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Cos’è il “Monstrous Moonshine”? E la congettura “Umbral Moonshine”? Intanto c’è da sapere che l’inglese “to talk moonshine” è gergale per “dire sciocchezze” (quando non peggio) e quindi parlando di una congettura “moonshine”, siamo sicuri di avventurarci in un territorio ricco di imprevisti e di sorprese, e forse un tantino incerto. Il 4 marzo scorso, John F. R. Duncan, Michael J. Griffin, Ken Ono, hanno postato su ArXiv.org, un articolo dal titolo “Proof of the Umbral Moonshine Conjecture“. Se ne è parlato molto, e abbiamo chiesto al collega Alessandro Veneziani, professore presso la Emory University, di intervistare per noi uno degli autori, Ken Ono, che insegna presso la stessa università. Ken Ono è un famoso studioso della teoria dei numeri, apprezzato per i suoi studi sulle partizioni intere e le forme modulari. Oltre alle attività strettamente matematiche, è apparso nel documentario “The genius of Srinivasa Ramanujan” ed è stato consulente per il film di prossima uscita “The Man Who Knew Infinity”, basato sulla biografia di Ramanujan scritta da Robert Kanigal.

Vi presentiamo in sequenza, l’audio della conversazione tra Veneziani e Ono, seguito dalla trascrizione in italiano del testo. Poiché ci sembrava che il problema non fosse ancora completamente accessibile ad un pubblico non specialistico, trovate nel seguito un commento/spiegazione di Alessandro D’Andrea, professore alla Sapienza Università di Roma. Buon viaggio!

Audio della conversazione tra Alessandro Veneziani e Ken Ono

 

Testo della conversazione tra Alessandro Veneziani e Ken Ono (trascrizione e traduzione a cura di Ivan D’Annibale).

Q: Ho provato a capire cosa c’è scritto nell’articolo… E ho un paio di richieste: uno, sei puoi riassumere brevemente il risultato per un pubblico di non specialisti; due, ho letto altrove che dietro le tue scoperte c’è talvolta una bella storia. Potresti raccontarcela?

A: C’è una storia molto bella che riguarda questa! Bene, dunque, … in matematica, in matematica pura, c’è un settore chiamato Algebra astratta che è lo studio di varie proprietà che elementi e certi tipi di insiemi devono soddisfare. E l’esempio più semplice di uno di questi oggetti viene chiamato gruppo.
Al primo o al secondo anno di università, uno studente impara alcune cose sui gruppi e, a prima vista, è un argomento molto astratto. Ma verso la metà del ventesimo secolo i matematici hanno iniziato a comprendere che lo studio dei gruppi poteva essere capito come la chimica. Durante le ore di chimica al liceo si impara molto presto che le sostanze composte sono formate da circa un centinaio di elementi. E questi elementi possono combinarsi soltanto in modi davvero molto specifici, soggetti ad alcuni principi fondamentali che abbiamo appreso: il numero di protoni, il numero di neutroni… eccetera, eccetera, eccetera.
Che tu ci creda o no, quando cominciò a svilupparsi l’algebra astratta, non si credeva che una cosa simile potesse valere in matematica. Si è poi scoperto che alcuni gruppi non possono essere ulteriormente spezzati, scomposti, vengono chiamati gruppi semplici finiti. E verso la metà del ventesimo secolo i matematici si erano fatti un’idea ragionevole di quali fossero, per la maggior parte, questi gruppi semplici finiti. Ci sono i gruppi alterni, gruppi collegati a… gruppi di matrici su campi finiti, cioè esempi dei cosiddetti gruppi semplici finiti di tipo Lie. Ma poi saltano fuori altri gruppi semplici finiti che sembrano sfuggire a una descrizione standard: ce ne sono ventisei, vengono chiamati gruppi sporadici. Tra gli anni cinquanta e ottanta, uno dei temi più caldi della ricerca in algebra astratta è stata la caccia a una classificazione completa dei gruppi semplici finiti. Si tratta di una cosa del genere: da studente impari che si possono assemblare elementi con numero atomico fino a un centinaio scarso, ed è una cosa eroica… e questa è un’impresa molto simile… che non è stata completata se non all’inizio degli anni ottanta.

