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L’uscita dei risultati della rilevazione internazionale TIMSS 2019 fornisce lo spunto anche per discutere, più in generale, di come questi risultati possono essere letti. Il punto di vista di Pietro Di Martino.

Rispetto alle prime edizioni della rilevazione TIMSS2019, l’informazione è molto più diffusa, i dati sono più accessibili al grande pubblico, e spesso i quotidiani nazionali dedicano uno spazio agli esiti (vedi ad esempio Repubblica e Corriere). Per questa edizione, i risultati non solo sono stati presentati in una giornata organizzata da INVALSI, ma molti materiali e dati sono disponibili in italiano sul sito invalsi open e, comunque, i dati completi sono a disposizione sul sito ufficiale della rilevazione TIMSS 2019. I risultati assoluti relativamente alla matematica appaiono incoraggianti per gli studenti italiani oggetto della rilevazione: gli allievi di quarta primaria ottengono un punteggio superiore di 15 punti rispetto alla media internazionale e quelli di terza secondaria di primo grado di pochissimo sotto (2 punti) la media internazionale.

Sicuramente aver ottenuto questi risultati è motivo di soddisfazione, ma cosa e quanto ci dicono della qualità dell’educazione matematica?

Correndo il rischio di essere tautologici, ci dicono che i nostri ragazzi di quarta primaria ottengono risultati migliori della media internazionale in questa rilevazione e che sono migliorati nel confronto con questo tipo di prove. È dunque un risultato fine a se stesso? Io credo di no, penso che sia un indicatore positivo e per questo sia giusto esserne soddisfatti. Allo stesso tempo penso sia solo un indicatore di uno dei tanti aspetti correlati alla competenza matematica e non “la misura della competenza matematica”, né tantomeno della qualità complessiva dell’educazione matematica (ad esempio non sarei d’accordo con il catastrophique detto da Cedric Villani a proposito degli scarsi risultati degli studenti francesi in questa rilevazione).

Penso inoltre che sarebbe importante – anche per questo indicatore parziale – avere forze e strumenti qualitativi per interpretarne in maniera più puntuale e profonda la significatività, per avere elementi per riconoscerne le possibili cause (in termini di azioni di sistema messe in atto a livello educativo) e anche per acquisire consapevolezza maggiore sui confini informativi dei risultati stessi. Avere contezza di questi confini è fondamentale per non sopravvalutare (nel bene e nel male) il valore dei risultati, non facendo un favore nemmeno alle rilevazioni stesse.

Detto questo, un altro aspetto a mio avviso importante è andare oltre il punteggio assoluto e analizzare i dati (seppur sempre quantitativi) disaggregati. Questa analisi permette di evidenziare diversi aspetti potenzialmente interessanti. Di seguito ne riassumo brevemente quattro:

