a capirlo. Chi ha mai fatto materiali destinati a durare millenni? E chi può garantire sulla sorveglianza di siti che, lasciati a se stessi, potrebbero contaminare e distruggere tutto il nostro territorio? Che questi siti siano a rischio è cosa nota, tanto che Obama ha deciso di bloccare l’uso dei depositi del Monte Yucca. Tuttavia, l’EPA, l’ente per l’ambiente americano, non ha esitato a prodursi a questo proposito in affermazioni abbastanza assurde, come “L’EPA ha pubblicato nel Registro Federale il nuovo regolamento nel 2009. Il nuovo regolamento limita le dosi di radiazioni nel Monte Yucca per un milioni di anni dopo la loro chiusura. Per i primi 10.000 anni, l’EPA applicherà la dose prescritta dal regolamento 2001 di 15 millirem per anno. Da 10.000 a un milione di anni, l’EPA fissa una dose limite di 100 millirem per anno. Il regolamento dell’EPA richiede che il Dipartimento per l’energia dimostri che il Monte Yucca può contenere in modo sicuro i rifiuti, considerando gli effetti di terremoti, attività vulcanica, cambiamenti climatici e corrosione per un milione di anni” (Fonte EPA). Leggere che un Ente costituito da esseri umani possa decidere di fissare delle regole per tempi superiori a quelli dell’intera civiltà umana, e addirittura comparabili a quelli del’esistenza di Homo Sapiens, può far sorridere, ma dà anche l’idea della scarsa responsabilità con cui simili affermazioni possano essere state fatte.
Insomma, il bilancio dei costi normali sembra incerto, ma che succede se teniamo conto di eventi eccezionali? Quanto costa un solo incidente nucleare in termini di contaminazione? Quanto costa evacuare una regione per un raggio di 30 Km, come sta succedendo ora in Giappone? Insomma, se anche fossero vere le stime più ottimistiche, se si realizzasse in Italia il piano Scajola di costruire 10 centrali nucleari si avrebbe un probabilità su 400 di avere un incidente in 25 anni, con costi abbastanza incalcolabili È questo il rischio che vogliamo correre? 1/400 è la probabilità di fare un AMBO giocando al Lotto! Non vi sembra un po’ alto? (ok, sto andando veramente a spanne, ma credete che siamo così lontani dalla realtà?).
Insomma, sarebbe ora, in questo turbinare di numeri, che qualche cosa fosse chiaro. Ci sono molte cose che si possono fare per risparmiare energia (coibentare meglio gli edifici per esempio), tanta ricerca per migliorare le energie alternative (esiste già lo spray per rendere l’acciaio fotovoltaico, Google ha appena investito 5 miliardi di dollari in un impianto eolico off-shore), ma per favore, non carichiamoci di rischi che nessuno sa veramente gestire e men che meno questo governo(**).
(*) Se la probabilità di avere un incidente all’anno per un reattore è 1/n, allora la probabilità di NON avere incidenti con k reattori è p(k)=(1-1/n)k, e quindi di avere almeno un incidente in un anno è 1-p(k). Analogamente, su M anni, la probabilità di non avere incidenti è p(k)M (facendo l’ipotesi ottimistica che non ci sia un degrado delle prestazioni) e quindi di avere almeno un incidente è 1-p(k)M=1-(1-1/n)kM.
(**) Ovviamente non abbiamo nemmeno sfiorato la specificità della situazione italiana, con un territorio ad alto rischio sismico, in cui non siamo nemmeno capaci di gestire i rifiuti ordinari, figuriamoci i rifiuti nucleari…