C’è un gruppo semplice finito molto grande, il più grande di quelli sporadici, soprannominato il mostro, che possiede… un numero di elementi dell’ordine di $$10^{53}$$. E’ tanto grande che soltanto per costruirlo e per confermare che si tratta di un gruppo, serve un conto difficilissimo. Molte persone hanno vinto dei premi per queste cose, tra cui due medaglie Fields. Si potrebbe pensare che questa sia la fine della storia e invece… questo gruppo più numeroso, il mostro, dovrebbe avere un qualche ruolo. Un ruolo più profondo che l’essere semplicemente il gruppo più grande.
E infatti questo gruppo gioca un ruolo importante… prima di tutto, nello sviluppo di nuove strutture in matematica pura. È un gruppo tanto grande che non si può maneggiarlo moltiplicandone gli elementi. Bisogna ricavarne le proprietà da… uhm, da oggetti che si sa come maneggiare. Non è una cosa che si fa usualmente con i gruppi – di solito si riesce “a mano” o con un computer – ma questo gruppo è troppo grande perché lo si possa fare. È a questo punto che fa il suo ingresso il lavoro di John Conway e Simon Norton. Si sono resi conto che le proprietà principali di questo gruppo gigante potevano essere colte dalle funzioni modulari. Le funzioni modulari sono… sai cosa sono le funzioni modulari?

A: No… ehm… ho qualche vecchio ricordo.

Q: Ok! Le funzioni modulari sono la versione del ventunesimo secolo della trigonometria. Funzioni “super”-simmetriche che si trasformano molto bene mediante le trasformazioni lineari fratte. A primo impatto, sono molto difficili da calcolare, ma sappiamo che il loro studio è molto importante. Ad esempio, la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat dipende fortemente dal sapere come scrivere delle basi per queste funzioni.
A quanto pare, queste funzioni contengono l’essenza della teoria delle rappresentazioni del mostro. Alcuni lavori preliminari di Conway e Norton sembravano puntare in questa direzione e… proposero una serie di solide congetture, che hanno resistito a lungo ai tentativi di dimostrazione, fino cioè ai primi anni novanta, quando Richard Borcherds è riuscito a provarle. Queste congetture erano state soprannominate monstrous moonshine, e Borcherds ha vinto la medaglia Fields per averle dimostrate. Borcherds… ha domato il mostro! In sostanza, ci ha detto che se si vogliono fare dei calcoli con il mostro, non c’è bisogno di pensarlo come un gruppo, basta comprendere 194 funzioni modulari. È un lavoro davvero enorme.
E perché moonshine? Perché a prima vista sembra una cosa assurda. Un gruppo è qualcosa che in principio può essere identificato perché si sa scrivere la sua tavola di moltiplicazione, ma è così grande… e perché dovremmo andare a cercarne le proprietà da qualche altra parte? Ed è da qui che proviene il moonshine.

Q: Ok…

A: Ora, a metà degli anni duemila…, intorno al 2007, Ed Witten, all’Institute for Advanced Study di Princeton, iniziò ad osservare che alcune delle proprietà del modulo moonshine – l’oggetto costruito da Borcherds – sembravano importanti per lo studio della gravità quantistica in dimensione 3. È un’area di ricerca molto… molto attiva, una parte della teoria delle stringhe, ma si tratta in effetti di fisica teorica e… molto controversa, sì, davvero controversa… ma, ad ogni modo, la matematica che proviene da questi argomenti euristici sembra essere davvero eccezionale.
Witten teorizzò che la distribuzione dei buchi neri dovesse essere dettata dal modulo moonshine. Ciò ha spinto molti e autorevoli fisici matematici a considerare il moonshine più seriamente, a ripensarlo. Jeff Harvey (dell’università di Chicago), John Domkin e Miranda Chang hanno formulato, sulla base del lavoro di Witten e Borcherds, una teoria moonshine più ampia: c’è altro oltre al gruppo mostro. A quanto pare, la loro congettura prevedeva 24 tipi diversi di moonshine.