  1. I risultati nei domini di contenuto. Questa, tra tutte le classificazioni del TIMSS, è quella più immediata e facile perché basata sul contenuto dei quesiti. Ebbene se uno analizza i bei risultati degli studenti di quarta primaria, trova che al di là del punteggio assoluto, i nostri studenti hanno avuto valori significativamente superiori alla media nell’ambito Numeri (che è quello che raccoglie il maggior numero di quesiti nella prova) e un risultato significativamente più basso della media nell’ambito Rappresentazioni di dati. Questo dato ad esempio sembra collocarsi abbastanza bene in una tradizione di insegnamento che vede a livello di scuola primaria un po’ più sacrificato l’ambito Relazioni, Dati e Previsioni rispetto all’ambito Numeri. Stessa interpretazione sembra poter essere avanzata per i risultati degli allievi di terza media: risultati sopra la media nell’ambito Geometria e sotto la media nell’ambito Algebra.
  2. I risultati nei domini cognitivi. Qui si entra su aspetti di classificazione più delicati rispetto a quelli di contenuto, perché legati alla previsione su quali processi siano attivati per rispondere ad un determinato quesito. Emerge che gli studenti di quarta primaria hanno punteggi elevati rispetto alla media nell’Applicazione, mentre significativamente più bassi nel dominio di Ragionamento. Questo, volendo, potrebbe raffreddare gli entusiasmi per il risultato assoluto positivo dei nostri studenti di quarta. D’altra parte, come detto, questa classificazione è molto delicata e la lettura dei risultati degli allievi di terza media può essere un elemento che alimenta questi dubbi (o, letto da un altro punto di vista, che valorizza il risultato assoluto ottenuto) visto che il dominio di Ragionamento risulta in questo caso il punto di forza.
  3. Le differenze tra sotto-campioni. Questo è un aspetto spesso riportato nei commenti anche dei quotidiani. Si parla di differenze tra studenti di diverse zone d’Italia (5 in totale) e differenze tra generi: differenze che storicamente si presentano in queste rilevazioni (a questo proposito segnalo il recente progetto Math gender gap dell’Università di Torino, nato proprio a partire dal dato dell’alto livello di differenza di punteggi tra maschi e femmine nelle rilevazioni PISA). Al di là del dato numerico in sé – in TIMSS 2019 le differenze territoriali e il gender gap nei punteggi è confermato, ma in diminuizione in Italia rispetto alle precedenti rilevazioni TIMSS – proprio la comparazione tra sotto-campioni, che può dare informazioni di sicuro interesse, va considerata e interpretata con estrema cautela (in questi casi sì che servirebbe un’analisi qualitativa di ciò che sta dietro a determinati risultati). Ad esempio, per quanto riguarda le differenze di genere, se i dati dei punteggi in queste prove segnalano valori più alti per i maschi, altri tipi di valutazione (ad esempio quella scolastica) sono convinto vedrebbero ribaltata la situazione: allora quale indicatore è più affidabile per valutare la maggior o minor competenza matematica? Forse nessuno dei due riportati, ma allo stesso tempo forse entrambi ci dicono qualcosa. Ad esempio, quello sulle prove standardizzate potrebbe essere legato al ruolo che gioca l’ansia in prove a tempo oppure ad una maggior consuetudine in prove dove non c’è da spiegare molto.
  4. La disaffezione verso la matematica. Qui a mio avviso troviamo il dato più preoccupante della rilevazione TIMSS 2019 per l’Italia: il grado di disaffezione verso la matematica raddoppia percentualmente dalla quarta primaria (20%) alla terza secondaria di primo grado (40%). È un dato spesso sottovalutato perché basato sul self-report degli studenti e invece, per me, particolarmente rilevante proprio per questo. È un dato preoccupante perché ci conferma quanta strada ci sia ancora da fare per realizzare un traguardo per competenza delle Indicazioni Nazionali alla fine della terza media particolarmente significativo: “Ha rafforzato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica”.

Per concludere, qualche considerazione più generale. Un fenomeno interessante all’uscita dei risultati delle rilevazioni internazionali è quella che chiamo la sindrome da classifica: non interessa tanto quanto siano bravi i nostri studenti, ma l’aspetto comparativo, cioè se siamo sopra a determinati Paesi e sotto ad altri.

Questo d’altra parte è naturale nell’ambito di una rilevazione internazionale che intende misurare e comparare la qualità dei sistemi educativi, ma non dovrebbe invece essere – sempre opinione personale – ciò che viene rilevato maggiormente in sede nazionale. Il confronto, a livello di sistema, potrebbe aver senso se ci fosse la convinzione che questo permetta di identificare dei modelli educativi dai quali poter imparare qualcosa. Assunto non scontato e da discutere attentamente, ma nel caso, facendolo nostro, dovremmo poi studiare davvero i modelli educativi dei Paesi che ottengono i migliori risultati, analizzarne pro e contro al di là dei risultati delle prove e, infine, discutere anche se e cosa di certi sistemi educativi può essere rimodulato nel nostro contesto. Si tratta ancora una volta di raccogliere e discutere aspetti qualitativi: che è faticoso, ma è l’unico modo per provare a capire fenomeni complessi.

L’altra faccia della medaglia della sindrome da classifica è lo “sdoganamento” dell’aspetto competitivo della formazione dal macro-livello – rilevazione internazionale, che per sua natura è competitiva – al micro-livello, l’ambiente classe che, a mio avviso, dovrebbe far di tutto per NON coltivare la cultura della competizione nella scuola e per sviluppare un’idea di educazione matematica (e non solo) per la quale non è richiesto di dover dimostrare di essere più bravi di qualcun altro.

Pietro Di Martino

Ascolta l’intervento di Pietro Di Martino nella puntata di Fahrenheit su RAI Radio3 del 9 dicembre scorso.

 

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