Q: Dai…

A: Infatti. Sono riusciti ad estrarre dalla costruzione di Borcherds quei veri elementi principali che rendono esplicita la corrispondenza tra un qualche gruppo folle e le funzioni modulari. Con l’eccezione di qualche piega lungo la strada… sembra che gli altri 23 moonshine che hanno scoperto – e che descrivono in modo molto preciso – non siano collegati alle funzioni modulari ordinarie. In modo piuttosto casuale… e, ironicamente per me, salta fuori che sono legate a certe funzioni dette forme armoniche di Maass… di cui sono uno tra gli esperti.
Nel 2008 sono stato invitato al Simons Center for Geometry and Physics, c’era un seminario che durava un semestre tutto dedicato al moonshine. Ho parlato di curve ellittiche, e seguito le altre conferenze, imparavo un po’ di fisica. Ero affascinato dalle loro congetture e beh… come sai, Michael (Duncan), John (Griffin) ed io abbiamo ora dimostrato quelle congetture. Perciò è un enunciato vero che quanto iniziato da Conway e Norton e Borcherds qualche decina di anni fa è un caso speciale di una teoria più ricca, per cui si possono fare calcoli con alcuni di questi gruppi, quasi dimenticandosi che sono gruppi.
Guardando in avanti, ciò che non sappiamo è se ciò fornisca ulteriori indizi a vantaggio di teorie di gravità quantistica. E’ una materia molto controversa e credo se ne discuterà per i prossimi venti o trenta anni, è un argomento molto caldo. Quando Scientific American ha pubblicato un articolo a riguardo, sono passate 30 ore ed era già stato condiviso qualcosa come 3000 volte… la gente impazzisce su queste cose. Perciò non voglio fare ipotesi su quale sarà la fisica, mi limito a dire che i modelli sono in via di realizzazione, non c’è nulla di perfetto, ma è comunque un periodo appassionante. Dunque, forse questa è una storia interessante.

Q: Lo è…

A: La storia più interessante a riguardo… forse sai che sto lavorando a questo film? [Ndr:“The Man Who Knew Infinity” basato sulla biografia di Srinivasa Ramanujan scriitta da Robert Kanigal]. Il film, in effetti è finito, è pronto. Ho trascorso lo scorso agosto a Londra, a lavorare al film negli studi Pinewood. Parte del mio lavoro era insegnare agli attori a parlare come un matematico, ma anche aiutare a progettare i materiali di scena, capire cosa andasse scritto sulle lavagne. Ero lì anche durante le prove e cose del genere. Mentre facevo queste cose, sul set a Loseley Park, ho capito un “trucco”: se fossimo riusciti a controllarlo con un computer, avremmo dimostrato la congettura. Quindi in definitiva si trattava di riformulare la congettura in qualcosa che potesse essere verificato da un computer. Se si fosse rivelato falso, avremmo saputo per certo che la congettura era falsa. E se fosse stato vero, saremmo stati in grado di mettere in piedi un calcolo molto difficile ma finito per confermarne la verità, perciò…

Q: … Perciò fondamentalmente lavorare al film ti ha ispirato!

A: Già, già.. Ho passato molto tempo a parlare di… ehm, della prima lettera di Ramanujan a Hardy che gioca un ruolo davvero centrale nel film, e anche l’ultima lettera… Ero intervistato dai giornalisti della televisione che passavano ore con me a camminare nei giardini di Loseley Park. Mi chiedevano: “Ci parli della matematica.” Sai, si tratta di uno dei pochi film in cui la matematica è davvero importante. “Che cosa ha a che vedere questo con la fisica?” E dunque ho risposto mille volte alle stesse domande, e in molti modi diversi…

Q: Certo…

A: Ma mi ha aiutato… È stato allora che ho pensato “sai, forse non stiamo pensando a questa cosa nel modo giusto”. A volte basta porre una domanda in modo diverso e… infatti, l’articolo che abbiamo scritto è di soltanto… la parte principale dell’articolo è lunga soltanto 15 pagine. In totale l’articolo è lungo 70 pagine, ma l’idea principale occupa solo 15 pagine e bastava pensarci nella maniera giusta. Una volta che la vedi nella maniera giusta, in effetti non è difficile. Credo che quaranta o cinquanta persone avrebbero potuto dimostrare quel teorema se l’avessero visto nel modo giusto. Perciò non è una dimostrazione difficile.

Q: Nella tua metrica..!

A: Beh, no, no, …perciò forse è questa la parte interessante.

Q: Vorrei farti un’ultima domanda. Il computer gioca un ruolo importante nella tua attività?

A: In generale, no. Ma in questa dimostrazione, sì, certamente.

Q: Che tipo di computer? Sai che sono “dall’altra parte” (Ndr: Alessandro è un esperto di analisi numerica e matematica applicata)

A: Oh, il comp… Beh, il programma che abbiamo scritto – che Michael (Griffin) ha scritto – non era “semplice”. Non era semplice poiché dovevamo insegnare al computer cos’è una forma di Maass. La parte difficile è stata scrivere alcuni strumenti e procedure per permettere al computer di calcolare i coefficienti di Fourier. Dovrebbero essere circa 1000 righe di codice, penso sia più o meno così, ma per far girare il programma c’è voluto forse un weekend.
Ciò che è sorprendente a riguardo è che alcuni di questi gruppi hanno delle dimensioni astronomiche. Perciò si potrebbero confermare i primi 10000 casi della congettura, ma ciò non implicherebbe che questo… affare esista. E a questo punto che entra la teoria, ho sviluppato alcune idee a riguardo. Il teorema, se non avessimo avuto un computer, sarebbe stato qualcosa come “La congettura Umbral moonshine [Ndr: Si intende con Umbral moonshine l’insieme di congetture di cui la congettura moonshine originale è un caso particolare. L’aggettivo “umbral” mescola un po’ di “mistero” alla luna dell’espressione idiomatica “moonshine”] è vera se e soltanto se i primi tot casi sono veri per ciascuno dei seguenti differenti esempi”. Ma alla fine si capisce che basta calcolare i primi 390 esempi di Maass… Ok, il modo tecnico di enunciarlo sarebbe questo:

La congettura Umbral moonshine è che per ognuno di questi reticoli di Niemeier – ce ne sono 24 – c’è un gruppo (un gruppo umbrale, umbral group), chiamiamolo G, e un G-modulo di dimensione infinita che è graduato. C’è una parte di ordine uno, una parte di ordine due, … e così all’infinito. O forse, dovrei dire di “grado uno”, “grado due”… E ciascuno di questi moduli – diciamo ciascun grado – deve soddisfare una proprietà molto precisa.

Il nostro teorema afferma che, in ogni caso, se la proprietà è soddisfatta per i primi 390 esempi, allora è valida sempre: sono riuscito a ricondurla a un insieme finito di relazioni. E allora abbiamo dovuto insegnare al computer come fare quei 390 casi “a mano”, una cosa impossibile per un essere umano.

Q: Un ultimo commento e ti lascio libero. Intanto voglio ringraziarti. Sai che c’è un metodo, il metodo degli elementi finiti, usato per risolvere per le equazioni differenziali alle derivate parziali e, recentemente, Doug Arnold….

A: Sì, Douglas Arnold.

Q: … ha preparato una tavola degli elementi finiti, come una tavola periodica degli elementi..

A: Sì, uno schema, uno schema di metodi.

Q: Possiamo dire che anche voi avete creato una tavola… hai fatto il paragone tra la chimica e i gruppi semplici finiti… una tavola periodica.

A: In effetti, posso mostrarti una figura! Durante le conferenze, fornisco degli schemi di come sono collegate le cose, e sopra ciascuno dei nodi sono scritte cose del tipo “I fisici sperano che esista una teoria i gravità quantistica tridimensionale…” Vuoi vederla?

Q: Sì, certo.

A: Sì, ehm., la figura… [la cerca]… oh, dove sta… Cioè, non è bellissima, ma esiste… dammi un istante… [continua a cercarla] Beh, è di una conferenza che ha avuto grande successo. La figura è… [cerca e ricerca] eccola qua. E’ facilmente comprensibile, non è una cosa folle. Ciascuno di questi gruppi è enorme, ma c’è una teoria per tutti loro. Proprio così.

Q: Grazie. Grazie davvero!


Commento di Alessandro D’Andrea, professore presso la Sapienza Università di Roma.

Partiamo dal concetto di simmetria, che ha sempre affascinato i matematici. In tempi moderni, la simmetria — e cioè l’invarianza di un’immagine, o di una struttura, rispetto a sue trasformazioni — è stata formalizzata nel concetto algebrico di gruppo. Faccio un esempio facile: un ottagono regolare rimane uguale a se stesso se lo ruotiamo attorno al suo centro di 45 gradi, o degli angoli multipli di 45 gradi; le otto rotazioni che trasformano l’ottagono in se stesso formano un gruppo, detto “gruppo ciclico”.  Queste non sono le uniche trasformazioni che conservano l’ottagono: possiamo aggiungere anche le riflessioni rispetto a ciascuna delle otto rette che congiungono due vertici opposti o tagliano a metà due lati opposti. Le sedici trasformazioni (otto rotazioni e otto simmetrie) così ottenute formano il cosiddetto “gruppo diedrale”. Una delle principali differenze tra gruppo ciclico e gruppo diedrale risiede nella commutatività della struttura. Effettuando due rotazioni in ordine diverso, il risultato è comunque lo stesso, e il gruppo delle rotazioni è quindi commutativo; il gruppo diedrale non è invece commutativo, perché effettuando simmetrie e rotazioni in ordine diverso si possono ottenere risultati diversi. Uno degli obiettivi nello studio dei gruppi è quello di descrivere ogni gruppo con un numero finito di elementi.

Quando si studiano le proprietà moltiplicative dei numeri naturali, i numeri primi sono i blocchi fondamentali moltiplicando i quali si costruiscono tutti gli altri numeri; in modo analogo, ogni gruppo finito può essere costruito, attraverso un procedimento detto “estensione”, a partire da blocchi fondamentali detti “gruppi semplici”. Se ci si limita ai soli gruppi commutativi, gli unici gruppi semplici sono i gruppi ciclici con un numero primo di elementi, e la teoria si riduce, più o meno, alla fattorizzazione unica dei numeri naturali. Nel caso non commutativo, le cose sono invece più complicate.

I gruppi semplici sporadici

Il risultato centrale della teoria dei gruppi della seconda metà del secolo scorso è stato la classificazione dei gruppi semplici finiti: è frutto degli sforzi di decine di matematici e conseguenza di molte centinaia di articoli di ricerca. Fornisce una lista completa di tutti i possibili gruppi semplici finiti: oltre a varie famiglie di gruppi di simmetrie di strutture geometriche che sono, come quelle descritte sopra, di facile comprensione, esistono 26 gruppi che resistono ad una descrizione geometrica, i “gruppi semplici sporadici”. Potete fare conoscenza in maniera frivola di alcuni di questi gruppi, i “gruppi di Mathieu” $$M_{12}$$ e $$M_{24}$$, divertendovi con i giochi combinatori che trovate a questo link.

Sebbene possedere la lista completa dei gruppi semplici finiti sia un’informazione importantissima, rimane il problema di capire per quale motivo i gruppi semplici sporadici esistano, fornendone una descrizione come gruppi di simmetrie di naturali strutture — se non geometriche, di altro tipo — più nascoste.

La prima manifestazione di questo fenomeno è il cosiddetto “Monstrous moonshine”, che ebbe inizio da una casuale osservazione di John McKay sulla somiglianza di alcuni numeri appartenenti a mondi matematici completamente diversi.

Il mostro e la funzione ellittica modulare

Uno dei modi più efficienti per descrivere un gruppo è quello di rappresentarne gli elementi per mezzo di matrici, che sono facili da manipolare e moltiplicare. Le possibili maniere di usare le matrici per descrivere gli elementi di un gruppo sono dette “rappresentazioni” del gruppo, e i matematici possiedono tecniche molto comode e profonde per studiarle. In particolare, è possibile calcolare quanto grandi debbano essere queste matrici per poter descrivere fedelmente un dato gruppo.

Per il più grande tra i gruppi semplici sporadici — che è spiritosamente noto nella comunità matematica come “mostro” (di Fischer-Griess) — è noto da svariati decenni che le matrici devono essere enormi, e più precisamente almeno $$196883\times 196883$$. I successivi valori che permettono una rappresentazione matriciale sono ancora più grandi: 21296876, 842609326…

L’osservazione di McKay era che questi numeri sono sorprendentemente vicini ai coefficienti della funzione ellittica modulare

$$j(q)= 1/q + 744 + 196884 q + 21493760 q^2 + 864299970 q^3 + $$…

e in particolare, che questi coefficienti si esprimono per mezzo di semplici somme

$$196884 = 196883 + 1$$

$$21493760 = 21296876 + 196883 + 1$$

$$864299970 = 842609326 + 21296876 + 196883 + 196883 + 1 + 1$$

E’ facile credere che queste coincidenze, in assenza di apparenti giustificazioni, debbano essere casuali, e l’ipotesi di McKay, e poi di Conway e Norton (di cui è uscita una bella biografia), che potessero avere motivazioni profonde fu accolta come assurda. In effetti, l’inglese “to talk moonshine”  è gergale per “dire sciocchezze” (quando non peggio) e “moonshine conjecture”, o meglio “monstrous moonshine conjecture”, visto che si parla del mostro, fornisce un’idea dell’implausibilità dell’osservazione di McKay. Per capirne di più, dobbiamo prima comprendere cosa sia la funzione ellittica modulare.

Il semipiano di Poincaré e le curve ellittiche

Esiste un modello di geometria non euclidea detto semipiano o disco di Poincaré

"Hyperbolic tiling omnitruncated 3-7". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hyperbolic_tiling_omnitruncated_3-7.png#/media/File:Hyperbolic_tiling_omnitruncated_3-7.png

“Hyperbolic tiling omnitruncated 3-7”. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons –

che compare in molti disegni di Escher a causa della sua intrinseca simmetria. Compare spesso diviso in molte regioni che si ottengono l’una dall’altra attraverso trasformazioni che conservano la struttura geometrica. Il gran numero (infinito!) di tali trasformazioni permette e giustifica i disegni ripetitivi di Escher; il gruppo formato da queste simmetrie è noto in matematica come “gruppo modulare”.

Scegliamo una di tali regioni, e assegniamo ad ogni suo punto un valore; ricopiando questa assegnazione su ogni altra regione per mezzo delle simmetrie, si ottiene una funzione definita su tutto il semipiano di Poincaré— questo procedimento traduce l’idea alla base dei disegni di Escher.

Questa funzione può avere dei salti (o discontinuità) quando passiamo da una regione all’altra oppure, nei casi più fortunati, può incollarsi in maniera regolare. Quando si incolla in maniera molto regolare, siamo di fronte ad una “funzione modulare”, e $$j$$ è una di queste.

Il particolare interesse dei matematici per la funzione $$j$$ è dovuto a particolari oggetti geometrici, detti “curve ellittiche”, che possono essere messi in corrispondenza con i punti del semipiano di Poincaré; questa corrispondenza non è però biunivoca e punti diversi del semipiano possono corrispondere alla stessa curva ellittica.

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Curva ellittica e toro complesso

La funzione $$j$$ associa a punti che descrivono la stessa curva ellittica lo stesso valore, e a punti diversi valori diversi; i valori assunti da $$j$$ forniscono quindi una descrizione completa delle diverse curve ellittiche che si possono costruire.

La sorpresa del mondo matematico all’osservazione di McKay risiede nel fatto che le rappresentazioni del mostro — nozioni essenzialmente algebriche — sono quanto di più lontano dal mondo geometrico delle curve ellittiche e delle funzioni modulari; il mostro non fa nessuna comparsa nella teoria delle curve ellittiche.

Il settore della matematica che studia questa implausibile interazione è detto “moonshine”, e si è evoluto in una teoria sofisticata ed elegante, grazie soprattutto al lavoro di Borcherds.

Un nuovo paradigma

La filosofia generale del moonshine è che la rappresentazione più naturale del mostro debba essere di dimensione infinita, e coinvolga strutture più complesse di quelle geometriche. Questa rappresentazione naturale si ottiene incollando un’infinità di pezzi di dimensione finita (quelli che si descrivono tramite matrici) per ottenere un grande oggetto che possiede una struttura ulteriore che è più agevolmente descritta nel linguaggio delle teorie fisiche di campo: il mostro si realizza come gruppo di simmetrie di una particolare teoria conforme di campo (che in gergo matematico è detta “algebra di vertice”).

Quando si è in presenza di una struttura di algebra di vertice, la funzione di $$q$$ che ha per coefficienti le dimensioni dei vari pezzi di dimensione finita che sono stati usati — il cosiddetto “carattere graduato” — è una funzione modulare, e questo giustifica l’inattesa comparsa della funzione $$j$$.

E’ stato proposto qui che i fenomeni di moonshine non si limitino al mostro, ma siano condivisi da altri gruppi, e in particolare da molti dei gruppi semplici sporadici. Una forma di queste proposte, maturata nuovamente in ambito fisico, è il cosiddetto “Mathieu moonshine” che lega in modo specifico alcune funzioni con proprietà modulari alle superfici K3, parenti strette delle curve ellittiche e intimamente coinvolte nella geometria dell’universo descritta dalle teorie di stringa. In questo caso, il gruppo sporadico coinvolto non è il mostro, ma il gruppo di Mathieu $$M_{24}$$.

Nel 2012 è stata congetturata un’ampia generalizzazione del “Mathieu moonshine”, detta “umbral moonshine”, che coinvolge altri gruppi, tra i quali l’altro gruppo di Mathieu $$M_{12}$$.

Il recente articolo di Duncan, Griffin e Ono, senza toccare gli aspetti e le motivazioni fisiche del problema, fornisce una dimostrazione di questa congettura.

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths!, Archimede e Comics&Science.

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